Iran

Le donne iraniane eroi dell’anno di Time

Protagoniste indiscusse di queste proteste, vivono una vita che è sempre più «in contrasto» con il messaggio ideologico della Repubblica islamica, tra una repressione sempre più forte, mentre il sistema di potere appare «paralizzato»
© KEYSTONE (AP Photo)
Jenny Covelli
08.12.2022 06:00

Sono le donne iraniane gli «eroi dell'anno» per la rivista Time. «Le giovani donne iraniane sono in piazza, guidano un movimento istruito, liberale, laico, cresciuto su grandi aspettative e affamato di normalità - scrive il giornalista Azadeh Moaveni -. Università e viaggi all'estero, lavori dignitosi, stato di diritto, accesso a un Apple Store, un ruolo significativo in politica, la libertà di dire e indossare qualunque cosa».

Protagoniste indiscusse di queste proteste, le giovani iraniane - sottolinea il magazine americano - vivono una vita che è sempre più «in contrasto» con il messaggio ideologico della Repubblica islamica, tra una repressione sempre più forte e le sanzioni statunitensi che hanno devastato l'economia del Paese mentre il sistema di potere appare «paralizzato» e «preferisce l'isolamento» internazionale.

Tutto è iniziato il 16 settembre, quando Mahsa Amini, 22 anni, originaria del Kurdistan iraniano, è morta a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non avere indossato correttamente il velo islamico come prescritto dalle leggi iraniane. Morta per un capello fuori posto. La protesta innescata dalla morte di Mahsa Amini dilaga nel Paese da allora. Una rivolta che si è trasformata in una sfida aperta al regime degli ayatollah e che è stata spesso definita «la rivoluzione delle donne». I video postati sui social, a scapito del blocco di Internet, mostrano scene mai viste prima: giovani donne che si tolgono il velo e folle che cantano slogan contro l'ayatollah Khamenei definendolo «vergogna della nazione» e augurandogli la morte.

La mobilitazione degli studenti

Ma in piazza, per le strade, non ci sono solo le donne. Al loro fianco ci sono gli uomini, giovani e anziani. E nell'ondata di proteste gli studenti sono in prima linea. Gli studenti delle università di Teheran, e anche quelli di altre città come Isfahan, Shiraz, Zahedan, Ahvaz, Tabriz, Yasouj, Ardakan, Yazd, Sari, Bandar Abbas e altre, sono scesi in strada gridando slogan, con le donne a capo scoperto. Alla Sharif University, gli studenti si sono ribellati al divieto di condividere i pasti in sale separate e uomini e donne si sono seduti insieme a mangiare in mensa. Gesti dall'altissimo valore simbolico.

Ieri, in concomitanza con la Giornata dello studente, ragazzi e ragazze di diverse università hanno organizzato manifestazioni. Sui social le immagini di attacchi da parte delle forze di sicurezza. BBC Persia riferisce di «un certo numero di loro insanguinati». Secondo lo Student Trade Union Council, all'Università di Teheran gli studenti sono stati «attaccati dalle forze di sicurezza guidate da Hossein Izdiyar», un giovane sarebbe stato «rapito dalle forze di sicurezza». All'Università Khwaja Nasiruddin Tusi ci sono sicuramente stati degli arresti.

In molti hanno pure marciato silenziosamente su via Enghelab (rivoluzione), la grande arteria stradale che porta alla centrale piazza Azadi, a Teheran. Video diffusi sui social mostrano pestaggi e uso di gas lacrimogeni da parte delle forze dell'ordine, e si sentono colpi di arma da fuoco. La strada è stata sorvegliata da un grande numero di agenti di polizia, anche in borghese, e membri del corpo paramilitare Basij. Alcune immagini mostrano la polizia sparare alle persone che dalle finestre urlano slogan contro il governo.

Il presidente Ebrahim Raisi, riporta BBC Persia, ha dichiarato proprio presso l'università di Teheran: «Non c'è nessun problema nel protestare. La protesta è diversa dalla rivolta. Rende la perfezione in qualsiasi dispositivo. Porta alla riforma, ma il disturbo e la distruzione sono diversi dalla protesta. Alcune persone mi avevano consigliato di non venire all'università oggi, ma ho detto che non sto cercando la chiusura della scienza e dell'università, ma sto cercando la sua apertura». E ha pure (di nuovo) puntato il dito contro gli Stati Uniti, che «vogliono che la rivolta in Iran porti alla distruzione del paese», ma «Washington ha fatto male i suoi calcoli», perché «gli iraniani istruiti non hanno permesso che il paese diventasse una nuova Siria o un nuovo Afghanistan». Il sindaco di Teheran, Alireza Zakani, ha nel frattempo accusato gli studenti dell'Università Sharif che manifestano di essere «traditori».

Rivolte «in famiglia»

Badri Hossein Khamenei, la sorella della Guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei, ha pubblicato una lettera in cui si augura «presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia al potere». Nella missiva, pubblicata sull'account Twitter del figlio, che vive in Francia, e rilanciata da alcuni media, Badri Khamenei critica il fratello affermando che «il regime della Repubblica islamica non ha portato altro che sofferenza e oppressione per l'Iran e gli iraniani. Il popolo dell'Iran merita libertà e prosperità e la loro insurrezione è legittima e necessaria per ottenere i loro diritti». E ancora, si dissocia dalle «atrocità» commesse e invita le Guardie della rivoluzione ad «abbandonare le armi il prima possibile e unirsi al popolo prima che sia troppo tardi».

Khamenei esprime vicinanza «per tutte le madri che hanno perso i loro figli negli ultimi quarant'anni e sono state sottoposte alle atrocità, alla tirannia e alle bugie del regime della Repubblica islamica, dal periodo di Ruhollah Khomeini fino all'attuale califfato oppressivo di Ali Khamenei».

Gli scioperi

«In Iran, dopo tre mesi di proteste di piazza qualcosa si muove - scrive l'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) -, e se la notizia non è quella dell’abolizione della polizia morale – circolata ampiamente sui media ma mai annunciata dalle autorità in maniera ufficiale – il solo fatto che se ne parli ha un significato chiaro: le istituzioni iraniane sono alle strette e cercano di mostrare delle aperture ma senza impegnarsi a fare concessioni. Intanto, gli attivisti hanno indetto tre giorni di scioperi e proteste nazionali».

Ieri è stato il terzo giorno di sciopero, con i negozianti che tengono le serrande abbassate in segno di protesta. La magistratura iraniana sta sigillando negozi e imprese che aderiscono alla mobilitazione e la polizia esegue arresti tra chi protesta. La serrata, intanto, si è estesa a 40 città iraniane, tra cui la capitale.

© STR
© STR
In questo articolo: