Coronavirus

«La Svezia continua a seguire con fiducia l’epidemiologo Tegnell»

Qual è la situazione pandemica in Svezia? Ne abbiamo parlato con Gaetano Marrone, professore associato in Global Health al Karolinska Institutet di Stoccolma
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Francesco Pellegrinelli
27.01.2021 11:29

A lungo sotto i riflettori internazionali per il suo approccio anti-lockdown, due settimane fa la Svezia ha cambiato strategia: maggiori poteri al Governo per chiusure e multe. Ma qual è la situazione nel Paese oggi? Ne abbiamo parlato con Gaetano Marrone, professore associato in Global Health al Karolinska Institutet di Stoccolma

Professor Marrone qual è la situazione negli ospedali svedesi? Nelle scorse settimane abbiamo letto che le terapie intensive sono vicine al collasso. È così?

«La Svezia dispone di 764 posti di terapia intensiva. Al momento (i dati sono quelli del 20 gennaio) abbiamo una percentuale di occupazione del 77%. In termini assoluti parliamo di 588 posti occupati, di cui 329 (56%) da pazienti COVID. C’è dunque ancora una discreta disponibilità di posti letto - circa il 23% - anche se la situazione varia da regione a regione. In particolare ci sono due regioni che hanno una capacità inferiore al 10%. Senza dubbio questo è il dato epidemiologico che preoccupa maggiormente».

La Svezia è il Paese scandinavo con il più alto numero di morti. Come vive la popolazione questo momento?

«Negli ultimi mesi sono stati eseguiti due sondaggi. Uno ad ottobre. L’altro alla fine di dicembre, in cui si chiedeva alla popolazione il grado di fiducia verso l’Agenzia di sanità pubblica e verso il Governo. La percentuale di persone che ha detto di avere molta fiducia nell’Agenzia di sanità pubblica è scesa dal 71% al 47%. Un calo notevole. Mentre per quanto riguarda la fiducia nel Governo la percentuale è rimasta stabile in entrambi i sondaggi al 35%. La gente non manifesta grande malcontento, ma qualcosa è cambiato».

Nel suo tradizionale discorso di fine anno re Carlo Gustavo XVI ha ammesso che la strategia svedese è stata un «fallimento» a causa del «numero altissimo di morti». Professore, sente di condividere questa opinione?

«Sicuramente ci sono stati dei ritardi. La Finlandia, per esempio, ha agito in maniera completamente diversa. A marzo, per due mesi, ha introdotto misure più severe. Bar e ristoranti chiusi; divieto di assembramenti per più di 10 persone; divieto di viaggiare fuori e dentro la capitale (che è la città più popolosa dello Stato); sospensione dei voli da quasi tutte le nazioni fuori dall’UE; test e quarantene per gli arrivi. Da allora però la società finlandese è in gran parte rimasta aperta, come la Svezia. È stato inoltre sviluppato un efficace sistema di test e tracciamento attraverso un’app scaricata da quasi la metà della popolazione. Credo che un approccio simile sarebbe stato preferibile anche in Svezia. Detto questo, non so se possiamo parlare di fallimento. Dipende molto dalla prospettiva. Se prendiamo come termine di confronto il numero dei morti, forse sì. Se prendiamo in considerazione altre componenti - come la qualità della vita, la salute mentale (non da ultimo quella degli studenti) e l’economia che ha continuato a lavorare - probabilmente non è stata una strategia fallimentare. Ad ogni modo si doveva agire in maniera più tempestiva».

Il controverso epidemiologo di Stato Anders Tegnell, a cui si deve la strategia no-lockdown, è stato messo in discussione?

«No, il Governo svedese continua a seguire con fiducia le indicazioni dell’Agenzia di sanità pubblica».

Quali sono a suo modo di vedere le cause maggiori dell’esplosione del numero dei morti?

