L’aspetto esteriore può aiutarci a capire come siamo dentro?

La morfopsicologia studia la relazione tra la forma del volto e la personalità. Si fonda sulla percezione delle corrispondenze esistenti ovunque in natura, vuole cogliere il senso nascosto e i grandi principi presenti in ogni forma, comuni a tutti gli esseri umani ma anche unici e particolari per ognuno di noi. Andiamo a conoscerla.
La morfopsicologia si fonda sulla percezione delle corrispondenze esistenti ovunque in natura, vuole cogliere il senso nascosto e i grandi principi presenti in ogni forma, comuni a tutti gli esseri umani ma anche unici e particolari per ognuno di noi. Si colloca tra le discipline definite olistiche, che considerano la realtà globalmente, come il prodotto di una complessa e reciproca interazione tra le parti. La parola greca «olos» significa infatti totalità.
È il volto la prima cosa che ci appare dell’altro e che immediatamente suscita in noi una prima impressione, la quale è sempre notevolmente soggettiva. In una società che non può prescindere dalla comunicazione mediatica l’immagine fotografica della persona è un elemento che è diventato essenziale. In occasione delle recenti elezioni comunali abbiamo visto e ascoltato i candidati che si sono presentati al pubblico: nel valutarli si è davvero tenuto conto esclusivamente dei loro programmi o siamo stati influenzati anche dal loro aspetto?


Strumento di conoscenza
La morfopsicologia può essere uno strumento di conoscenza di noi stessi e del prossimo, può aiutarci ad accettare comportamenti dei nostri simili che altrimenti ci risulterebbero totalmente estranei o privi di senso. Ha diversi campi di applicazione: non di rado se ne tiene conto nelle assunzioni, in campo pedagogico o come orientamento professionale. Eppure rimane una disciplina controversa perché i suoi postulati non sono verificati. Di conseguenza, attualmente viene considerata come una pseudoscienza.
Fra detrattori e pregiudizi
Ma come ci si può affidare a una disciplina che non è oggetto di alcuna statistica, come i dicono i suoi detrattori? Il rifiuto da parte di parecchie persone è più profondo e va ben oltre queste considerazioni. Sarebbe giustificato se non si fondasse su un’immagine errata: la morfopsicologia viene vista come una pratica che fornisce sentenze definitive – anche di tipo etico – tenendo conto di pochi, minimi dettagli.
Si tratta però di un pregiudizio perché la moderna morfopsicologia non è niente di tutto questo. Uno dei suoi comandamenti è infatti di astenersi in modo assoluto dal dare giudizi o valutazioni che potrebbero influenzare negativamente una persona. Con sensibilità e rispetto il morfopsicologo propone le sue osservazioni tenendo conto della realtà e verificandole in base alla stessa, vuole conoscere l’altro per capirlo meglio, si limita a indicare, qualora fossero richieste, ipotesi di percorso per un certo tipo di personalità o per settori nei quali un soggetto potrebbe esprimersi al meglio in base alle sue caratteristiche.


Non è la fisiognomica dell’800
Si tende ancora a identificare la morfopsicologia con la vecchia concezione della fisiognomica ottocentesca che nella scia del dogmatismo positivista emetteva sentenze perentorie sentenze e diagnosi senza appello. Si veda a questo proposito il CorrierePiù del 16 gennaio 2021, con intervista a Renato Martinoni. Vi si narra la vicenda di un ragazzino problematico per il quale sul finire dell’800 il sindaco di Minusio si rivolgeva al celebre Cesare Lombroso, che nei suoi libri, oggi ampiamente superati, sosteneva di individuare esattamente i tratti somatici del delinquente esaminando un viso sul quale erano impressi. Su questo ignaro ragazzino Cesare Lombroso si profuse in impressionanti previsioni catastrofiche, in seguito del tutto sconfessate dalla realtà.
Il pioniere Jean Lavater
Il pioniere della morfopsicologia fu lo svizzero Jean Lavater nel 1778 e dai tempi di Lombroso la disciplina si è del tutto trasformata, in gran parte grazie allo psichiatra Louis Corman, scomparso nel 1995, fondatore della «Societé française de morphopsychologie». Corman ne fece una moderna scienza dinamica, cancellando la rigidità della vecchia fisiognomica.
Corman scoprì le principali leggi della dilatazione e della ritrazione che ponevano in relazione dialettica la forma del viso e la nostra psiche, tenne conto del patrimonio genetico e mise al centro del discorso le modificazioni impresse dalla relazione con l’ambiente.


