Le 301 partite di Isacco, l'ingegnere che non fa calcoli (nell'hockey)
Ancora 9 partite da giocare e 27 punti in palio. Ma quanti ne servono all’Ambrì Piotta per entrare nelle prime 10 e accedere ai play-in? Isacco Dotti, che di numeri se ne intende, preferisce non lanciarsi in proiezioni: «Non amo la statistica, è l’unica branca della matematica che non mi è mai piaciuta. Sono un tipo più concreto, realistico. Per quello sono diventato ingegnere civile». Di certo, il destino dei biancoblù passa anche da Rapperswil, dove stasera è in programma uno scontro diretto con possibilità di aggancio in classifica. I Lakers sono infatti ottavi con 3 lunghezze di vantaggio sui leventinesi, undicesimi. «Pensare soltanto alla partita di stasera, senza guardare troppo lontano, è l’unica cosa da fare», prosegue «Isa». «In questo finale di stagione, neppure i risultati delle altre squadre dovranno distrarci. Concentriamoci su ciò che possiamo controllare noi. Sul nostro gioco. I calcoli li faremo alla fine».
Lavori quotidiani
Non serve la matematica per sapere che nell’Ambrì Piotta c’è posto per soli sette difensori. Da fine novembre, Isacco Dotti è sempre tra questi. Una regolarità d’impiego che a inizio autunno non era affatto scontata, dapprima a causa di qualche guaio fisico, poi per le diverse serate trascorse in sovrannumero. Con la perseveranza che lo ha sempre contraddistinto, il fresco 32.enne non si è lasciato abbattere, riconquistando la fiducia dello staff tecnico e i suoi «classici» 10 minuti di ghiaccio a partita. «Anche in questo caso, mi sono concentrato su ciò che potevo controllare, dando il massimo in allenamento e nelle partite in cui sono stato schierato. In novembre, quando ho avuto l’occasione di giocare, è andata bene. Ed eccomi qui. Non ci sono tanti segreti, l’importante, in questi casi, e rimanere focalizzati sul proprio lavoro quotidiano».
Di lavori, come detto, Isacco ne ha due. «Negli anni passati, la professione di ingegnere civile mi occupava al 30%. In pratica, sfruttavo i tre pomeriggi liberi che avevo con l’Ambrì per andare in ufficio. Con la nascita di mio figlio la scorsa estate, però, ho deciso di ridurre un po’. Adesso lavoro a ore. In azienda mi vengono incontro, mi dicono di andare avanti così finché riesco a gestire le cose. A me fa bene poter fare qualcosa di completamente diverso dall’hockey. Mi aiuta a rendere meglio in pista e mi dà soddisfazione».
Un buon soldato
Agli occhi del suo allenatore, Isacco è probabilmente il tipico «buon soldato», sempre ligio alle consegne. Uno sul quale fare affidamento senza pretendere colpi risolutori: «Questa è la mia caratteristica principale», concorda il numero 7. «So di non avere le mani di Tim Heed o Jesse Virtanen e conosco il mio ruolo. Devo aiutare la squadra in fase difensiva e giocare il disco in modo veloce e semplice».
Caratteristiche che, sotto la guida di Luca Cereda, gli hanno permesso di tagliare il traguardo delle 300 partite in biancoblù, raggiunte sabato scorso contro il Losanna e diventate 301 nel derby: «Dieci anni fa, quando giocavo in Prima Lega con il Biasca, non immaginavo di certo una cosa simile. Nel weekend, prima del match con i vodesi, Brenno Canevascini mi ha scritto che quello sarebbe stato il trecentesimo in National League con l’Ambrì. Ero contento. E ho anche pensato a quanto sia passato in fretta il tempo».
L’esordio di Isacco in prima squadra risale al dicembre del 2011, quando Kevin Constantine lo prelevò dagli juniores per fargli giocare due partite. «Me le ricordo bene, erano le due gare prima di Natale: perdemmo in trasferta a Bienne e vincemmo alla Valascia con il Berna, all’overtime. Mancavano alcuni difensori (Noreau, Kutlak e Pascal Müller, Ndr.) e il coach mi gettò nella mischia. Siccome nella U20 giocavo in power-play, nel primo tempo contro il Berna Constantine mi fece fare un cambio in 5 contro 4. Non combinai disastri, quindi andò bene».
Ballottaggio tra fratelli
Con Gilles Senn di nuovo a disposizione, questa sera a Rapperswil Luca Cereda potrebbe rispolverare Kodie Curran e tornare a schierare sei stranieri di movimento. Per i difensori svizzeri, ci sarebbe un posto in meno. E – come è già successo nel corso della stagione –, il ballottaggio potrebbe riguardare i fratelli Dotti, con Isacco in «pole position» rispetto a Zaccheo. «Ma anche Zack, come me, è sempre concentrato su ciò che può controllare. E nelle ultime quattro partite, quando siamo stati schierati entrambi, ha dato il suo solito contributo prezioso. Giocare insieme ci fa sempre molto piacere, ma è inevitabile che anche tra di noi si debba competere per guadagnarsi il posto in squadra. Se uno dei due resta fuori, può comunque contare sul sostegno dell’altro».
Sull’arco del campionato, l’Ambrì Piotta ha spesso faticato quando ha schierato (per scelta o per forza) solo due difensori d’importazione. Ultimamente, complici le buone prestazioni di Juvonen tra i pali, la difesa si è invece dimostrata solida anche con i soli Heed e Virtanen. Sicuramente un segnale positivo per lo staff tecnico, che nello sprint finale potrà contare su diverse opzioni e su una vera alternanza tra i due portieri. «Ma adesso l’importante, indipendentemente dal line-up, è garantire ogni sera il nostro gioco di squadra, curando i dettagli e sacrificandoci per il bene comune», afferma il maggiore dei Dotti. «È questo che fa la differenza in partite tiratissime, spesso decise da una sola rete o magari dai rigori».
Un piccolo tifoso in più
Come detto, da questa stagione Isacco può contare su un piccolo tifoso in più. Suo figlio Naele. «È bravo, mi fa divertire tanto. È già venuto due volte alla Gottardo Arena e per me è stato molto speciale sapere che lui, pur non capendo quello che stava succedendo, era lì sugli spalti. Mi ha caricato ancora di più».