«Una delle ragioni va sicuramente ricercata nell’alto tasso di mortalità registrato nelle case di riposo (circa la metà delle morti totali) a causa degli errori commessi (e ammessi) dagli enti svedesi durante la prima ondata. Il personale inizialmente non aveva la formazione adeguata, il materiale di protezione non era sufficiente, le regole di igiene non erano chiare. Ovviamente sull’andamento hanno influito anche le misure meno restrittive decise dalle autorità svedesi in funzione di una strategia che guardava al lungo periodo. «Dobbiamo imparare a convivere a lungo con il virus», si diceva. E quindi un lockdown iniziale non aveva senso. Ad ogni modo, ogni nazione si trova in un momento diverso nella propria curva dei contagi. I conti potranno essere fatti solamente alla fine».

Due settimane fa però la Svezia ha deciso di cambiare rotta. Il Parlamento ha concesso al Governo maggiori poteri per affrontare l’emergenza. Cosa prevede concretamente questa legge?

«Prima il Governo poteva unicamente emanare delle raccomandazioni. Ora invece può intervenire con restrizioni e chiusure sulle seguenti aree: raduni ed eventi pubblici, luoghi per attività ricreative e culturali, negozi e centri commerciali, trasporti pubblici e trasporto aereo nazionale. Inoltre chi infrange le disposizioni governative può essere multato».

Con la nuova legge il Governo ha anche il potere di decretare un lockdown generalizzato?

«L’idea di un lockdown generalizzato, simile a quello visto in altre parti d’Europa, non viene contemplata. Si parla piuttosto di eventuali chiusure parziali. Inoltre adesso ci sono regole molto più severe. Per esempio nei ristoranti possono esserci al massimo 4 persone sedute allo stesso tavolo. Gli assembramenti pubblici sono stati ridotti a 8 persone. Venti persone ai funerali e nei negozi non ci può essere più di una persona ogni 10 metri quadrati. Dopo le 20 non si possono vendere alcolici. E le attività sportive di contatto, anche quelle dei bambini, possono essere svolte solamente all’aperto».

Con la scuola invece? L’insegnamento avviene sempre in presenza?

«Per le classi con studenti sopra i 14 anni viene consigliato l’insegnamento a distanza. Ma non è un obbligo. Mentre le classi sotto i 14 anni fanno lezione in presenza».

Sull’uso della mascherina come si pone oggi il Governo?

«L’Esecutivo raccomanda l’uso della mascherina sui mezzi pubblici solamente nelle ore di punta dei giorni lavorativi, tra le 7 e le 9 del mattino. E tra le 16 e le 18 nel pomeriggio. Non si tratta però di un obbligo. La popolazione, in linea di massima, segue le raccomandazioni e indossa la mascherina, soprattutto se le distanze di sicurezza non possono essere garantite».

Come procede la campagna di vaccinazione?

«La prima dose è arrivata in Svezia il 26 dicembre. Finora sono state vaccinate poco più di 84 mila persone. Tegnell prevede di vaccinare 80 mila persone alla settimana. Saranno utilizzati sia i vaccini Pfizer sia quelli di Moderna, secondo una strategia in 4 fasi, simile alla vostra».

La variante inglese è arrivata anche in Svezia. L’Agenzia di sanità pubblica ha preso dei provvedimenti particolari?

«Il tema da noi non ha assunto una rilevanza particolare, nella misura in cui la variante inglese, sebbene più contagiosa, non sembra resistente al vaccino. Nessuna preoccupazione in più».

Dal punto di vista economico come sta il Paese?

«Il Prodotto interno lordo (PIL) è diminuito dell’8% nel secondo quadrimestre del 2020, per poi vedere un discreto aumento del 4,9% nel terzo quadrimestre. Nonostante la ripresa, l’economia ha subito un importante rallentamento solo paragonabile a quello registrato con la crisi economica del 2008-2009, quando il PIL subì una frenata del 4,3%. Anche la disoccupazione è cresciuta in maniera importante di quasi un punto percentuale. A novembre 2020 era al 7,7%, contro il 6,8% registrato lo stesso mese dell’anno precedente».

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