La terza ondata della spagnola e la vaccinazione

L’epidemia di influenza spagnola, causata da un virus del tipo H1N1, investì il mondo sul finire della Prima guerra mondiale. La Svizzera non ne fu risparmiata. Anzi. L’impatto fu devastante. Nemmeno i peggiori scenari ipotizzati per l’attuale pandemia portata dal virus SARS-CoV-2 causerebbero tante vittime quante ne fece la spagnola: un secolo fa in Svizzera i morti furono 24.449 (pari allo 0,62% della popolazione, che era di 3,9 milioni di abitanti). A differenza di oggi, il virus colpì soprattutto i giovani adulti (fra i 20 e i 40 anni). Il Ticino venne meno colpito di altri cantoni, ma soffrì comunque parecchio. La prima ondata arrivò tra la fine della primavera e l’estate del 1918. Poi ci fu un rientro, prima della seconda ondata, la più devastante, in autunno.
Il parziale calo invernale illuse che il «crudel morbo», come venne definito allora nei numerosi annunci funebri sui giornali, fosse stato sconfitto. Ma non fu così. Nei primi mesi del 1919 la spagnola colpì nuovamente con quella che è reputata essere stata la terza ondata. In realtà il virus non se ne andò mai e anche nei mesi successivi, fino a 1920 inoltrato, ci furono altri morti, anche se assai meno numerosi. Le tre fasi furono scandite in Ticino dai decreti restrittivi decisi dal Consiglio di Stato, dopo l’adozione, il 18 luglio 1918, di quello del Consiglio federale che dava facoltà ai Cantoni di adottare divieti e altri provvedimenti. Il primo decreto cantonale è del 24 luglio 1918; il secondo del 29 ottobre 1918; il terzo è del 23 gennaio 1919.
Contrariamente a quanto si può leggere in diverse pubblicazioni moderne sulla spagnola, la natura virale e non batterica del morbo fu sostenuta da molti professionisti fin da subito. Il 20 gennaio 1919 il Dipartimento cantonale di igiene emanò una circolare per la vaccinazione di massa della popolazione, adottando la profilassi già in vigore in altri Paesi, mentre all’inizio dell’epidemia era stato reiteratamente indicato che non esisteva un rimedio. Fautore del vaccino fu, sulle pagine del «Corriere del Ticino», il prof. dr. Umberto Carpi, che scrisse diversi articoli. La sua fu una posizione molto moderna e avanzata se si tien conto del dibattito medico che si era sviluppato anche in altri Paesi al riguardo. In realtà il vero e proprio vaccino contro la spagnola fu messo a punto solo vent’anni dopo. Allora si fece capo al vaccino Pethic di Berna. La scienza medica dei tempi considerava il virus della spagnola blando in sé, ma micidiale in combinazione con i batteri catarrali.
La seconda ondata aveva investito il Paese quando il conflitto mondiale terminò (11 novembre 1918) e nel pieno delle tensioni sociali sfociate nello sciopero generale del 12, 13 e 14 novembre. Lo abbiamo visto nella puntata precedente. Sul «Corriere del Ticino» apparvero diversi annunci funebri per giovani stroncati dal «morbo crudele», la riapertura delle scuole alla fine dell’estate venne rinviata più volte, in Gran Consiglio si discussero i provvedimenti contro la grippe, dopo l’emanazione del decreto del 28 ottobre 1918. Vi erano spinte contrastanti, tra chi sollecitava la massima prudenza e chi invocava di allentare il freno, con dinamiche simili a quelle di oggi. Anche perché le notizie erano contraddittorie. Se effettivamente nelle città vi era stato un parziale rientro, nelle valli no. Sabato 23 novembre 1918, ad esempio, il «Corriere del Ticino» riferiva che «mentre a Locarno si chiude il lazzaretto e si riaprono le scuole perché la grippe è scomparsa, dalla Valle Verzasca arrivano invece notizie gravissime (...). A Vogorno i colpiti oltrepassano i trecento ed in una sola settimana si sono avuti ben 13 decessi». Un’esplosione che il giornale attribuì al fatto che «quei buoni vallerani, che conducono una vita un po’ primitiva, non hanno saputo prendere a tempo le misure profilattiche».
Venerdì 29 novembre, nella cronaca dalla capitale, si riferì che la grippe «continua a visitare, non desiderata ospite, un po’ tutte le famiglie, non risparmiando né alti né bassi locati», tanto che «fra i recenti colpiti dal morbo ci vengono segnalati l’on. nostro sindaco sig. avv. Arnaldo Bolla e l’on. commissario di governo sig. Odoni e fra i convalescenti l’on. (Carlo) Maggini consigliere di Stato». «Il popolare Ristorante del buon Vittorio Danielli in piazza Dogana è chiuso da parecchi giorni e da lunedì è chiuso per lo stesso motivo anche il Caffè del Teatro».
