Tragedia in montagna

«La vittima conosceva bene la Via Alta»

Così Mattia Soldati, portavoce della Società escursionista verzaschese, sul drammatico incidente avvenuto martedì in zona Scíma do Picóll, in territorio di Lavertezzo e costato la vita a un 60.enne del Bellinzonese
©Carlo Reguzzi
Jona Mantovan
24.07.2024 20:28

Montagna fatale, per la seconda volta in pochi giorni. Martedì poco dopo mezzogiorno, infatti, un 60.enne del Bellinzonese - esperto di escursioni ad alta quota - è morto in un incidente avvenuto in Verzasca, vittima di una caduta di un centinaio di metri in zona Scíma do Picóll, lungo la Via Alta, tra la capanna Borgna e quella di Cornavosa, in territorio di Lavertezzo (frazione del Comune di Verzasca). Contattato dal Corriere del Ticino, Mattia Soldati, responsabile sentieri della Società escursionistica verzaschese, conferma che le 17 persone del gruppo del quale faceva parte l’uomo sono rientrate e hanno interrotto il percorso organizzato dalla società. «Aveva già partecipato a questa lunga escursione almeno due o tre volte».

Un percorso impegnativo

Una prova fisicamente impegnativa, con tracciati che arrivano fino al grado di difficoltà massimo (il «T6» nella scala del Club alpino svizzero). «Ci si devono aspettare brevi passaggi di arrampicata, spesso e volentieri assicurati sul posto con corde o scalini, dove si ritiene necessario». Ma non parrebbe questo il caso: «Qualcuno mi ha riferito che le difficoltà maggiori erano alle spalle. È stata proprio una fatalità, poteva succedere a chiunque».

La grande camminata, che si svolgelungo le vette che separano la Valle Verzasca dalla Valle Leventina e dalla Riviera, era stata organizzata dalla società e aperta a chiunque, senza limiti di età. «A patto di essere allenati e preparati e di sapere a cosa si va incontro, facendo anche tutti i controlli del caso prima di compiere il primo passo», precisa il nostro interlocutore. Ma a 60 anni è ancora possibile cimentarsi in un’impresa del genere? Secondo Soldati, è un problema che nemmeno si pone: «Abbiamo vari iscritti attorno a quell’età. Anzi, posso dire che può capitare che siano più allenati dei trentenni», esclama.

«Il momento migliore»

Gli operatori del Soccorso alpino svizzero e della Rega, insieme alla polizia, una volta sul posto non hanno potuto far altro che constatare il decesso e recuperare il corpo. «Magari non ci si conosce, io non lo conoscevo, ma durante il cammino si creano dei legami», dice Soldati. Da qui anche la necessità di fornire un sostegno psicologico alle persone che erano con la vittima. «Eppure, è proprio il momento dell’anno migliore per questo genere di attività. Le giornate sono lunghe, c’è il sole e non c’è neve», conclude Soldati.

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