Svizzera

Le richieste degli agricoltori: «Prezzi più alti e stop ai tagli»

La «rivolta dei trattori» dilaga in tutta Europa – Anche nel nostro Paese il settore vive una situazione difficile ma per il momento non ci saranno manifestazioni organizzate - L’Unione svizzera dei contadini lancia una petizione - Sem Genini: «Le aziende fanno fatica»
©YOAN VALAT
Giona Carcano
31.01.2024 06:00

Il mondo agricolo è sul piede di guerra. Da giorni ormai la «rivolta dei trattori» si sta diffondendo un po’ ovunque in Europa. Partite dalla Germania, le manifestazioni si sono diffuse principalmente in Francia, Belgio, Spagna e Italia. Il malcontento sta dunque serpeggiando rapidamente. Ma anche in Svizzera la rabbia di questo ramo del settore primario è piuttosto forte. Probabilmente non tracimerà in manifestazioni organizzate, anche se qualche segnale in questo senso è arrivato dai contadini romandi. I primi a unirsi al coro delle proteste.

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I contadini europei chiedono meno tasse, prezzi più equi e norme meno stringenti per la produzione. Oltre che, va da sé, maggiore riconoscenza per il lavoro svolto. Anche in Svizzera gli argomenti che il settore agricolo lancia nel dibattito sono simili. Non a caso, lunedì, l’Unione svizzera dei contadini (USC) e altre associazioni di settore si sono detti solidali nei confronti dei loro colleghi europei. «Se vogliamo continuare a trovare cibo svizzero nei nostripiatti, bisogna intervenire con urgenza», recita il comunicato. E, in quanto a percezione, il settore rileva che «riceviamo più mazzate che fiori, soprattutto sui social media».

Dalle parole si è quindi passati ai fatti. Proprio ieri l’USC ha lanciato una petizione a livello nazionale che poggia su cinque pilastri: un migliore riconoscimento dei molteplici ruoli svolti dall’agricoltura; il mantenimento delle risorse per il Preventivo 2025 e il credito 2026-2029; soluzioni pratiche adattate al contesto regionale per le famiglie contadine; prezzi più alti per i produttori e il rifiuto di qualsiasi nuova restrizione a cui non corrisponda una remunerazione.

Un lavoro mal retribuito

Una delle richieste principali dei contadini svizzeri riguarda i redditi. «Lavoriamo per una media di 17 franchi l’ora», avverte Fancis Egger, vicepresidente dell’USC. «Dobbiamo offrire prospettive per il futuro, soprattutto ai giovani». Altro nervo scoperto è la situazione normativa. A fronte di un aumento dei requisiti – in particolare in materia di protezione dell’ambiente e della biodiversità – non corrisponde un aumento dei contributi. «La situazione è molto seria», rileva da parte sua Sem Genini, segretario agricolo dell’Unione dei contadini ticinesi. «Anche in Ticino le aziende contadine fanno fatica. Del resto, i dati sul reddito agricolo pubblicati alcune settimane fa sono impietose».

In effetti, la situazione economica delle famiglie contadine svizzere è peggiorata nel 2023 rispetto all’anno precedente. Secondo i dati pubblicati a inizio anno dall’USC, il reddito per unità di lavoro familiare è diminuito del 4,1% in pianura e del 10,4% in collina. Nella regione di montagna il reddito annuo per un impiego a tempo pieno ammonta a soli 40.100 franchi, con un calo del 6,8%. Nelle regioni collinari e montane l’80% delle aziende agricole non raggiunge un reddito che si riceve in settori paragonabili all’agricoltura. «Il momento attraversato dal settore non è certamente buono e la notizia della chiusura della LATI di certo è un’ulteriore mazzata», commenta Genini. Il nodo centrale è la continua pressione sui prezzi, che riduce il margine di guadagno di tutta la filiera produttiva. «A lungo termine, non possiamo produrre in perdita», aggiunge ancora Egger. Il vicepresidente dell’USC non sa se dare la responsabilità di questa situazione «alla grande distribuzione o ai consumatori». Per Genini, invece, in Ticino il problema più grosso «è il turismo degli acquisti. Senza questo fenomeno la situazione sarebbe molto migliore, come dimostrato durante la pandemia quando le frontiere erano chiuse».

L’ambiente ha un prezzo

Un altro punto dolente, come accennato in precedenza, sono le normative. Gli agricoltori sostengono che tutti, lungo la filiera, debbano assumersi le loro responsabilità e ripartire equamente gli utili. Nei confronti degli attori del mercato, i prezzi ai produttori dovrebbero aumentare almeno del 5% al 10% quest’anno. È inoltre imperativo, secondo l’USC, invertire la formazione dei prezzi. Questi devono essere definiti sulla base dei costi di produzione e dei rischi assunti, al fine di consentire ai contadini di ottenere un reddito equo e dignitoso. L’associazione specifica che non significa scaricare sui consumatori questi aumenti, ma intervenire sulla filiera. «I requisiti legati alla biodiversità e al benessere degli animali ricadono, in termini di costi, sulle famiglie contadine», spiega infatti Genini. Ciò che spinge ulteriormente al ribasso i margini di guadagno degli agricoltori.

Il capitolo dei finanziamenti della Confederazione è invece più complesso. Il messaggio sul Preventivo 2024 conteneva tagli al settore, poi bocciati dal Parlamento. Ma l’Esecutivo è tornato alla carica con il piano finanziario, proponendo una riduzione di 347 milioni di franchi le spese per l’agricoltura per il periodo 2026-2029. Una proposta che ha trovato contrari gli schieramenti borghesi. «Le Camere, su questo argomento, sono più sensibili», rileva Genini. «È uno dei vantaggi principali e una delle differenze più marcate che abbiamo in Svizzera rispetto agli altri Paesi». Di conseguenza, per il momento, i contadini svizzeri si limitano a esprimere solidarietà ai colleghi europei. «Pur se la situazione complessiva del settore è grave, è difficile andare in piazza quando il Parlamento ci ha appena dato una mano e in generale ci ascolta», ammette pragmaticamente il segretario agricolo. Sulla stessa linea Egger. «In Svizzera abbiamo una cultura del dialogo, se manifestassimo a rimetterci saremmo ancora noi».