Ma il ritorno alla normalità prevaleva. Lunedì 2 dicembre si diede notizia del «banchettone all’Apollo» di Lugano organizzato da Camera di commercio italiana, Società Amici della Francia e Società Dante Alighieri, per celebrare la vittoria delle nazioni alleate nella Grande guerra. La manifestazione fu «grandiosa», scrisse il «Corriere del Ticino». «Mai, forse, l’Apollo ha visto tanta festa esultante».
Martedì 10 dicembre 1918 il giornale diede conto del rapporto del Servizio cantonale di igiene in cui si affermava che «il corso dell’epidemia di grippe che ha raggiunto nel Cantone le proporzioni di una vera pandemia, sembra essere entrato nella sua ultima fase, quella che precede la scomparsa quasi definitiva del morbo». In cronaca di Lugano venerdì 20 dicembre si scrisse che «la grippe se ne va», aggiungendo tuttavia che «sarà meglio non gridarlo troppo forte. L’aritmetica però, che non è una opinione, ci assicura che la malattia epidemica sta facendo i bauli e si prepara finalmente a lasciar la nostra città». Anche se il 27 dicembre il giornale doveva pubblicare l’annuncio funebre per la morte del consigliere nazionale Alfonso Chicherio-Sereni d’anni 59 avvenuta 24 ore prima: «Or sono pochi giorni partecipava alle sedute delle Camere federali. Ritornato da Berna fu colpito dal morbo che nel corrente anno volle tante vittime».

Ma quali erano i numeri allora conosciuti della spagnola? Il «Corriere del Ticino» del 1. marzo 1919 pubblicò in prima pagina (cfr. foto) la statistica dell’Ufficio sanitario federale: i casi segnalati nel 1918 «sono in tutto più di 700.000». I primi in maggio (3 casi); in giugno 6 casi. In luglio l’esplosione a 53.698; in agosto e settembre leggera diminuzione a 41.626 rispettivamente 41.642 casi. Poi la seconda ondata: in ottobre l’epidemia raggiunse l’apice con 263.399 casi; in novembre calo a 159.422 e in dicembre a 104.612.
Il 1919 si aprì all’insegna dell’ottimismo. Finita la guerra e consumato lo sciopero generale, si guardava al calo dei contagi. Nella seduta del 2 gennaio il Consiglio di Stato prese atto del nuovo rapporto del Servizio cantonale d’igiene sullo stato sanitario della popolazione, dal quale si desume «che la fine dell’epidemia di grippe sembra realizzarsi in queste ultime settimane» e che «i casi annunciati dai medici delegati sono sempre più rari; in alcuni Comuni della Valle Onsernone (Loco) e della Valle di Muggio e Valle Maggia (Someo), la malattia serpeggia ancora, ma in forma piuttosto benigna tanto che il numero dei casi letali non è impressionante, come si verificò nella Verzasca ed a Isone». Si aggiungeva che «tutti i lazzaretti comunali del Cantone sono stati chiusi e l’apertura delle scuole cantonali e comunali avrà luogo il 2 ed il 9 gennaio». «Anche questa concessione non deve impensierire la popolazione, perché le piccole agglomerazioni di ragazzi e giovani adolescenti, la maggior parte già vaccinati da attacchi precedenti della malattia, non contribuiranno a disseminarla fra la popolazione, ad ogni modo non in misura notevole» («Corriere del Ticino» di sabato 4 gennaio).
Il sabato successivo, l’11 gennaio 1919, apparve una piccola pubblicità accanto ad alcuni annunci funebri, uno dei quali quasi certamente per un giovane ucciso dal crudel morbo, anche se non esplicitato. Si trattava del calciatore Domenico Bernardoni, d’anni 32, deceduto «dopo breve malattia»; era capomastro e capotecnico del Comune di Calprino nonché «giuocatore assai valente». Questa la pubblicità: «La vostra paura della grippe è mai fondata se voi avete cura di preservarvi in tempo con l’impiego delle Tavolette Gaba che hanno fatto la loro prova al tempo dell’epidemia di grippe nel 1846. Queste tavolette Wybert, fabbricate precedentemente dalla Farmacia d’Oro a Basilea, sono in vendita ovunque in scatole bleu, portante la marca Gaba qui sopra (è riprodotto il logo, ndr), al prezzo di Fr 1.75. Attenzione alle contraffazioni!».
