La primavera di Odessa nasce sotto altre bombe

Nelle ore in cui Donald Trump assicura di essere a un passo dall’intesa per il cessate il fuoco, la Russia intensifica gli attacchi sull’Ucraina. E lo fa con un messaggio all’Europa: 25 droni killer sparati contemporaneamente contro Odessa mentre il presidente della Repubblica Ceca, membro UE e NATO, lasciava la città portuale. Petr Pavel era arrivato da Praga per rinnovare il sostegno all’Ucraina: un milione di proiettili di artiglieria e nuove forniture di Neptune, il temibile missile antinave. A differenza dell’Ungheria e della Slovacchia, la leadership ceca non ha mai negato il sostegno a Kiev e l’ostilità per Vladimir Putin. Tra i Paesi dell’ex cortina di ferro, la Repubblica Ceca resta tra le più diffidenti nei rapporti con Mosca e non di rado lo stesso Pavel ha associato la guerra di aggressione contro Kiev all’epoca in cui Mosca con i suoi carri armati soffocava nel sangue la dissidenza di Praga. Cronaca e memoria nel conflitto in Ucraina convivono, spesso nella disattenzione di chi sperava che i figli dell’URSS avessero smesso di coltivare aspirazioni di rivalsa. Anche di questo dovranno tenere conto i negoziatori.
«Persona che crea problemi»
Le delegazioni ucraina e russa non interagiranno direttamente durante i colloqui del 24 marzo in Arabia Saudita, ha affermato il portavoce del Ministero degli Esteri Heorhii Tykhyi durante una conferenza stampa a Kiev. Parole giunte mentre l’inviato speciale americano Keith Kellogg annunciava che gli Stati Uniti intendono tenere colloqui indiretti tra Mosca e Kiev in Arabia Saudita, con rappresentanti russi e ucraini presenti in stanze separate. L’Ucraina non sa ancora quale formato adotteranno gli Stati Uniti per negoziare con la Russia. Secondo Tykhyi, l’Ucraina si sta preparando per un round di negoziati tecnici, ma non politici, con gli Stati Uniti. «Dobbiamo capire come funzionerà un cessate il fuoco, chi lo controllerà, come verrà monitorato», ha aggiunto. Della delegazione tecnica russa faranno parte anche il presidente della Commissione per gli affari internazionali del Consiglio della Federazione (il Senato russo) Grigory Karasin e il consigliere del direttore del servizio segreto federale (Fsb) Sergeij Beseda. Entrambi dal 2014 sono sotto sanzioni di USA, Regno Unito e UE. Se Karasin è un diplomatico di carriera con un passato da ambasciatore a Londra e viceministro degli Esteri, meno rassicurante è il profilo del generale Beseda. L’Fsb ha ammesso che nel 2014 si trovava a Kiev durante l’«Euromaidan», la sanguinosa repressione della rivoluzione pro-UE. Nel marzo 2022, pochi giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, i media riportavano che Beseda era a capo di uno dei dipartimenti incaricati di raccogliere informazioni preliminari all’attacco russo, talmente andato male che Beseda sarebbe poi stato arrestato. Mosca non ha mai smentito né confermato l’arresto dell’alto ufficiale che adesso avrà una nuova chance. Oppure, sostengono i suoi detrattori, l’ultima occasione per riacquistare credibilità agli occhi di Putin. Nell’ottobre 2023, il capo dell’intelligence ucraina Kirill Budanov, a chi gli chiedeva quale fosse il funzionario russo che più temeva, rispose indicando proprio Serghei Beseda come «una persona che crea molti problemi».
Il nodo dei prigionieri
Se il numero dei morti è uno dei segreti che da entrambi i lati si cerca di custodire, al contrario almeno a Kiev si dichiara che i prigionieri fino ad ora liberati in forza degli accordi è di 4.306. Molti di più ne restano in cattività (il numero esatto non è noto), ma gli scambi di militari caduti nelle mani del nemico denotano l’esistenza di una linea di comunicazione tra le parti. Che Zelensky sia più disponibile al negoziato di quanto non lo fosse poche settimane fa, lo conferma una delle condizioni poste oggi: «Quando discutiamo di come porre fine alla guerra con gli americani e gli altri partner, parliamo del rilascio dei prigionieri come uno dei primi passi. Crediamo che questo debba assolutamente avvenire». In altre parole, nessuna concessione territoriale potrà mai essere digerita dalla popolazione ucraina se almeno non torneranno a casa, e rapidamente, tutti i soldati catturati.
Le zone più calde
Gli allarmi aerei continuano a togliere il sonno a un intero Paese. Su Odessa le forze russe hanno sperimentato nelle ultime ore nuove tecniche di attacco. I droni vengono guidati fino a raggiungere migliaia di metri di altitudine, poi precipitano in picchiata ad altissima velocità ma con minore precisione poiché il controllo a distanza diventa difficoltoso. Accade quando non si ha in mente di colpire un obiettivo preciso, sfuggendo alla contraerea e moltiplicando i danni dall’impatto al suolo. Il Sud del Paese, da Odessa a Kherson, resta una zona calda e di crescente tensione. Mosca deve mettere in sicurezza la fascia a Nord della Crimea, che affaccia proprio sulla città di Kherson, liberata dagli ucraini nel novembre del 2022 e mai più ripresa dai moscoviti. Nelle ultime ore i battaglioni russi stanno però spostando uomini e mezzi a ridosso del fiume Dnipro, da dove potrebbero tentare una serie di assalti. Kiev punta anche sui «partigiani» nei territori occupati. Giovedì un’auto con a bordo due ufficiali russi è esplosa nella città di Skadovsk, nell’oblast di Kherson. Lo hanno confermato fonti dell’intelligence militare ucraina (Hur). Skadovsk, che prima della guerra aveva 17 mila abitanti, si trova sulla costa del Mar Nero e dal marzo 2022 è sotto il controllo russo. Secondo gli 007 di Kiev l’esplosione è avvenuta alle 20.40. Alcune foto mostrano una Nissan ridotta in un mucchio di lamiere fumanti. Non è la prima volta che funzionari delle forze di occupazione subiscono attentati. La riprova di come dietro le linee russe siano stati infiltrati gruppi di sabotatori che tengono sulle spine le autorità di occupazione. E che nessun possibile accordo sui territori occupati potrà mai lasciare gli emissari di Putin al sicuro.