La «Silicon Valley» di montagna che non ti aspetti

SAINTE-CROIX - Dicono che il panorama da quassù sia magnifico, ma aprile ci ha tirato un brutto scherzetto. Poco dopo il nostro arrivo, la nebbia cala il sipario sul «balcone del Giura» e la neve inizia a imbiancare i colli e la foresta che circondano Sainte-Croix. Adagiata a più di mille metri d’altitudine su un altopiano confinante con la Francia, a una dozzina di chilometri in linea d’aria da Yverdon e dal lago di Neuchâtel, la cittadina vodese non ci accoglie certamente nella migliore delle sue vesti, ma la giornata è lunga: la sua storia e i suoi personaggi, che da sempre l’hanno resa un concentrato di creatività, avranno tempo per ammaliarci.
La «Silicon Valley della meccanica di precisione»
A differenza di altre località dell’arco giurassiano che hanno fatto la loro fortuna grazie all’industria orologiera, Sainte-Croix si è fatta un nome già nel diciannovesimo secolo grazie alla produzione dei carillon. Inventati a Ginevra, nella località del nord vodese hanno trovato terreno fertile per la loro industrializzazione. Per innovarsi di fronte ai cambiamenti del mercato, le fabbriche situate nel comune di frontiera sono presto diventate teatro anche di alcune invenzioni rivelatesi fiori all’occhiello dell’industria romanda. A Sainte-Croix sono stati concepiti i giradischi Thorens, le macchine da scrivere Hermes, le fotocamere Bolex o pure il rivoluzionario attacco da sci Kandahar. Floridi decenni di boom economico hanno probabilmente portato a sottovalutare l’importanza del passaggio dalla meccanica all’elettronica e così, a partire dagli anni ’70, la regione ha subito un declino industriale. Diverse grandi aziende sono scomparse, produttori di carillon (o di arpe, come Salvi), hanno chiuso le loro fabbriche, facendo sprofondare la città anche dal punto di vista demografico: dai 7mila abitanti degli anni ’60, si è scesi fino a poco più di 4mila a fine secolo. Le cicatrici lasciate dai fasti passati sono ancora ben visibili nel centro cittadino, con numerose enormi strutture a testimoniare un passato industriale ormai remoto.

Tuttavia, dagli anni ‘80, la città è lentamente uscita dal torpore seguito allo shock della crisi grazie ad alcune aziende interessate a sfruttare il sapere della regione. «Abbiamo un savoir-faire antico, ancora utile per le nuove tecnologie», ci racconta Denis Flageollet, orologiaio e co-fondatore nel 2002 del marchio d’alta gamma De Bethune. Se c’è una cosa che non manca a Sainte-Croix è infatti un patrimonio immateriale di conoscenze meccaniche, abbastanza unico al mondo. Nel raggio di pochi chilometri si trovano artigiani di molteplici forme della meccanica d’arte: dagli orologi ai carillon, passando per gli uccelli canterini e gli automi.
«Lo spirito di Sainte-Croix»
Con questo slogan, gli artigiani, i rappresentanti di scuole e musei e le associazioni della città si sono associati ai loro omologhi di altre località dell’arco giurassiano, anche d’oltrefrontiera, per provare a dare una nuova dimensione internazionale e culturale a questo patrimonio immateriale. Nel mese di marzo è stata ufficialmente presentata una candidatura all’UNESCO, per riconoscere il «sapere in meccanica orologiera e meccanica d’arte» quale bene dell’umanità. L’eventuale riconoscimento permetterebbe di dare nuova linfa e visibilità ad alcune professioni uniche. A Sainte-Croix d’altronde sono già stati mossi diversi passi per cercare di tutelare la perennità di queste forme d’artigianato. Una collaborazione tra il locale Centro internazionale della meccanica d’arte, sede di un museo, e il Centro professionale vodese ha per esempio permesso nel 2018 di assegnare i primi diplomi della formazione in meccanica d’arte, durante la quale si possono apprendere i segreti dei singoli mestieri direttamente dai migliori maestri di Sainte-Croix. Siamo in montagna, ma l’effervescenza industriale della cittadina vodese farebbe piuttosto pensare a una grande città dell’altopiano.