L’ottimismo durò pochissimo. Lunedì 13 gennaio, il «Corriere del Ticino» riferiva in cronaca cittadina che «sappiamo che la Municipalità (di Lugano, ndr) si occuperà nella sua prossima riunione della vaccinazione contro la grippe. A Milano è stato trovato un siero antigrippico il quale ha dato ottimi risultati. Ora è stata fatta proposta alla nostra Municipalità di sottoporre alla vaccinazione antigrippica tutta la popolazione. E giacché siamo in argomento aggiungiamo che la grippe tende a riprendere e che non è improbabile la chiusura delle scuole».
Nell’edizione di martedì 14 gennaio «una mamma per molte» scrisse a proposito di «grippe e scuole» al «gentilissimo signor direttore» del giornale: «Purtroppo la grippe è tornata! In pochi giorni essa si è estesa con una notevole intensità (...). La salute anzitutto! Non le pare, egregio signor direttore, che sarebbe cosa prudente chiudere le scuole per riprenderle con orario normale quando sia scomparso ogni timore sulla pubblica salute?!».
Mercoledì 15 gennaio 1919 si riferì che «la commissione sanitaria della nostra città ieri riunita, udita una interessante esposizione del prof. dott. Umberto Carpi sulla vaccinazione antigrippica, già adottata a Milano, decise di avanzare proposte concrete alla lod. Municipalità perché venga tosto iniziata anche da noi, in primo luogo per gli allievi delle scuole comunali, e in seguito su tutto il resto della popolazione». Non solo la Città, ma anche il Cantone fecero così.
"Saranno malcontente le signorine!"
Due proposte limitative vennero discusse e approvate dal Gran Consiglio il 16 gennaio 1919
Nella seduta pomeridiana del 16 gennaio 1919 il Gran Consiglio ticinese si occupò delle «misure contro la grippe». Il «Corriere del Ticino» ne riferì venerdì 17 gennaio. «Si inizia la discussione sulla proposta Borella Achille di invitare il Governo a proibire i balli pubblici, vista la recrudescenza della grippe. Il proponente dice che non è il caso di adontarsi se la proibizione solleverà delle proteste da parte di qualche interessato». Il consigliere di Stato liberale Giovanni Rossi, che era medico, disse che il decreto «vige già in tutta la sua forza». Ma il deputato Marazzi, autore di un’altra mozione, simile a quella di Borella, osservò che «nelle città e nelle campagne si balla». Ringraziò il Governo per le spiegazioni, prima di accennare ai «cinematografi il cui esercizio non ritiene dannoso alla salute se in essi si curano le misure profilattiche». Di altro avviso il deputato Zeli che insistette «perché i cinematografi non siano mezzi di infezione fisica e scuola di immoralità». Gli autori delle proposte osservarono che «fino ad ora il Consiglio di Stato non è stato troppo rigido esecutore del decreto», al che il consigliere di Stato Rossi ribattè dicendo che «molti Comuni furono multati». Le due proposte vennero accettate dal Parlamento. Commentino del «Corriere»: «Saranno malcontente le signorine!». Il deputato Tamburini chiese poi lumi sulla «vaccinazione antigrippica» e propose «perfino la prigionia» contro i violatori del decreto. Anche il deputato Croci sollecitò la campagna di vaccinazione. Che l’Esecutivo effettivamente decise il 20 gennaio.

Il nuovo decreto che bloccò balli, cinema, spettacoli
Dopo l’allentamento in dicembre furono ripristinate le misure precauzionali e d’igiene - Il morbo non se n’era andato
La terza ondata, o quella che venne reputata essere tale (come detto, in realtà l’epidemia non rientrò mai veramente), aveva dunque investito il Ticino all’inizio del 1919. Gli annunci funebri si susseguirono. Sabato 25 gennaio, ad esempio, troviamo quello per Margherita Moccetti-Ghilardelli d’anni 42, «colpita da inesorabile morbo» e spentasi il giorno precedente a Bioggio. Proprio in quei giorni il Consiglio di Stato, anche su sollecitazione di una mozione del Gran Consiglio, ruppe gli indugi e varò un nuovo decreto restrittivo, il terzo, nella seduta del 23 gennaio. Il «Corriere del Ticino» ne riferì lunedì 27 gennaio 1919 sotto il titolo Chiusura dei cinema, divieto del ballo e degli spettacoli pubblici. «Sino a nuovo avviso vengono rimessi in vigore i dispositivi del decreto esecutivo del 29 ottobre 1918 concernente le misure precauzionali e d’igiene contro la grippe, specialmente per quanto concerne il divieto generale del ballo e degli spettacoli pubblici. Restano pertanto nuovamente vietati in modo assoluto in tutto il Cantone gli spettacoli pubblici quali le rappresentazioni teatrali e cinematografiche, i concerti, le feste popolari e campestri, i banchetti, ecc. ed i balli negli esercizi pubblici in qualsiasi ora del giorno o della notte ed anche sotto forma di feste private. Nessuna autorizzazione in questo senso potrà essere accordata da qualsiasi autorità comunale o distrettuale». Il giornale volle verificare l’applicazione. Ecco cosa scrisse lunedì 3 febbraio: «Abbiamo voluto nel pomeriggio di ieri fare una capatina nei diversi numerosi ritrovi della città per assicurarci dell’efficacia o meno di un recente decreto governativo. All’Huguenin folla numerosa, compatta, al Caffè Riviera lo stesso, al Gambrinus, al Centrale e in tutti gli altri caffè del centro animazione vivissima, un via vai continuo sino a sera inoltrata. Non parliamo di Campione». C’era il nuovo Casinò.
