«La solidarietà fra i Comuni è messa seriamente in pericolo»
Sta per concludersi la consultazione per Ticino 2020, una riforma nata sotto i migliori auspici ma che oggi raccoglie pochi consensi, in particolare da parte dei Comuni. Ne parliamo con Felice Dafond, presidente dell’Associazione dei Comuni ticinesi, il quale non lesina critiche alla direzione intrapresa dal progetto nel corso degli anni.
La consultazione in merito alla riforma Ticino 2020 è in dirittura d’arrivo. A che punto siamo? Quali sono le principali criticità sottolineate dai Comuni?
«Più che di una consultazione dovremmo parlare di una fase di informazione: il pacchetto Ticino 2020 è molto complesso e con molte interdipendenze, ciò che rende di fatto impossibile esprimersi su singole parti del pacchetto. In concreto i Comuni si trovano davanti ad una scelta tra “prendere o lasciare” l’intero pacchetto. E lo devono fare in un momento dove le incertezze sono molte. Si pensi solo alle proposte di riforma della legge tributaria (sia sul fronte dell’imposizione delle persone fisiche che di quelle giuridiche), agli effetti della nuova imposizione dei frontalieri, all’evoluzione dei costi nel settore degli anziani e delle casse malati. E mi fermo qui, poiché la lista potrebbe essere ben più lunga. La principale criticità è quella della sostenibilità finanziaria della nuova ripartizione dei compiti a medio termine per tutti i Comuni ticinesi: entità che, come sappiamo, sono assai diverse tra loro per dimensione, capacità finanziaria e prospettive di sviluppo. La sensazione è quella di esser chiamati a esprimersi senza poter disporre di tutti gli elementi necessari».
Qual è il punto di vista dell’Associazione dei Comuni ticinesi sul progetto?
«L’Associazione dei Comuni ha sostenuto sin dall’inizio il progetto, sottoscrivendo una lettera d’intenti che ha definito gli obiettivi, poi ripresi nel messaggio governativo che è stato approvato dal Gran Consiglio. Purtroppo, via via questi obiettivi sono purtroppo stati annacquati da decisioni unilaterali del Consiglio di Stato, che hanno di fatto reso praticamente impossibile proporre una soluzione conforme agli obiettivi iniziali. Basti ricordare che il Governo ha imposto di passare dal concetto di “neutralità finanziaria per il cittadino” a quello di “neutralità finanziaria per il Cantone”. Questo equivale a scompaginare le idee iniziali e non permette di utilizzare il coefficiente d’imposta quale elemento di compensazione per il finanziamento di oneri che il Cantone si assume, lasciando però il compito di co-finanziarli ai Comuni, senza che questi ultimi abbiano alcunché da dire. Una situazione altamente insoddisfacente».
Dunque alla base della critica c’è il mancato rispetto delle premesse iniziali. È quantificabile il «peso» della riforma sulle casse dei Comuni?
«Oggi i Comuni finanziano compiti decisi di fatto esclusivamente dal Cantone per centinaia di milioni di franchi. Pur mantenendo un regime di cofinanziamento da parte di Comuni in settori importanti (il 40% del trasporto pubblico, l’80% delle spese per l’assistenza alla popolazione anziana e per le prestazioni complementari, ad esempio), il Cantone chiede ai Comuni di compensare circa 85 milioni di franchi. Per far questo il progetto propone di trasferire al Cantone il diritto di incassare sia l’imposta personale che l’imposta immobiliare. Un trasferimento che per molti Comuni comporta perdite significative, che non possono essere compensate dai minori costi. Queste sono le conseguenze del passaggio alla “neutralità finanziaria per il Cantone”, imposta unilateralmente dal Governo».
Più in generale, è corretto affermare che il riordino dei flussi mostra una certa tendenza a favorire lo Stato?
«Direi piuttosto che il progetto Ticino 2020 permette di riportare coerenza tra compiti, flussi finanziari e responsabilità decisionali, allineandole dove possibile. Purtroppo, le decisioni politiche, ma anche le tendenze socioeconomiche, hanno portato la politica cantonale a uniformare le prestazioni in moltissimi ambiti: questo ha inevitabilmente trasferito competenze dal livello comunale a quello cantonale. È peraltro una tendenza che si constata anche tra Cantoni e Confederazione, con quest’ultima che si è pure assunta sempre maggiori compiti, in precedenza assunti autonomamente (e con standard differenziati, adeguati alle singole situazioni) dai singoli Cantoni».
A fronte di un aumento di oneri e di costi, non sembra esserci un aumento dell’autonomia decisionale. Sul punto dell’«indipendenza» è ancora possibile correggere il tiro? Quali sono le vostre richieste al Governo?
