L'attrice Taraneh Alidoosti fuori dal carcere dopo 18 giorni
Taraneh Alidoosti, una delle più note attrici iraniane, è stata rilasciata su cauzione e ha lasciato il carcere di Evin. Lo ha annunciato Iran International. Su Twitter circolano alcune immagini che la ritraggono con dei fiori in mano, prima senza hijab, poi con il capo coperto in una foto di gruppo.
Taraneh Alidoosti, una delle più note attrici iraniane (Oscar 2017 al miglior film straniero The Client di Asghar Farhadi), era stata arrestata lo scorso 17 dicembre dalle forze di sicurezza dopo avere criticato sui social media l’esecuzione del primo condannato a morte per le proteste in corso nel Paese. L'attrice, stando all'agenzia di stampa Tasnim, era stata accusata di «diffondere informazioni false e di sostenere circoli contro-rivoluzionari», come pure di avere «pubblicato contenuti falsi e distorti e incitato al caos», oltre che di avere infranto il rigido codice di abbigliamento femminile della Repubblica islamica.
Alidoosti si era schierata con i manifestanti e con le donne iraniane sin dai primi giorni delle proteste scoppiate il 16 settembre, quando Mahsa Amini, 22 anni, originaria del Kurdistan iraniano, è morta a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non avere indossato correttamente il velo islamico come prescritto dalle leggi iraniane. Ha pubblicato diversi post a favore delle manifestazioni e di denuncia contro la Repubblica islamica. Il 9 novembre aveva pure postato su Instagram una sua foto in cui non indossava il velo e reggeva un cartello con la scritta in curdo «Donna, vita, libertà». Il 5 novembre, pochi giorni prima, l'attrice aveva lanciato una coraggiosa sfida al regime: «Rimango e non ho intenzione di andarmene come si vocifera in giro. Non ho passaporto o residenza in nessun altro Paese se non l'Iran. Resterò, smetterò di lavorare, e sarò al fianco delle famiglie dei prigionieri e delle persone uccise ed esigerò il rispetto dei loro diritti. Combatterò per la mia casa. Pagherò qualsiasi prezzo per difendere i miei diritti e, soprattutto, credo in ciò che stiamo costruendo insieme oggi». Detto, fatto: era finita in manette.
Il mondo del cinema si era mobiliato per invocarne la liberazione. «Taraneh Alidoosti è una delle attrici più talentuose e acclamate dell'Iran. Spero che sia libera di continuare a rappresentare presto la forza del cinema iraniano», aveva twittato Cameron Bailey, a capo del Toronto International Film Festival. Il festival di Cannes ne aveva chiesto l'immediato rilascio: «È stata arrestata per il suo sostegno al movimento per la libertà nel suo Paese. Condanniamo fermamente questo arresto. In segno di solidarietà con la lotta pacifica che sta portando avanti per la libertà e i diritti delle donne, il Festival di Cannes le estende il suo pieno sostegno». Il Locarno Film Festival si era spinto anche oltre, schierandosi con il desiderio di libertà e autodeterminazione delle comunità iraniane: «La rivoluzione iraniana, pacifica e gioiosa, è aggredita con violenza estrema, odiosa, da un potere che non intende ragioni. La repressione si abbatte: bambini, donne, artisti, anziani. Adesso alla lista delle vittime si aggiunge anche il nome di Taraneh Alidoosti. Come luogo deputato alla libertà d'espressione e di parola, come festival cinematografico che ha sempre ascoltato le voci provenienti dal cinema iraniano, esprimiamo con fermezza il nostro sdegno contro questa violenza inaccettabile. Tacere significa essere complici». Anche la Berlinale, il Festival internazionale di Berlino, si era dichiarato «solidale con le donne e gli uomini che in Iran lottano per i loro diritti».
Nel frattempo, proprio questa mattina il leader supremo della rivoluzione islamica, l'ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha incontrato un gruppo di donne iraniane e delle élite femminili attive nelle aree scientifiche, sociali e culturali, in occasione della Festa della Mamma, che si celebra oggi in Iran. Ci vogliono più donne nei vari livelli politici e decisionali, ha dichiarato. E lo ha fatto presentando gli aspetti positivi di vivere nella Repubblica islamica, a differenza delle donne che vivono in Occidente che sono «sottoposte alla schiavitù e al traffico sessuale». Nel corso del suo intervento, Khamenei ha accusato l'Occidente di presentarsi come «portabandiera dei diritti delle donne», mentre in realtà «scaglia fendenti contro la loro dignità». «Al momento, in molti Paesi occidentali le donne ricevono salari inferiori rispetto agli uomini a parità di lavoro. Questo è un tipo di abuso».
La Guida Suprema, durante l'incontro con la rappresentanza femminile iraniana, è tornato sul tema dell'hijab che deve essere osservato, perché è una necessità religiosa. «È la Sharia e non ci sono dubbi sul suo obbligo», ha commentato, ricordando che le donne che non indossano il velo integrale non «sono contro la religione o la Rivoluzione islamica. Sono le nostre figlie», anche se «dovrebbero tuttavia essere corrette». Una donna dovrebbe dare priorità ai suoi doveri principali, che sono quelli di moglie e madre, rispetto alle attività sociali. «In Occidente non si vergognano nemmeno di legalizzare questioni come l'omosessualità, considerata "haram" (vietato dalla fede islamica, ndr.)». Negli scorsi giorni, il regime iraniano ha avviato la nuova fase del programma Nazer-1, che prevede l’invio di un «promemoria» via SMS a chi trasgredisce la regola dell'hijab all'interno dell'auto e al proprietario della macchina.