«L’attuale stabilità italiana per noi è un’opportunità»
L’ambasciatrice a Roma Monika Schmutz Kirgöz ha ricevuto ieri sera a Lugano il premio 2024 della Fondazione del Centenario della Banca della Svizzera italiana. Il riconoscimento le è stato conferito dal presidente della fondazione Eugenio Brianti, per il ruolo da lei svolto per rafforzare le relazioni e lo scambio culturale tra la Svizzera e l’Italia. L’abbiamo intervistata per un bilancio del suo mandato, che cesserà a fine anno.
Durante il suo mandato, l’Italia ha ratificato l’accordo fiscale sui frontalieri e tolto la Svizzera dalla black list delle persone fisiche. In questi tre anni e mezzo come sono cambiati i rapporti fra i due Paesi?
«Per la Svizzera, l’uscita dalla black list fiscale italiana e la ratifica da parte dell’Italia dell’accordo sulla fiscalità dei lavoratori frontalieri si traducono in un importante passo avanti nelle relazioni fiscali tra i due Paesi, poiché rappresentano nuovi traguardi importanti che vanno a sommarsi a quelli già raggiunti in questo ambito nel corso degli ultimi anni. La nuova intesa fiscale sui lavoratori frontalieri pone basi moderne e reciproche in questo ambito. Italia e Svizzera hanno altresì conosciuto un consolidamento delle relazioni economiche e della cooperazione in settori tecnici attraverso accordi specifici, quali l’accordo in materia di sviluppo delle infrastrutture ferroviarie, l’accordo concernente i servizi di trasporto regolari transfrontalieri regionali con autobus e un protocollo di modifica del vigente accordo sui frontalieri, che disciplina durevolmente l’imposizione del telelavoro per i lavoratori frontalieri».
Sul tappeto però resta la questione dell’accesso al mercato italiano dei servizi finanziari. Pensa che si giungerà a una soluzione bilaterale o che bisognerà attendere un accordo a livello europeo?
«L’accesso al mercato dell’UE per la piazza finanziaria svizzera, in generale, è sicuramente un tema importante e l’accesso al mercato italiano è una condizione particolarmente importante per la piazza bancaria ticinese. Un passo avanti è stato fatto ad agosto 2023 con la firma dell’Accordo di cooperazione transfrontaliera tra l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma), la Banca d’Italia e la CONSOB, ovvero l’autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari. L’accordo instaura un quadro formalizzato per la collaborazione e lo scambio di informazioni fra le tre autorità in relazione alla sorveglianza degli istituti finanziari».
Un anno or sono è stata rinnovata la collaborazione tra Italia e Svizzera nel servizio di trasporto pubblico sui laghi. Crede che questa intesa potrà migliorare la mobilità su alcuni assi stradali oggi molto sollecitati?
«L’intreccio tra l’Italia e la Svizzera è tale che anche i due laghi transfrontalieri sono un pilastro di questa intensa relazione. Proprio in merito ai due bacini italosvizzeri, il Lago Maggiore e il Lago Ceresio, ho avuto modo di evidenziare lo scorso settembre, durante un convegno sulla navigazione nei laghi transfrontalieri tenutosi a Lugano, l’importanza dell’accordo esistente in materia, che ha rinnovato e prolungato di oltre 20 anni l’intesa tra Italia e Svizzera nel servizio di trasporto pubblico in questo ambito. Attualmente, sia sul Maggiore che sul Ceresio il servizio è principalmente incentrato sul trasporto turistico stagionale, ma un potenziamento dei collegamenti di linea potrebbe in alcuni casi costituire un’alternativa al traffico stradale motorizzato nelle regioni di confine. Stiamo infatti creando nuove opportunità che vanno colte».
In quali ambiti si può rafforzare la collaborazione tra i due Paesi?
«Valutando i molteplici ambiti di cooperazione tra Italia e Svizzera si avverte un elemento che ricorre in ogni settore: la burocrazia. Credo che per incentivare ulteriormente la collaborazione economica, gli investimenti privati, i partenariati in ambito culturale o accademico sia necessario istituire un quadro normativo e meno burocratico, efficace e facilmente accessibile alle aziende, alle associazioni e ai privati cittadini dei due Paesi».
Che cosa cambia, se cambia, nei rapporti tra Svizzera e Italia con il variare dei governi (e delle maggioranze) di Roma?
«In generale, i rapporti tra Svizzera e Italia rimangono stabili e costruttivi, indipendentemente dai cambiamenti di Governo a Roma. Ciò è dovuto probabilmente all’importanza reciproca e all’interdipendenza dei due Paesi come partner economici, alla volontà di cooperare su questioni transfrontaliere e alla naturale vicinanza sociale e culturale delle due popolazioni. Inoltre, la stabilità offerta dall’attuale Governo rappresenta per la Svizzera un’ottima opportunità di collaborazione: in questo modo è possibile pianificare sul lungo termine progetti che richiedono ingenti risorse finanziare, come per esempio quelli legati al potenziamento delle infrastrutture del trasporto ferroviario».
In Italia ci sono una donna alla presidenza del consiglio e un’altra alla guida dell’opposizione. Un caso o un segnale di cambiamento?
«Per la prima volta, in occasione delle elezioni europee, più della metà dell’elettorato italiano ha espresso il proprio sostegno a partiti guidati da donne. Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia e Elly Schlein alla guida del Partito Democratico hanno ottenuto un successo elettorale tale da rappresentare una svolta per un Paese tradizionalmente caratterizzato da una leadership politica prevalentemente maschile e di età avanzata. Ora, invece, troviamo due figure femminili relativamente giovani al timone dei principali partiti di governo e opposizione. Meloni e Schlein, pur proponendo visioni politiche diverse, incarnano un cambio generazionale e di genere nella politica italiana».
Il Ticino come «ponte» tra Svizzera e Italia: vero, falso, possibile?
«Il Canton Ticino, in virtù della sua peculiare posizione geografica e del lungo confine condiviso con l’Italia, è tradizionalmente la “porta a Sud” della Confederazione e naturalmente un punto di collegamento tra i due Paesi. Inoltre, la vicinanza linguistica e culturale rafforza questa posizione, a tal punto che talvolta è percepito come mediatore culturale naturale tra Svizzera e Italia. Questa posizione crea anche responsabilità, ma inserita nel contesto del sistema federale credo che vada a beneficio dell’intera Svizzera. Conoscere le peculiarità del proprio interlocutore è un valore aggiunto innegabile che possiedono i Cantoni situati nella fascia di confine».
Dall’anno prossimo dirigerà a Berna la Divisione Medio Oriente e Africa del Nord del DFAE. È un periodo decisamente critico per la regione che lei già ben conosce per essere stata ambasciatrice in Libano. Che ruolo potrà avere la Svizzera per facilitare la pace?
«In merito al conflitto in Medio Oriente a cui fa riferimento, la Svizzera chiede il cessate il fuoco immediato a Gaza e in Libano, il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi ancora detenuti a Gaza, il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di tutte le parti e la protezione della popolazione civile. Inoltre, chiede un accesso umanitario rapido e senza ostacoli alla Striscia di Gaza. Un’escalation regionale ancora peggiore deve essere evitata a tutti i costi. La soluzione dei due Stati rimane la base per la pace e la stabilità in Medio Oriente. Una possibile via d’uscita alla crisi risiede senza dubbio nel potere delle istituzioni multilaterali, l’Organizzazione delle Nazioni Unite in primis».