L’osservazione dei dettagli
Per esaminare un soggetto il morfopsicologo esamina dapprima le dimensioni del quadro osseo e muscolare del viso. Semplificando al massimo possiamo dire che una struttura larga segnalerà estroversione e forte contatto con l’ambiente, mentre una conformazione stretta sarà caratteristica di abilità difensive e sensibilità.
Una forte ritrazione laterale, che si evidenzia osservando il soggetto di profilo, sarà indice di dinamismo vitale e capacità di socializzare. Ci sono poi i recettori, ossia occhi, naso e bocca: a dipendenza delle loro svariate conformazioni assumono un certo tipo di valore, ma vanno sempre considerati in relazione con il quadro del viso.
Non dimentichiamo inoltre il principio che regge ogni lettura morfopsicologica, ovvero l’interdipendenza delle varie parti, poiché molto si gioca nel rapporto tra il quadro e i recettori, così che ogni elemento sarà sempre rapportato all’insieme.


La triplice struttura del volto
Essenziale è anche esaminare la triplice struttura del volto. Quella superiore, che comprende la fronte e gli occhi, corrisponde alla funzione del pensiero, riguarda la nostra comprensione razionale del mondo. Quella media, con gli zigomi e il naso, esprime la nostra percezione intuitiva, il mondo dell’affettività, dei sentimenti e dei valori.
Da parte sua il piano inferiore o istintivo, che comprende mascelle, bocca e mento, rimanda alla volontà, alle funzioni nutritive, all’inclinazione per la concretezza e la materialità.
Lo sviluppo dominante di una di queste tre parti potrà segnalare i campi in cui un soggetto potrebbe esprimersi o realizzarsi al meglio. Va anche considerato il linguaggio del corpo, come scrive Jean Spinetta nel suo fondamentale libro «Volto e personalità – Corso pratico di Morfopsicologia» (Edizioni Mediterranee, 2004). Si tratta di una lettura completa, affascinante e nel contempo accessibile.
Tutto parla di noi
Tutto parla di noi con precisione ed è indicativo. Il modo di camminare, aprire le porte o guidare, il modo in cui occupiamo lo spazio in un ambiente o un foglio di carta quando scriviamo indicano quali modalità utilizziamo per relazionarci con il prossimo. Il linguaggio del corpo mostra i blocchi e le tensioni che ci separano dal pulsare della vita, tutto quello che rende una persona unica corrisponde a una logica precisa che non è mai frutto del caso.
Trump e Biden alla lente del morfopsicologo
volti dei personaggi politici noti sono costantemente sotto i nostri occhi. Nell’edizione del 24 gennaio 2017 del Corriere del Ticino abbiamo ritrovato uno scritto che riguardava l’ex presidente statunitense Donald Trump. Ve lo riproponiamo.
«Trump sarà un leader potente ed aggressivo, il modo in cui il nuovo presidente USA guiderà il Paese, potrebbe essere scritto nelle caratteristiche del suo volto, poiché ha un viso mascolino, virile, dall’aspetto non giovanile e ampio, sarà probabilmente un leader dominante, potente e aggressivo. Con aspetti da non trascurare, come il fatto che una tale struttura facciale è legata anche a un comportamento non etico e allo sfruttamento della fiducia degli altri. Questo emerge da una ricerca della Cass Business School che dice: “Donald Trump ha un volto mascolino, più vecchio dall’aspetto e con un elevato rapporto tra larghezza e altezza. In particolare, coloro che hanno quest’ultima caratteristica hanno maggiori probabilità di essere più aggressivi, dominanti e potenti”. Per Oguz Ali Acar, della Cass Business School, problemi di fiducia connessi a questa caratteristica facciale possono inibire la formazione di rapporti di cooperazione».

