«La riforma economica voluta da papa Francesco si concluderà tra 5 o 10 anni»

Il Corriere del Ticino ha incontrato ieri a Lugano monsignor Giordano Piccinotti, arcivescovo ticinese presidente dell’APSA, l’organismo che gestisce il patrimonio della Santa Sede
Il suo predecessore, monsignor Nunzio Galantino, lasciando l’incarico che oggi lei ricopre ha detto: «Sull'Apsa si riversano da sempre, e da tante parti, molte attese. Talvolta anche esagerate». Che cosa intendeva dire?
«Le attese sono tante perché l’APSA gestisce il patrimonio della Santa Sede e ha il compito di recuperare le risorse che permettano al Papa di svolgere la sua missione. Il bilancio della Santa Sede, negli ultimi anni, è sempre stato in deficit, quindi l’APSA deve lavorare per garantire quelle risorse in più che vadano a coprire le mancanze dei dicasteri della Curia, dicasteri che non hanno ricavi diretti».
Il suo è un ufficio molto complesso e delicato. Si aspettava di ricevere questo incarico?
«No, a gennaio di due anni fa sono stato nominato sottosegretario dell’APSA e, all’inizio, con il Santo Padre, l’accordo era per un periodo limitato. Poi c’è stato il cambio del presidente, e il 2 ottobre, sempre del 2023, Francesco ha ritenuto opportuno chiedere a me questo impegno abbastanza gravoso».
Nel motu proprio “I beni temporali” Francesco dice: «I beni temporali che la Chiesa possiede sono destinati a conseguire i suoi fini e cioè il culto divino, l’onesto sostentamento del clero, l’apostolato e le opere di carità, specialmente a servizio dei poveri». Allora le chiedo: come si concilia l’amministrazione finanziaria di beni mobili e immobili con la Chiesa dei poveri di Francesco? Non c’è contraddizione?
«È difficile da far capire, ma non c’è alcuna contraddizione. Una cosa sono i beni posseduti dalla Santa Sede, beni che hanno una finalità propria, ovvero sostenere l’attività del Santo Padre. Sulla destinazione dei proventi di questi beni, non c’è alcun dubbio. Un’altra questione sono i beni della Chiesa universale, che passano attraverso le diocesi e le conferenze episcopali, e la cui giusta parte da destinare ai poveri viene effettivamente erogata attraverso le Caritas e gli uffici diocesani di aiuto. Bisogna stare attenti a non mischiare le cose: non è tutto Chiesa, tutto Vaticano, tutto Santa Sede. Ciascuna realtà ha un ruolo, un compito, una destinazione per i propri beni».
Anche se, con un altro motu proprio del 28 dicembre 2020, il Papa ha concentrato tutto nelle mani dell’APSA, togliendo addirittura autonomia finanziaria alla Segreteria di Stato. Questo perché, dopo gli scandali degli anni precedenti, Francesco ha voluto razionalizzare la gestione finanziaria del Vaticano.
«Sì, è vero, anche se, pure in questo caso, bisogna essere precisi e riferirsi unicamente alla gestione delle attività patrimoniali e finanziarie della Santa Sede. Lo Stato della Città del Vaticano ha una gestione propria dei beni e una destinazione propria dei ricavi, ad esempio dei Musei Vaticani, della Farmacia, della Posta. Ciò che amministra l’APSA è altro, ovvero la parte del patrimonio rinveniente dall’accordo dei Patti lateranensi dell’11 febbraio 1929. In quel momento, lo Stato italiano diede alla Santa Sede 2 miliardi di lire: quel patrimonio, diventato immobiliare e finanziario, è gestito oggi dall’APSA e ha come destinazione il sostegno all’attività del Santo Padre e della Chiesa».
Lei è uno dei collaboratori diretti del Papa che vede ogni settimana, e forse anche per questo si muove in maniera molto discreta, svolge il suo incarico lontano dai riflettori. È necessaria tutta questa discrezione, anche alla luce di quanto accaduto negli anni scorsi?
«Il Papa, fin dall’inizio, mi ha chiesto di tenere un profilo basso, e forse anche per questo ha scelto uno svizzero per un incarico del genere. Mi piace lavorare, e mi piace molto il mio lavoro. Inoltre, mi piace lavorare con il Santo Padre, del quale condivido interamente l’opera di riorganizzazione di tutti gli enti economici. La Santa Sede ha in atto una riforma economica molto importante che si concluderà, probabilmente, nei prossimi 5 o 10 anni. E il Papa ha chiesto due cose: basso profilo e trasparenza».
Anche per questo è difficile trovare una sua intervista?
