L’intervista

La Spagna verso le urne con una doppia sfida

Oltre alle europee di fine maggio i partiti guardano alle elezioni politiche del 28 aprile - Socialisti dati in rimonta dai sondaggi
La politologa catalana Mireia Grau.
Mario Magarò
10.04.2019 06:00

Prosegue la serie di approfondimenti del Corriere sulle elezioni europee del 23-26 maggio. Oggi puntiamo i riflettori sulla Spagna, dove i partiti oltre che per le europee sono in campagna elettorale per le elezioni anticipate che si terranno il 28 aprile. Proprio in questi giorni gli ultimi sondaggi sul voto nazionale danno per la prima volta una solida maggioranza al Partito socialista (PSOE) che potrebbe quindi governare col solo appoggio di Podemos, senza dover dunque dipendere dai voti degli indipendentisti catalani, come avvenuto nella legislatura appena conclusa. Sulla situazione politica in Spagna in vista del doppio voto abbiamo sentito il parere della politologa catalana Mireia Grau.

I sondaggi di questi giorni danno per la prima volta una solida maggiornaza al PSOE. Come mai questa ripresa da parte dei socialisti?

«Uno dei fattori che favorisce il voto a favore del PSOE è senza dubbio l’essere stato, in ordine di tempo, l’ultimo partito di Governo in Spagna, dinamica chiamata nel gergo «effetto incumbency». Un aspetto supportato, inoltre, dalla perdita di consensi del PP, così come dalla modalità, quasi inaspettata, con cui i socialisti sono riusciti a far passare la mozione di censura contro Rajoy nel giugno 2018. Sebbene tutti questi fattori non abbiano, a priori, alcun legame diretto con le elezioni europee, dobbiamo anche considerare il susseguirsi di tornate elettorali in Spagna, partendo dalle elezioni generali che saranno celebrate il 28 aprile, seguite poi dalle elezioni municipali ed in gran parte delle comunità autonome, fissate nella stessa data di quelle europee. Non si può escludere che i risultati delle elezioni generali ed i patti per la formazione del nuovo Governo finiranno per influenzare anche i risultati in chiave europea».

Come si collocano i partiti spagnoli di fronte all’attacco nei confronti dell’UE mosso in diversi Paesi europei da parte di movimenti nazionalisti e populisti?

«I partiti politici spagnoli sono sempre stati essenzialmente pro-UE. Contrariamente a quanto accade in altri Paesi, in Spagna esiste infatti una base comune di stampo europeista che coinvolge sia le formazioni di maggioranza in ambito statale che quelle a livello regionale. È interessante sottolineare come la Candidatura di Unità Popolare (CUP), uno dei pochi partiti spagnoli di stampo euroscettico ed appartenente all’ala della sinistra indipendentista catalana, non si sia candidata alle elezioni europee. Anche VOX ha una posizione apertamente euroscettica, ma, anche nel caso in cui si concretizzassero le previsioni dei sondaggi (che assegnano a questo partito di estrema destra tra i 7 e gli 8 seggi ndr), il suo peso rimarrebbe limitato nell’ambito dei seggi spettanti alla Spagna a livello europeo. Bisognerà piuttosto valutare l’influenza che avrà VOX nel Parlamento europeo a seconda del gruppo a cui aderirà».

I sondaggi indicano che il partito di estrema destra VOX entrerà per la prima volta nel Parlamento europeo. Come valuta questo probabile successo elettorale a livello europeo?

«L’affermazione di VOX si basa sulla crisi generale delle istituzioni democratiche rappresentative a cui si aggiunge l’attenzione che il partito è riuscito a catalizzare in relazione al conflitto politico in Catalogna, sostenendo apertamente l’unità della Spagna. VOX si è affermato sulla scena parlamentare spagnola alle recenti elezioni autonome in Andalusia. Se otterrà, come sembra, seggi al Parlamento europeo, si dovrà vedere se continuerà ad agire dal punto di vista ispano-centrico e provinciale, come fatto finora, o se si cimenterà in strategie di portata europea insieme ad altri partiti. In ogni caso, il successo di VOX è certamente un fallimento collettivo del sistema».

Le elezioni europee potrebbero servire ad affermare la figura di Carles Puigdemont, capolista di Junts per Catalunya, come voce dell’internazionalizzazione del conflitto politico in Catalogna?

«Il fatto che le elezioni spingano o meno questo profilo dovrà essere visto non nel contesto della campagna elettorale, ma bensì in base ai risultati finali. In ogni caso, al di là di quanto accadrà, ciò che è chiaro è che la sua presenza nella campagna manterrà alta l’attenzione sul conflitto territoriale in Catalogna. Nel suo caso essere capolista di una delle liste europee mette sotto la lente d’ingrandimento un altro aspetto del conflitto, ovvero il contrasto tra i capi d’imputazione sostenuti dalla giustizia spagnola a carico dei politici catalani ed il rifiuto all’estradizione di Puigdemont da parte dei sistemi giudiziari belga e tedesco».

L’ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras sarà il numero uno nella lista di Esquerra Republicana (ERC). Ritiene plausibile che l’obiettivo della sua candidatura sia quello di esercitare pressioni a livello europeo sulla sentenza del processo attualmente in corso contro i leader indipendentisti catalani?

«È possibile che, non tanto la sua presenza come capolista di ERC, quanto, piuttosto, una sua elezione a deputato europeo, renda ancora più acceso il dibattito sull’adeguatezza della detenzione preventiva, misura a cui sono attualmente sottoposti 9 dei 12 imputati del processo, come strumento volto a garantire il regolare svolgimento del processo. Evidentemente, al di là degli aspetti strettamente legati al dibattito processuale, il fatto che Junqueras sia capolista di ERC, con alte probabilità di ottenere un seggio, proietta verso l’Unione europea un conflitto che fino ad ora ha visto le istituzioni europee mantenere un profilo molto basso su richiesta del Governo spagnolo».