Il solo modo per arginare i contagi
Il 16 gennaio 1919 il prof. Umberto Carpi, consulente del «Corriere del Ticino», pubblicò questo articolo sul vaccino.
La nuova recrudescenza della pandemia influenzale ha riaperto le discussioni sui mezzi più efficaci per proteggere le popolazioni superstiti dal pericolo dell’infezione. L’esperienza ha dimostrato che le comuni norme profilattiche, anche se rigorosamente applicate, non hanno impedito che il virus epidemico anche nei periodi di apparente esaurimento dell’epidemia potesse conservare le sue attività patogene e creare nuovi focolari. Probabilmente esistono anche per l’influenza (...) i cosiddetti portatori di bacilli, individui cioè che hanno superato l’infezione ma che portano ancora nel loro organismo focolari catarrali infettanti e che sono quindi i distributori del virus infettivo. L’osservazione clinica dimostra che di fronte alla facile distruzione dei germi dell’influenza fuori dell’organismo, fa contrasto la grande tenacia e resistenza che i germi stessi offrono nei tessuti ove le localizzazioni della malattia ne attestano la presenza. Di fronte a queste particolari condizioni di fatto è evidente che le comuni norme profilattiche anche rigorosamente applicate, non possono premunirci dall’eventualità di un’infezione occasionale da parte di portatori di germi apparentemente sani. Ne viene che le basi della protezione individuale e collettiva si devono proporre un indirizzo diverso da quello seguito sin qui. E il nuovo indirizzo è dato dai mezzi di immunizzazione attiva dell’organismo contro l’infezione. Che cosa intendiamo per immunizzazione attiva? Il provocare artificialmente sul nostro organismo, coll’introduzione di materiali infettivi e attenuati, una reazione difensiva specifica contro l’infezione. Questa forma di immunità attiva, ottenuta cioè sfruttando le facoltà naturali di reazione dell’organismo, viene distinta dalla cosiddetta immunità passiva che si ottiene introducendo nel nostro organismo sieri di animali immunizzati (...). Nel caso dell’infezione gripposa si è messa a profitto particolarmente la prima forma di immunizzazione diretta dell’uomo mediante la cosiddetta vaccinazione, la quale ha una funzione essenzialmente profilattica o preventiva, per gli individui non ancora ammalati. Il vaccino è ottenuto con una emulsione, in date proporzioni esattamente calcolate, di bacilli dell’influenza, uccisi mediante il calore. Ma l’esperienza ha dimostrato che, se l’agente specifico dell’influenza è il bacillo Pfeiffer, o bacillo dell’influenza, le sue complicazioni più temibili sono dovute ad altri germi coesistenti: e cioè il diplococco della polmonite, lo streptococco al quale sono dovute pure alcune complicazioni broncopolmonari e renali dell’influenza, e lo stafilococco (...). Ne venne la deduzione logica che un vaccino efficace contro l’influenza dovesse pure essere attivo contro le principali complicazioni della malattia. Di qui il vaccino misto già largamente usato nel Nord-America, e in Inghilterra, e più recentemente in Francia e in Italia, e che in Isvizzera è allestito dall’Istituto sieroterapico di Berna (...). La vaccinazione si pratica iniettando sotto la pelle, in due dosi, a distanza di 8-10 giorni, una piccola quantità di emulsione bacillare (...). La pratica della vaccinazione, che ha avuto un larghissimo impiego negli eserciti combattenti per la prevenzione contro il tifo, il colera, può dirsi ormai entrata nell’uso comune e con risultati incoraggianti (...). Il non aver previsto il pericolo dell’influenza ha impedito che si potesse anche per questa grave infezione applicare la provvidenziale profilassi vaccinale (...)».