«Questa con lei sarà forse la terza intervista che rilascio nella mia vita, e questo anche per rispettare il basso profilo chi mi ha chiesto il Santo Padre. Per quanto riguarda invece la trasparenza, dall’anno scorso il bilancio dell’APSA è pubblicato e inviato a tutti i media in forma completa. Tutto quello che c’è da dire viene detto, senza nulla omettere. Sono note le proprietà a Losanna e Ginevra, le proprietà a Parigi, Londra. Non ci sono segreti: il nostro è un patrimonio trasparente. E, in trasparenza, si indica pure la finalità del nostro lavoro: il sostegno all’attività del Santo Padre e di tutti i dicasteri della Santa Sede. Sto parlando di uno sforzo economico non indifferente. Bisogna pensare che ci sono migliaia di dipendenti i quali devono ricevere un stipendio e c’è da garantire il fondo pensioni. Si tratta di realtà molto grandi, non è questione di stucchi veneziani. Gestiamo le attività della Curia romana e siamo a servizio del Santo Padre».
Parlando ai ragazzi dell’Elvetico, nell’omelia della messa celebrata nella ricorrenza di San Giovanni Bosco, ha ripetuto più volte si sentirsi a casa qui a Lugano. Che cos’è Lugano per lei? E che cos’è il Ticino per un salesiano che ha girato il mondo?
«È vero, ho girato il mondo ma sto in Ticino, in un modo o nell’altro, sin dal 1997. Sono diventato cittadino ticinese e sono attinente di Lugano e quindi, per me, questa città è la mia casa. Qui ho i miei amici e qui ci sono le persone che mi vogliono bene: tanti parroci, don Mino (il vescovo emerito Pier Giacomo Grampa, ndr), il vescovo Alain de Raemy. Qui mi sento a casa».
L’ultima cosa che le chiedo: Il 22 gennaio scorso, parlando con i giornalisti a proposito delle donne nella Chiesa, Francesco ha citato la sua sottosegretaria, Silvana Piro, «una suora che ha due lauree in economia». Pensa che il suo successore potrà essere una donna?
«Me lo auguro con tutto il cuore. Suor Silvana è uno dei miei due più importanti collaboratori, una donna molto intelligente con la quale lavoro benissimo. Quando l’ho proposta come sottosegretaria, il Papa ha accettato subito la mia richiesta. Suor Silvana, oltre a essere una donna consacrata, ha una laurea in Economia e un master in Business Administration. Competenze che, unite alle qualità umane, rinsaldano il rapporto di collaborazione e di condivisione dei tanti problemi quotidiani della Santa Sede».
***
L'omelia all'Istituto Elvetico
Cinquant’anni da compiere il prossimo 23 febbraio, originario di Manerbio (Brescia), monsignor Giordano Piccinotti è il presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (APSA) dal 2 ottobre 2023. Un anno fa, il 31 gennaio 2024, nella ricorrenza di San Giovanni Bosco, il papa lo ha elevato alla dignità episcopale nominandolo arcivescovo titolare di Gradisca. Non una data qualunque, visto che monsignor Piccinotti è un sacerdote salesiano.
Ieri mattina, nella palestra dell’Elvetico a Lugano, Piccinotti ha presieduto la messa in ricordo di don Bosco assieme all’amministratore apostolico Alain de Raemy e al vescovo emerito Pier Giacomo Grampa. Alle centinaia di ragazzi che gli stavano di fronte, nell’omelia, ha tratteggiato la personalità del fondatore dei salesiani, la cui vita, ha detto, è tuttora un «modello al quale è doveroso ispirarsi».
Curiosità, costanza e capacità di adattamento sono le qualità che Piccinotti ha indicato ai ragazzi come decisive. «Don Bosco era curioso, voleva imparare dagli altri e per questo faceva ogni cosa, dal calzolaio al panettiere. Tutto può servire, nella vita: anche ciò che urta. Per questo vi dico di diffidare di chi vuole imboccarvi con il cucchiaino. Chi non impara a guadagnarsi la vita scoprirà che, quella stessa vita, la vivono gli altri. Oggi la curiosità è scrollare di continuo su Tik Tok o Instagram, ma non sono questi i luoghi della crescita autentica».
Proseguendo nel richiamo a don Bosco, monsignor Piccinotti ha ricordato uno dei celebri insegnamenti del santo piemontese: essere «buoni cristiani e onesti cittadini», non disinteressarsi di ciò che ci accade ma esserne sempre pienamente consapevoli. E poi, mantenere vivi e intatti i propri sogni: «Avere un progetto induce ad andare avanti, magari con un sorriso. Ogni settimana - ha aggiunto - vedo il Papa e ogni volta Francesco mi ripete sempre: un giovane triste è un giovane quasi perduto».