«Un recupero di autonomia effettivo a favore dei Comuni non mi pare ragionevolmente immaginabile in prestazioni che la popolazione oggi ritiene debbano essere fornite in modo uniforme a livello cantonale, come potrebbe essere il caso per il trasporto pubblico, l’assistenza sociale, il sostegno alla popolazione anziana e in molti altri ambiti oggetto di esame nella prima fase del progetto Ticino 2020. Un recupero di autonomia (con una conseguente riduzione delle procedure burocratiche) è invece indispensabile a livello di compiti che con il tempo il Cantone si è assunto, senza che vi siano ragioni oggettive per farlo. A maggior ragione se penso al fatto che il numero dei Comuni si è dimezzato negli ultimi 25 anni e che di conseguenza gli stessi enti locali si sono rafforzati anche dal profilo delle competenze e della dimensione. Ma bisogna volerlo fare, e rinunciare al potere acquisito non è certo operazione facile. Ho personalmente qualche dubbio che il Governo abbia la volontà e la capacità di farlo, se valuto cosa è successo nella prima fase di questo progetto».
Alla luce della prevista manovra di rientro del Governo e della riforma fiscale, la nuova ripartizione dei flussi finanziari fra Comuni e Cantone prevista da Ticino 2020 non rischia di essere superata dagli eventi?
«La prima fase della riforma Ticino 2020 arriva a maturazione in ritardo – non per colpa dei Comuni, che si sono fortemente impegnati a fronte di un’inerzia accentuata da parte dei servizi cantonali – e in un momento concomitante con la discussione sulla riforma della legge tributaria (per le persone fisiche) e alla vigilia dell’entrata in vigore di importanti modifiche dell’imposizione delle persone giuridiche. Due proposte che destabilizzano le finanze comunali e fragilizzano in misura importante il sistema di perequazione finanziaria intercomunale. È un problema serio, che dovrebbe indurre Governo e Parlamento a una riflessione sull’opportunità di procedere con riforme di questo tipo e di questa portata a breve termine. A maggior ragione quando lo stesso Parlamento è alle prese con l’adozione di misure di risparmio importanti che penalizzeranno molte fasce della nostra popolazione. Sono osservazioni che l’Associazione dei Comuni ticinesi ha sottoposto al Consiglio di Stato in modo formale non più tardi di poche settimane fa».
Uno degli aspetti centrali della riforma Ticino 2020 riguarda il superamento della vecchia perequazione finanziaria. Nel concreto, può spiegarci di cosa si tratta e perché è necessario andare oltre il vecchio sistema di solidarietà?
«La riforma del sistema di perequazione finanziaria è un tema complesso e aperto da una quindicina di anni. Le discussioni su questo tema hanno contribuito allo scioglimento delle due precedenti associazioni dei Comuni e alla successiva costituzione dell’attuale Associazione dei Comuni ticinesi. L’attuale sistema è molto complicato e poco trasparente. Inoltre, si basa in misura importante sullo strumento della perequazione indiretta, che è unanimemente riconosciuto come non più adatto a risolvere gli squilibri di capacità finanziaria tra i Comuni (e anche tra i Cantoni). Una riforma è indispensabile e attesa da tempo. Uno dei principali risultati della prima fase della riforma Ticino 2020 sta proprio nella proposta di un nuovo sistema di perequazione finanziaria, molto più semplice, trasparente ed equo. Un sistema che elimina sia la perequazione indiretta, sia il moltiplicatore politico d’imposta quale fattore soggettivo che può influenzare gli importi pagati e ricevuti. Naturalmente, un sistema di solidarietà orizzontale come quello proposto richiede una grande disponibilità al compromesso da parte di tutti i Comuni: alla fine si tratta di trasferire – a favore di un sistema di gestione pubblica a livello locale stabile e equo – circa 120 milioni di franchi dai Comuni finanziariamente più forti a quelli più deboli. È una sfida difficile e delicata, che Ticino 2020 ha assunto, proponendo una soluzione che, a mio giudizio, va salvaguardata e adottata: continuare con il sistema attuale per i prossimi anni non è infatti una soluzione praticabile. L’introduzione – già decisa – della possibilità di differenziare i moltiplicatori d’imposta comunali per le persone fisiche e le persone giuridiche unitamente alla forte riduzione dell’aliquota d’imposta sull’utile delle persone giuridiche a partire dal 2025 porteranno ad un vero e proprio “terremoto” nel sistema attuale, con spostamenti assai rilevanti di oneri tra i Comuni paganti e una forte riduzione del contributo di livellamento distribuito a favore dei Comuni beneficiari. Non sarebbe un bene, per nessuno».