Negli ultimi anni la municipalità ha scommesso sulla creazione di un polo tecnologico in grado di attrarre delle aziende innovative. In una moderna costruzione fornita di stampanti 3D e marchingegni d’ultima generazione, si trovano delle start-up, si formano polimeccanici e, sorpresa, incontriamo pure un entusiasta gruppetto di studenti internazionali dell’ECAL, rinomata scuola d’arte losannese, per qualche giorno in formazione sul balcone del Giura. «Qui gli studenti s’immergono totalmente nel mondo della meccanica d’arte – spiega Fiona Krüger, designer di orologi – alla ricerca di un’armoniosa unione tra il design e gli aspetti tecnici». A proposito di design, la zona del «tecnopolo» accoglie anche Reuge, unico produttore di carillon superstite che, dopo circa 150 anni di esistenza, ha deciso di abbandonare lo storico stabilimento in centro città, per regalarsi una nuova sede su misura.

L’azienda da alcuni anni ha deciso di dare un taglio tutto originale alla tradizione, producendo gioiellini high-tech che non è raro trovare sulle scrivanie di alcune delle persone più influenti al mondo. «Oggi bisogna adattarsi, proporre cose nuove e uniche: non facciamo regali, produciamo regali – afferma raggiante Kurt Kupper, CEO dell’azienda – Abbiamo deciso di restare a Sainte-Croix perché qui vi è la gente che ha creato tutto ciò. Siamo lontani dai centri mondiali, ma noi siamo un centro d’idee. Sainte-Croix non è morta». D’altra parte è difficile smentire il signor Kupper se si passa nei laboratori di artisti di fama internazionale come Nicolas Court e François Junod.

Il primo, a capo di «Arts15», ci accoglie presentandoci nientemeno che un sofisticato uccellino cantatore del 1830 che mai ha funzionato e che lui ha il compito di portare in vita a due secoli di distanza. La vita, per questi affascinanti oggetti che fanno sognare, si genera da una manovella da girare con curiosità, per lasciarsi sorprendere, magari dagli automi di François Junod. «Riparare e creare degli oggetti è la mia passione – racconta l’artista vodese, sempre rimasto fedele alla sua città – Forse ho avuto la fortuna di crescere con la crisi industriale, trovando la mia nicchia. Oggi sento una responsabilità per il futuro di questo sapere». Discutendo con i due artisti, anche professori della formazione in meccanica d’arte, qualche preoccupazione sull’avvenire del mercato non manca, ma d’altra parte c’è fiducia, poiché in un mondo saturo di tecnologia, le persone si rendono conto della transitorietà delle loro apparecchiature e tornano a valorizzare ciò che può restare per sempre, come un oggetto meccanico. D’altro canto, se un giorno non dovesse più funzionare, ci si potrà affidare alle sapienti mani di Michel Bourgoz, riparatore di carillon al quale si rivolgono collezionisti da tutto il mondo.
Oltre alla meccanica c’è di più
Sainte-Croix, oltre che con il suo patrimonio immateriale e gli investimenti per rinnovare il settore industriale, sta provando a uscire dalla crisi promuovendo la sua immagine turistica. La locale stazione sciistica cercherà di riconvertirsi per la stagione estiva, mentre il nuovo museo in progettazione diventerà un’ulteriore attrazione. «Il futuro è qui» assicura fiducioso il sindaco Franklin Thévenaz. Se abbia ragione, sarà solo il tempo a dircelo, noi per il momento ci godiamo il presente con una fetta del pluripremiato Vacherin Mont D’Or del caseificio Tyrode. Sainte-Croix sa prendere anche per la gola!