«Lasciate in pace gli uccelli alla foce del fiume Tresa»
Un paradiso faunistico italiano, a un passo dal Ticino, è in pericolo. La foce della Tresa è un punto di sosta fondamentale per numerose specie di uccelli, anche rari, durante le loro migrazioni. Il problema più grande che quest’area sta vivendo, in particolare su in isolotto in territorio di Germignaga, arriva dall’uomo e dalla sua scarsa considerazione verso quello che è ritenuto un paradiso faunistico.
«L’area è purtroppo, da qualche anno, ormai collegata alla terraferma da un sempre più consistente accumulo di materiale sedimentario trasportato dalla Tresa – spiega Marco Fazio, vicepresidente e assessore alla cultura di Comunità Montana Valli del Verbano – e ciò porta a un incremento della presenza dell’uomo, specialmente nel periodo estivo, con una maggiore possibilità di disturbo delle specie presenti. Si tenga presente che questa zona è spesso utilizzata anche dai proprietari di cani per permettere agli animali di muoversi in libertà. L’area inoltre, d’estate, viene usata in modo improprio come spiaggia».
Basta fare un giro a Germignaga per imbattersi in lattine vuote e immondizia abbandonate in un angolo di territorio che, anche senza binocoli, mostra la bellezza degli uccelli che vi stazionano. Non serve il solerte lavoro dei volontari intenti a ripulire l’area, se non si educano i passanti. «Il problema sono i cani – ci racconta una signora col marito –, superano la cancellata sotto gli occhi divertiti dei padroni e spaventano gli uccelli». Eppure l’area è importante per l’avifauna che usa il lago Maggiore come corridoio ecologico durante le migrazioni primaverili e autunnali. Sono state osservate, negli anni, specie acquatiche che arrivano addirittura dalla Siberia, dalla Groenlandia e dalla Scandinavia, e da tutto il centro e nord Europa: qui trovano un piccolissimo ambiente in cui sostare per alimentarsi nel corso dei loro viaggi di migliaia di chilometri. «Le faccio un esempio – ci ragguaglia Fabio Saporetti del Gruppo Insubrico di Ornitologia -, quello del falaropo beccolargo: in Europa nidifica una piccola popolazione alle Svalbard ed in Islanda e, al di fuori del periodo riproduttivo, è una specie che sverna nelle acque africane dell’Atlantico. Nel maggio del 2019 un esemplare, evidentemente finito fuori rotta a causa di qualche perturbazione, ha sostato un paio di giorni alla foce. Sono decine le specie che approfittano di questa minuscola zona per riposarsi. Se fosse tutelata, le potenzialità sarebbero maggiori».
La Comunità Montana Valli del Verbano è nota per l’interesse verso quest’area tanto da promuovere, tra le altre cose, l’installazione di una struttura didattica con pannelli che illustrano la presenza della fauna selvatica. Basterà? «Stiamo lavorando per cercare di arrivare a un intervento sulla foce – spiega Marco Fazio – che permetta da un lato di ridurre in parte l’accumulo, anche in un’ottica di riduzione del rischio idrogeologico, e dall’altro di isolare l’area d’interesse naturalistico, in modo da impedire l’accesso».
La «flyway» del Verbano
Ampliando lo sguardo, va ricordato come tutto il territorio del Verbano sia interessato delle migrazioni di uccelli. Come spiegato nel libro Uccelli del Lago Maggiore – pubblicato l’anno scorso su iniziativa di Ficedula, Gruppo Insubrico di Ornitologia e Fondazione Bolle di Magadino e a cura di Monica Carabella, Roberto Aletti, Walter Guenzani, Roberto Lardelli, Alison Parnel, Nicola Patocchi, Federico Pianezza, Fabio Saporetti e Chiara Scandolara – il Verbano è una «grossa arteria di scorrimento veloce» in ambedue i sensi di marcia. Una sorta di autostrada. E come in autostrada, è importante avere delle buone aree di sosta. Le loro funzionalità sono materia di uno studio in corso nell’area delle Bolle di Magadino, una delle otto dove le osservazioni sono più proficue e interessanti (le altre sono il delta della Maggia, la già citata foce della Tresa, le Sabbie d’Oro, il golfo della Quassa, la palude Brischera, i canneti di Dormelletto e il Fondo Toce).
Una buona area di sosta deve permettere agli uccelli di nutrirsi abbondantemente prima di ripartire. Deve quindi esserci cibo in grandi quantità e disponibile immediatamente, visti i pochi giorni di permanenza dei volatili. E chiaramente un ambiente che permetta loro di rifocillarsi in tranquillità, senza le interferenze dell’uomo.