«La realtà è surrealista, tutto può sempre succedere»
Scrittore, drammaturgo, regista, attore, musicista, filosofo: Jodorowsky è un artista eclettico, che nella sua lunga vita (a febbraio ha compiuto 94 anni) ha attraversato correnti e mode spesso da protagonista. Sempre all’avanguardia, tra surrealismo, psicanalisi e misticismo, è anche il creatore della Psicomagia, metodo di cura personale basato sul surrealismo, tra pochi giorni sarà ospite degli Eventi Letterari Monte Verità.
Maestro, il 2 aprile lei sarà al Monte Verità di Ascona e sarà l’occasione per discutere con il pubblico in un luogo particolarmente significativo dal punto di vista filosofico ed esoterico: come si rapporta il pensiero psicomagico agli eventi mondiali di oggi? Può avere un ruolo nell’alleviare le sofferenze di un mondo in crisi, tra guerre, cambiamenti climatici e disuguaglianze sociali?
«Abbiamo completamente perduto l’esperienza del mondo. Eppure, cos’è la cosa più importante? La vita, il vivere. Vede, nella mia esperienza, ci sono cinque fattori che costituiscono il nostro vivere reale. La nostra vita esperienziale, non quella delle nostre convinzioni, poiché queste non rappresentano la realtà - noi viviamo in un mondo “intellettuale”, che non rappresenta il reale. È una “mappa” per trovare la verità, una guida per il nostro cammino. Un lavoro fondamentale per trovare i collegamenti tra le cose, che altrimenti restano separate da frontiere, credenze, antefatti: con l’intelletto separiamo le cose, le distinguiamo, mentre il mondo reale è un mondo di unione, non è composto da nazioni, da Paesi. Queste sono illusioni. Noi, con l’intelletto, creiamo le separazioni, moltiplichiamo gli Dei. Occorre smettere di separare la coscienza dall’inconscio: ecco il primo fattore che determina il nostro vivere. Il secondo è l’emozionale, ciò che si lega al cuore. Se l’obiettivo dell’intelletto è quello di essere libero dalle cose inutili, quello dell’emozionale è la scoperta dell’amore, del suo mistero e del desiderio. Il terzo fattore, dopo la testa e il cuore, è il sesso, non inteso come piacere fisico, ma come metafora della creatività. Noi non creiamo nulla, è l’universo che genera, noi siamo i suoi “emissari”; quando viviamo una sensazione, non siamo noi a crearla, essa c’è, esiste anche senza di noi. Quindi la componente sessuale consiste nel prendere coscienza della “non-creazione”. La quarta dimensione del vivere è quella che riguarda il corpo nella sua interezza, quella dei “bisogni assoluti”, istintivi: mangiare, bere, respirare. Se non li soddisfiamo, la nostra vita si interrompe. Cosa resta, a questo punto? L’inconscio, nel quale ci sono pensieri, emozioni, desideri, urgenze. È come il pollice, che nella mano consente di utilizzare e concertare le altre dita. Ecco, quando tutti questi cinque aspetti della vita lavorano insieme correttamente, c’è l’essere umano. Cerchiamo di superare i compromessi che dobbiamo continuamente trovare tra questi cinque fattori. E questo non ha nulla a che vedere con la realtà, quella dei problemi elencati nella domanda: noi non distruggiamo il pianeta, perché il pianeta, come noi, è cosciente ed è lui che distrugge noi, è lui il più forte».
L’anno prossimo ricorre il centenario della nascita del Surrealismo - il manifesto risale al 1924: cosa significa «surrealismo» nel mondo di oggi?
«Il Surrealismo è un’altra suddivisione: è la realtà stessa che è surrealista. Non è logica, tutto può sempre succedere. Tutte le volte che c’è un’unione di elementi scollegati, senza un senso critico o una spiegazione, ecco che quello è un quadro surrealista. Quindi: c’è ancora uno spazio per il surrealismo, nel momento in cui ci si rende conto che c’è una “realtà surrealista” e una “realtà scientifica”, non surrealista. Parlare di surrealismo in termini di attualità o meno non è corretto; va considerata una separazione tra surrealismo “in generale” - quello della realtà - e artistico».
Sta lavorando a nuovi progetti in questo momento? Quale ambito espressivo, se ce n’è uno, ama o ha amato di più?
«Sì, sono sempre impegnato in qualcosa; penso che sia possibile fare di tutto, se riusciamo a perseguirlo, come Leonardo da Vinci: un esempio meraviglioso di molteplicità in un essere umano. Pittore, scienziato, inventore, poeta. O Cocteau, un altro esempio: scrittore, cineasta, musicista. Ecco, io, alla stessa stregua, ho deciso di dedicare la mia vita a tutto. E l’ho fatto: musica, teatro, cinema, fumetto. Amo, di volta in volta, ciò in cui sono impegnato. In questo momento sto lavorando ad un’opera a fumetti in quattro volumi che sta per essere disegnata. Sto anche lavorando a Psicotrance en acción (seguito del libro De la Psicomagia al Psicotrance. Correspondencia psicomágica: la vía de la imaginación già pubblicato), nel quale parlo di un modo di vivere in cui si segue il cammino terapeutico dell’immaginazione. Inoltre, sto anche lavorando ad un film che si intitola Voyage essentiel che concluderà il mio trittico autobiografico aperto con i film La danza della realtà e Poesia senza fine, raccontando della mia maturità. Attualmente ci stiamo preparando per le riprese, che dovrebbero cominciare tra quattro mesi circa».
A proposito di fumetti, lei ha collaborato con grandissimi nomi della «nona arte», a partire da Moebius/Jean Giraud, con risultati di eccezionale rilievo; opere che esprimono sempre tematiche che vanno oltre la narrativa, con elementi filosofici, esoterici e spirituali. Il fumetto sembra quindi essere un medium particolarmente adatto ad esprimere Alejandro Jodorowsky…
«Il “problema” con il fumetto è che, come il cinema di Hollywood, è un mezzo che richiede importanti investimenti per poter essere realizzato e questo significa anche che deve “rendere” economicamente. D’altra parte, dal punto di vista artistico, il mio obiettivo è sempre quello di produrre un’opera che possa migliorare la nostra qualità di vita. Quindi occorre essere furbi e smaliziati nell’utilizzarlo, per realizzare qualcosa che possa essere un “affare” economicamente parlando e poi fargli “scivolare dentro” degli elementi che non lo siano per niente. Elementi che possano essere una “terapia” per chi legge, come un’illuminazione metafisica, per esempio. Un esempio di questo l’ho realizzato con la serie de L’Incal (disegnato da Moebius/Jean Giraud), sul quale stiamo, tra l’altro, preparando un film».
Che rapporto ha con le sue opere del passato? Le riguarda, le riconsidera o tende a guardare avanti e lasciare che il passato resti dov’è?
«Non credo al tempo, non credo al passato, né al futuro. C’è solo il presente, in continuo cambiamento. Se si creano delle opere preoccupandosi solo del loro valore artistico, non con l’intento di guadagnarci, opere che esprimono qualcosa di profondo, ecco che queste non invecchiano. Torno all’esempio del L’Incal: il fumetto è stato realizzato 50 anni fa ormai, ma il film lo faremo oggi, perché è rimasto attuale. Ma per ottenere questo occorre essere multipli, fare delle esperienze e innestare nelle opere che si creano delle qualità “terapeutiche”; qualcosa che le opere stesse possano “dare” a chi le fruisce, migliorando la loro vita. È una specie di missione, che ha un capo: l’inconscio, che è multiplo e appartiene all’intera umanità».