La Svizzera si prepara ad affrontare la peste suina africana
«È solo una questione di tempo. Poi saremo confrontati anche noi con la peste suina africana». Così scrivevamo a inizio febbraio, con il virus individuato in alcuni cinghiali all’altezza di Pavia. «Tempo un anno, massimo due, e la malattia - innocua per gli esseri umani ma letale per i maiali - sarà alle nostre porte». Sebbene la Svizzera sia tuttora indenne dalla malattia, la situazione dinamica nei Paesi vicini impone di essere pronti ad agire: l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) e i veterinari cantonali si preparano ad affrontare l’epizoozia.
Malattia innocua per l'essere umano
La peste suina africana (PSA) è un’infezione virale dei cinghiali e dei suini domestici. Attualmente, non esiste un vaccino che li protegga. Se la malattia si manifesta, occorre adottare misure di lotta drastiche e abbattere l’intero effettivo colpito. La lotta diventa molto difficile quando è la popolazione di cinghiali a esserne colpita. Il virus, infatti, è altamente resistente e può sopravvivere per diversi mesi nelle carcasse degli animali e rimanere infettivo per più di sei mesi nei prodotti a base di carne di maiale o di cinghiale congelata, essiccata o salata (ad esempio prosciutto crudo, salsicce). Tuttavia, questi alimenti possono essere consumati senza timore. Comparsa per la prima volta in Georgia nel 2007, poi nei Paesi baltici e in Polonia nel 2014, la peste suina africana si è diffusa a ovest fino alla Germania. Sono state osservate anche introduzioni localizzate, tra cui una nel Piemonte meridionale (Italia) che si sta diffondendo dal gennaio 2022 e attualmente si trova a 60 km a sud del Ticino. Vi è quindi un reale rischio che la PSA raggiunga anche la Svizzera.
La prevenzione passa dalla popolazione
Oltre al rischio associato agli spostamenti transfrontalieri di cinghiali, attualmente il rischio principale di introdurre la malattia è legato all’eliminazione non sicura di prodotti a base di carne di maiale o di cinghiale contaminati dal virus. Il virus può essere trasportato su lunghe distanze in un breve lasso di tempo con le provviste da viaggio. I panini avanzati portati con sé dalle regioni colpite dalla PSA e gettati a terra nelle aree di sosta o in cestini aperti sono una fonte di cibo facilmente accessibile e molto apprezzata dai cinghiali. È quindi essenziale che i rifiuti alimentari vengano smaltiti in cestini chiusi.
Gettare nell’ambiente prodotti alimentari contenenti carne infetta rappresenta la via di contaminazione più comune: i cinghiali o i suini possono mangiare questi rifiuti e generare un nuovo focolaio infettivo.
La Svizzera si prepara
In caso di focolaio di PSA nei cinghiali, la strategia di lotta prevede tre punti principali: creare una zona di rifugio per evitare che diffondano la malattia, cercare ed eliminare le carcasse per evitare che il virus sopravviva nell’ambiente e, se necessario, ridurre intensivamente la popolazione di cinghiali. Inoltre, i Cantoni possono limitare l’accesso alle foreste nelle zone a rischio e adottare le seguenti misure:
• divieto di gettare i rifiuti alimentari nella natura
• divieto di lasciare i sentieri forestali e obbligo di tenere i cani al guinzaglio
• sospensione della caccia
Le misure tengono conto anche dell’esperienza maturata nei Paesi dell’Unione europea interessati grazie a una stretta collaborazione in materia tra l’USAV e i servizi veterinari di questi Paesi. In qualità di laboratorio nazionale di riferimento, l'Istituto di virologia e immunologia (IVI) è responsabile della diagnosi di questo virus in Svizzera e contribuisce a una serie di progetti di ricerca internazionali volti a sviluppare vaccini sicuri ed efficaci.
Gli sviluppi vengono monitorati con attenzione
L’USAV segue attentamente gli sviluppi della situazione epizootica internazionale e ne riferisce regolarmente nel suo Bollettino Radar, una pubblicazione mensile che fornisce informazioni sulla situazione epizootica all’estero e sulle minacce che incombono sulla Svizzera.