Dopo il voto

L'acquisto dello stabile EFG spazzato via, il mattone non è la priorità

Samantha Bourgoin (Verdi): «Il terzo potere dello Stato ha altre urgenze» – Sergio Morisoli (UDC): «Il voto dimostra che il referendum finanziario è uno strumento utile»
©Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
09.06.2024 23:00

La ristrutturazione dell’attuale Palazzo di Giustizia a Lugano dovrà attendere. Con il 59,5% di no, il popolo ticinese ha infatti bocciato l’acquisto dello stabile EFG per insediarvi la «cittadella della giustizia».

Il credito da 76 milioni di franchi - approvato a febbraio dalla maggioranza del Gran Consiglio ma sottoposto a referendum finanziario obbligatorio - è passato solamente in 7 Comuni su 106 (Canobbio, Collina d’oro, Cureglia, Neggio, Origlio, Paradiso e Sorengo). Da notare che anche la maggioranza di Lugano (52,5%) si è opposta all’acquisto, smentendo la posizione del Municipio che, in due occasioni, si era espresso a favore del progetto.

Costi e approfondimenti

«La popolazione ha capito che la giustizia non è un affare di mattoni», ha commentato soddisfatta Samantha Bourgoin (Verdi) del comitato contrario. Secondo Bourgoin, «prima di decidere un acquisto di questo genere è infatti fondamentale capire come cambierà la giustizia ticinese con il processo di digitalizzazione previsto nei prossimi anni a livello federale». Secondo la co-coordinatrice dei Verdi, inoltre, la popolazione ticinese ha recepito che la giustizia ticinese oggi ha altre priorità, «ovvero una serie di riforme pendenti, interne, che toccano l’organizzazione e il funzionamento». Non da ultimo, anche i costi complessivi dell’operazione, secondo Bourgoin, hanno influito sul voto. «A fronte di un finanziamento complessivo di oltre 250 milioni, sono mancati i necessari approfondimenti, senza i quali il popolo ha optato per la cautela».

Parola al popolo

«Il referendum finanziario obbligatorio - per il quale abbiamo raccolto le firme nel 2017 - si è dimostrato utile», ha esordito dal canto suo Sergio Morisoli (UDC), anch’egli del comitato contrario. In generale, Morisoli ha sottolineato la schiacciante vittoria del no in quasi tutti i Comuni ticinesi: «Il risultato va oltre le aspettative. La concentrazione degli interessi nella regione di Lugano faceva pensare a un altro esisto. Il voto odierno, invece, mostra l’importanza del referendum finanziario obbligatorio». Trattandosi di un dossier strategico, secondo Morisoli, era infatti fondamentale coinvolgere il popolo, «che in ultima istanza è chiamato a pagare questo investimento». Anche secondo Morisoli, dunque, l’aspetto finanziario è stato decisivo per il risultato finale: «In questo momento di difficoltà, presentare un progetto simile è stato inopportuno. Si è atteso molto, troppo, ed è arrivato quando non doveva arrivare».

Senza un piano B

Archiviato il voto, però, il problema rimane. La ristrutturazione dello stabile non può attendere ancora anni. «Ciò che sorprende di più, vista la tempistica con cui ci siamo avvicinati al voto, è l’assenza di un piano B», commenta ancora Morisoli, il quale aggiunge: «Si è voluto procedere ottusamente su questo progetto». Secondo Morisoli, tuttavia, la situazione non va neppure drammatizzata: «A Lugano, spazi alternativi per soluzioni intermedie in affitto, ci sono. A mente fredda, le soluzioni verranno trovate, non da ultimo anche quella di andare a trattare nuovamente l’acquisto dello stabile EFG a un prezzo più basso». A suo tempo, Verdi e UDC in Parlamento si erano mossi in questa direzione con due emendamenti che chiedevano di abbassare il prezzo. «Oggi sappiamo che cosa il popolo ticinese non è disposto a pagare», sottolinea Morisoli. «In Parlamento, l’emendamento proponeva 66 milioni. Alla luce del voto odierno, però, credo che sopra i 60 milioni non si potrà più andare». Come già affermato da Bourgoin, anche secondo Morisoli però le priorità ora devono essere altre. «Prima di mettere a posto gli stabili, il direttore del DI deve mettere a posto la giustizia». Secondo il capogruppo UDC, l’accento non va posto sull’involucro ma sul suo contenuto. «Occorre togliere il terzo potere da quel limbo in cui si trova, non per colpa della giustizia». In particolare, il riferimento di Morisoli va al progetto Giustizia 2018: «Sono passati sei anni e non abbiamo visto ancora nulla». Una posizione che torna anche nelle riflessioni del presidente del Centro, Fiorenzo Dadò: «Oggi il popolo ha detto che la Giustizia è molto importante, ma che le priorità non sono queste. Di questo dovrebbe rendersi conto anche chi politicamente ha in mano il dossier, ossia il capo del DI Norman Gobbi».

«Occasione persa»

Chi invece parla di «occasione persa» è il PLR: «Per la giustizia ticinese è una brusca frenata nei suoi processi di riorganizzazione logistica e operativa». Il mancato acquisto dello stabile EFG a Lugano per la nuova cittadella della giustizia si rivelerà, secondo il PLR, la classica occasione persa. «Ora tocca al DI e al fronte dei contrari proporre soluzioni praticabili e concrete a corto termine. La nostra giustizia merita spazi adeguati e attende soluzioni concrete e percorribili da troppo tempo». Dal canto suo, la Lega dei Ticinesi ha commentato così: «Il voto significa che, per il Parlamento (che ha aderito al referendum obbligatorio) e il Popolo, la Giustizia cantonale non è meritevole di questi investimenti e spese. Il messaggio è quindi chiaro: meno entrate meno uscite».

«Le riforme pendenti dovranno essere a costo zero»

«Dopo oltre trent’anni di discussioni e dibattito politico, il voto dimostra che né il popolo, né il Parlamento (che ha votato il referendum obbligatorio) considerano questi investimenti a favore della Giustizia una priorità», ha commentato il direttore del Dipartimento delle istituzioni (DI), Norman Gobbi. «Ne prendo atto serenamente. Se il popolo ha deciso così, significa che la Giustizia versa in buone condizioni». Con quali conseguenze quindi sulle riforme pendenti? «A questo punto, le riforme nell’ambito della Giustizia dovranno essere a costo zero. Chi reclama più risorse, dovrà riconoscere l’esito del voto». Del resto, prosegue Gobbi, «oggi il popolo ha deciso di non spendere, e questo è un chiaro segnale anche per le risorse umane, che peraltro non sapremmo dove collocare». Più in generale, per quanto concerne la ristrutturazione dell’attuale Palazzo di giustizia, secondo Gobbi «la soluzione, nonostante qualcuno ritenga che sia a portata di mano, non sarà tanto immediata». E ancora: «Soluzioni gratis non esistono. Già oggi siamo confrontati con problemi di spazio, che ci obbligano a cercare soluzioni puntuali, per nulla gratis». Sulle critiche legate all’assenza di un piano B, il direttore del DI ha tagliato corto: «Sono state analizzate e sottoposte al giudizio della Commissione diverse soluzioni. Siamo arrivati a questa proposta, ritenuto che fosse la migliore e che, anche per volontà del Parlamento, l’opzione dell’affitto non era ritenuta strategica». Da ultimo, il direttore del DI non ha nascosto che i litigi e le frizioni all’interno della Magistratura possono aver influito sul voto finale. «Queste polemiche hanno sempre un riflesso sulla popolazione».

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