L'Alberto Giacometti più intimo
«Carissimo Babbo...». È un Alberto Giacometti più intimo ma anche a tratti sorprendente quello che potranno scoprire i lettori de Il tempo passa troppo presto, il libro che Casagrande editore dedica al celebre scultore bregagliotto nato nel 1901 che visse a Parigi e morì nel 1966 a Coira. Intimo perché per tutta la vita, Alberto Giacometti, come si scopre nel libro, non ha mai smesso di scrivere settimanalmente alla famiglia, in val Bregaglia. Lettere in cui l’artista raccontava le sue giornate, le sue frequentazioni, le difficoltà e i progressi della sua ricerca artistica. Dai tempi del collegio all’arrivo a Parigi, dagli incontri con le avanguardie alle grandi mostre internazionali degli ultimi anni, le lettere di Giacometti raccontano in presa diretta una delle più interessanti e affascinanti avventure artistiche del Novecento.
Perché, anche se sullo scultore della valle Bregaglia si è sempre scritto molto fin dagli anni Trenta a opera ad esempio dei maggiori autori francesi del Novecento - come ha fatto Jean-Paul Sartre con il saggio del 1948 intitolato La ricerca dell’assoluto - e a Giacometti sono stati dedicati una moltitudine di articoli, testimonianze, biografie e cataloghi, in realtà molto sembra ancora da scoprire.
A familiari «del mestiere»
Un molto più intimo, si diceva. Perché scrivendo prima dal collegio di Schiers, poi dai suoi viaggi in Italia e da Parigi - con la parentesi di Ginevra durante la Seconda guerra mondiale -, Alberto si rivolge sì ai propri familiari, con la spontaneità e l’immediatezza che questo comporta, ma a familiari «del mestiere», con una notevole cultura artistica. Il padre Giovanni, infatti, era già all’epoca - e rimane tutt’oggi - un pittore molto apprezzato, mentre i fratelli si faranno conoscere nel campo delle arti applicate e dell’architettura.
Lettera dopo lettera, il lettore assiste così in presa diretta agli entusiasmi e ai momenti di difficoltà del giovane artista in cerca della propria strada, agli incontri decisivi, alle improvvise accelerazioni della sua carriera in quel centro mondiale dell’arte che era allora Parigi, alla sua continua insoddisfazione unita però alla fiducia, che riaffiora regolarmente, di essere vicino a un nuovo possibile sviluppo della propria arte e a una visione ancora più pura. E tutto questo in una specie di inesausta corsa contro il tempo perché, come Alberto ripete quasi ossessivamente, «il tempo passa troppo presto».
Particolarmente preziose sono le notizie sugli anni di formazione e sul primo soggiorno parigino, perché in quella fase le altre fonti sono lacunose o tacciono del tutto. E così possibile leggere gli scambi tra l’artista esordiente e il padre già affermato, gli aggiornamenti sulle opere in corso e gli accenni ai primi timidi riconoscimenti, seguiti da un repentino successo, quando in pochi giorni Alberto si ritrova consacrato come uno dei più importanti artisti d’avanguardia.
Il primo capitolo
La Fondazione Alberto Giacometti di Zurigo (Alberto Giacometti Stiftung) desiderava da tempo che questo prezioso materiale sulla vita e l’opera dell’artista (un corpus di circa millecinquecento lettere scritte dal 1916 al 1964) fosse pubblicato e studiato a dovere, ma il progetto, nel concreto, ha preso forma solo nel 2003 con l’accorpamento del lascito di Annette e Alberto Giacometti, grazie al quale le lettere dei genitori sono state rese accessibili presso la Fondation Giacometti di Parigi.
E oggi anche grazie agli sforzi congiunti della Fondation Giacometti, dell’Istituto svizzero di studi d’arte sik-isea e della famiglia Berthoud, questa monumentale impresa sta per giungere a compimento. Perché il volume edito da Casagrande segna l’avvio delle pubblicazioni con una prima selezione di lettere.