La parola all’esperto
Incuriositi da queste parole, abbiamo chiesto a Roberto Benvenuti, docente di morfopsicologia presso l’Istituto di medicina naturale e naturopatia Omeonatura che ha sede a Chiasso, di fornirci una lettura del volto di Donald Trump e del nuovo presidente americano Joe Biden.
Benvenuti esordisce con queste considerazioni: «Due visi, due predisposizioni, due caratteri, due scopi differenti. Le due principali tipologie presenti nella morfopsicologia di Louis Corman sono il “dilatato” e il “retratto”. La prima è più legata all’infanzia, la seconda alla maturità. È molto evidente quanto il viso di Trump sia ancora in gran parte collegato con la prima parte della vita, alla dilatazione dell’infanzia, mentre quello di Biden è molto più vicino alla vecchiaia, quindi alla retrazione, all’interiorizzazione, come è giusto sia, vista la sua età».


Il ritratto di Donald Trump
Roberto Benvenuti in seguito entra maggiormente nei dettagli, a proposito del penultimo presidente degli Stati Uniti: «Per essere più precisi, la tipologia morfopsicologica di Trump è quella che lo stesso Corman ha definito come “concentrato” e che chiamava anche “bulldozer”. Il concentrato è una persona che “tira dritto per la sua strada“ e difficilmente cambia idea. È tendenzialmente egocentrico ma in senso narcisistico, proprio come i bambini (basti pensare alla sua piccola guerra psicologica con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un).
I recettori sono piccoli (occhi, naso, bocca) e ciò permette di dosare bene le energie a disposizione; sono come dei piccoli rubinetti per una cisterna molto grande (l’intero quadro del viso). L’orecchio, molto arretrato nel viso visto di profilo, ci dice che la sua parte inconscia è estremamente piccola, quindi in pratica è molto sincero, nel senso che non è proprio del tutto cosciente di quello che sta facendo e di dove condurranno le sue azioni. Sentiremo ancora parlare di lui, non si fermerà per nulla al mondo, a meno che non riesca a trovare un giocattolo più interessante dell’America o del pianeta Terra con cui giocare».


Il volto di Biden dice l’opposto
Roberto Benvenuti passa poi al nuovo inquilino della Casa Bianca: «Il viso di Joe Biden è esattamente l’opposto rispetto a quello di Donald Trump. Biden è il tipico “retratto frontale”, con una buona capacità di controllo e di concentrazione mentale, confermata dai suoi occhi molto piccoli sovrastati da una fronte ampia e spaziosa. Si tratta di una persona che deve tenere tutto sotto controllo; il naso arcuato conferma queste capacità, a confronto di quello molto più infantile di Trump. Gli occhi molto piccoli, il naso arcuato, la bocca trattenuta soprattutto quando il labbro superiore è retratto e quasi inesistente – vedi il viso di profilo: a questo proposito Giulio Andreotti docet – parlano di volontà di potere».
Benvenuti, sempre a proposito di Biden, afferma: «Con il tempo vedremo se Biden questo potere lo eserciterà su sé stesso, com’è giusto che sia, oppure se si lascerà prendere la mano e cercherà di esercitarlo sul popolo americano. In questo secondo caso non sarà per niente una situazione piacevole e i cittadini statunitensi potrebbero rimpiangere i modi un po’ brutali ma sinceri di Trump e ancora di più quelli gentili e accomodanti di Barack Obama, che da buon “reagente” si comportava come un adolescente, sempre alla ricerca di nuove possibilità all’insegna del “se ci credi, tutto è possibile”. Comunque, sarà il futuro a dirci come andranno le cose con Biden».