La mostra

L’architettura sonora che influenza la nostra percezione

Dal 2 Dicembre al 20 Gennaio 2022 l’Istituto Svizzero presenta a Milano la mostra «Talking Measures or How to Lose Track» degli artisti svizzeri Li Tavor e Nicolas Buzzi – Sviluppata appositamente per gli spazi espositivi, i due artisti presentano un’installazione immersiva che connette musica, suono e architettura – AUDIO
Li Tavor e Nicolas Buzzi, Talking Measures or How to Lose Track, veduta dell'allestimento, Istituto Svizzero, Milano, 2021. © Giulio Boem
Giorgia Cimma Sommaruga
11.12.2021 17:04

Li Tavor e Nicolas Buzzi coltivano l’interesse per l’arte in generale e condividono quello per la musica, il suono e l’architettura. Il loro progetto è stato sviluppato appositamente per gli spazi espositivi dell’Istituto Svizzero a Milano, e rende sperimentabili per i visitatori le connessioni tra suono, architettura e il corpo che si muove al suo interno. «La mostra è concepita attraverso un approccio interdisciplinare che sviluppa un’alchimia di suoni, installazioni e creazioni sonore: si tratta di un’installazione musicale alla ricerca del significato odierno della molteplicità dei modi possibili di relazionarsi», racconta Li Tavor. Il lavoro si occupa della relazione tra spazio e corpo e dei confini fluidi della percezione in relazione a sistemi metrici universalmente definiti. «Mentre spesso ci troviamo in situazioni in cui le relazioni diventano tangibili e reali attraverso misure standardizzate e il loro significato sociale, l’installazione cerca di incoraggiare altre linee di orientamento meno efficienti o solide», spiega Nicolas Buzzi. Trattando la musica, il suono e le onde sonore come entità fisiche, generatrici di spazio, i due artisti creano una rete di relazioni spaziali che il corpo, il nostro corpo di spettatrici e spettatori, può seguire o perdere di vista. Entrando nell’Istituto Svizzero siamo circondati da uno spazio acustico definito, creato da otto voci, che suonano dagli angoli dello spazio. Mentre le posizioni delle otto fonti sonore definiscono e misurano lo spazio fisico reale, le voci umane che ascoltiamo lo dissolvono di nuovo, creando un secondo spazio, molto personale, e stabilendo così una vicinanza intuitiva. Come ci spiegano i due artisti, questo tipo di ambiguità è incrementata dalla presenza di diversi oggetti con ruoli assegnati: questi o producono, o riflettono, o bloccano il suono, mentre a volte viene data loro una combinazione. Attraverso le prospettive mutevoli dei corpi delle visitatrici e dei visitatori, la funzionalità dei ruoli degli oggetti e il loro significato rappresentativo, che viene comunicato attraverso il loro aspetto, rivelano l’identità ambigua degli oggetti.

Sia il suono sia l’architettura creano spazi, per cui spazio sonoro e spazio architettonico si sovrappongono e si condizionano reciprocamente.

Corpo e musica uguale suono
Il suono e la musica, infatti, sono sempre in relazione con il carattere spaziale dell’architettura e con me, con noi, con il nostro corpo che percepisce. Entriamo così in questo spazio sonoro, cioè uno spazio architettonico direttamente collegato allo spazio urbano della città mediante le grandi vetrate dell’edificio, risalente agli anni Cinquanta. Il nostro movimento modifica la percezione. «L’esperienza spaziale soggettiva di Talking Measures or How to Lose Track può subire un sottile slittamento, possiamo modificare l’evento sonoro, forse addirittura controllarlo. In questo processo, gli oggetti nello spazio si mostrano in parte ambivalenti, per cui l’immagine che cattura il nostro occhio non corrisponde necessariamente al suono che cattura il nostro orecchio: dal grande e lucido subwoofer fuoriescono frequenze alte e non, come ci si aspetterebbe, toni bassi, e l’antenna satellitare capta e concentra non segnali ma suoni, funzionando al tempo stesso come un oggetto che dà a sua volta un segnale–simile, in questo, all’antenna televisiva sulla Guild House, realizzata da Robert Venturi e Denise Scott Brown a Filadelfia nel 1964», ci spiega Gioia Dal Molin, curatrice della mostra.

«Mentre i nove altoparlanti, in quanto sorgenti sonore, delimitano lo spazio a livello visivo e acustico, le voci moltiplicate di Li Tavor rimbalzano da questi, generando a loro volta un altro spazio–uno spazio personale–in cui si crea una vicinanza, poiché la nostra percezione è fortemente orientata alla voce umana. Diventiamo dunque parte dell’installazione», conclude la curatrice.

Con Talking Measures or How to Lose Track Li Tavore Nicolas Buzzi ci suggeriscono che il modo in cui ascoltiamo qualcosa è sempre connotato culturalmente e socialmente, quindi ha anche una sua dimensione politica. Il suono può abitare direttamente nel mio orecchio, ma sta a me forse dubitare, ascoltare con più cura, cambiare la mia visuale. E può darsi che proprio in quell’attimo di disorientamento mi capiti di sentire suoni nuovi.

Conosciamo i due artisti

Li Tavor è nata a Basilea Città nel 1983 e attualmente vive e lavora a Zurigo. È architetta, musicista e compositrice. La sua pratica include design, composizioni per ensemble, teatro e film, performance e installazione. Insieme ad Alessandro Bosshard, Matthewvan derPloeg e Ani Vihervaara, è stata selezionata nel 2017 dalla Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia per curare il padiglione svizzero alla 16esima Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, ricevendo il Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale con la mostra Svizzera 240: HouseTour.

Nicolas Buzzi è nato a Berna nel 1987 e attualmente vive e lavora a Zurigo e Francoforte. La pratica di Nicolas Buzzi include composizioni per ensemble, soliste, installazioni musicali, performance, suono e musica per opera, teatro e film, creazione di strumenti, mediazione e direzione del suono.