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Le sanzioni non bloccano il contrabbando di petrolio

Gli attracchi di navi provenienti dalla Russia presso i porti statunitensi ed europei sono crollati dall’inizio del conflitto in Ucraina – Nello stesso tempo sono aumentate le petroliere che dai Paesi amici di Mosca viaggiano verso destinazioni russe
Si stima che le operazioni di trasbordo in mare aperto o di cambio di proprietà sono aumentate drasticamente. © REUTERS
Gian Luigi Trucco
21.02.2023 23:00

Sanzioni dirette e indirette, tetti ai prezzi del greggio e dei prodotti derivati, interventi sul trasporto, sulle attività assicurative e finanziarie collegate, hanno influito sui mercati energetici e su quelli di molti altri prodotti, così come sull’attività marittima. Su quest’ultimo aspetto in particolare sono state compiute analisi da parte di istituzioni specializzate, come la britannica società di intelligence navale Windward, le cui conclusioni appaiono interessanti.

Nell’ultimo anno il numero di navi che dalla Russia hanno poi fatto scalo in porti del Regno Unito, dell’Unione Europea e degli USA sarebbe diminuito di circa il 30%, ma tale dato è compensato dal maggior traffico, da e verso la Russia, del naviglio di quelle nazioni che non hanno aderito alle sanzioni, a iniziare da Cina, India e Corea del Sud.

Ma c’è di più, in quanto sono aumentati considerevolmente i trasferimenti di petrolio, così come di altri materiali sanzionati, da nave a nave («ship-to-ship», STS), grazie alla diffusione delle «dark fleet», flotte fantasma, che operano attraverso alterazioni dei loro apparati di identificazione e tracciamento satellitare, o dei loro documenti, oltre a cambi repentini di nome e di proprietà e utilizzo di porti secondari.

Queste operazioni che coinvolgono il petrolio russo hanno luogo soprattutto nell’Atlantico Meridionale (ove la crescita è stata del +4.000%) e in cui si distinguono le petroliere che battono bandiera del Camerun; nel Mar Nero (con navi liberiane, panamensi, delle Isole Marshall e di Malta) e nel Mediterraneo Occidentale, il cosiddetto Mar di Alboran, in prossimità dello Stretto di Gibilterra, con Ceuta, enclave spagnola in Marocco, già celebre per il traffico di droga, divenuta un vero e proprio hub anche per il petrolio «proibito». Sia per le operazioni «dark» che riguardano il greggio, sia per quelle relative alle granaglie di provenienza ucraina, si evidenzia un contributo crescente da parte iraniana. Queste ultime hanno sovente come teatro la Crimea e il Mar di Azov e le destinazioni prevalenti dei carichi sono Marocco e Golfo.

Rotte e flussi commerciali hanno subito variazioni importanti, come per le navi russe le cui consegne verso gli Stati Uniti si sono interrotte pressoché completamente, al pari di quelle verso l’Asia attraverso il Mediterraneo e il Capo di Buona Speranza, anche se su questa rotta il vuoto è stato colmato da navi di bandiera estera. I movimenti verso India, Cina e Corea del Sud segnano un incremento intorno al 50% sia per quanto riguarda le petroliere che le navi cargo in generale. Il movimento di petroliere russe verso i porti del Nord Africa è cresciuto poi nell’ultimo anno di circa il 150%.

Per quanto concerne l’Europa l’area scandinava non è stata particolarmente toccata, in termini marittimi, dalla crisi russo-ucraina e dalle restrizioni e la via d’acqua Volga-Don permette i movimenti commerciali con il Mediterraneo.

Verso Turchia, Cina e India

È aumentato l’import di greggio russo da parte della Turchia, ma gli incrementi maggiori si registrano verso Cina, India e Corea del Sud, seppure con vendite a prezzi scontati.

Un’area finita recentemente sotto i riflettori è quella del Mar Caspio, ove Russia e Iran stanno realizzando una nuova rotta commerciale volta ad aggirare le sanzioni, attraverso una rete combinata fluviale e ferroviaria, collegata alla direttrice Volga-Don, con un investimento di miliardi di dollari. Si tratta secondo gli analisti di un «caso» non solo commerciale ma geopolitico, in quanto costituisce un esempio imponente di frammentazione dell’economia globale in blocchi rivali, con l’attenzione sempre più rivolta a Est. Il Mar Caspio, inoltre, con i suoi porti di Astrakhan e Makhachakla, sarebbe anche al centro delle forniture di armi iraniane a Mosca.

Secondo gran parte degli esperti le operazioni navali e combinate «irregolari» appaiono destinate ad aumentare in futuro, particolarmente per quanto riguarda la manipolazione degli apparati tecnologici e i trasbordi di carichi da nave a nave in alto mare, con Russia e Iran che rafforzano progressivamente la loro collaborazione. Crescono quindi i profili di rischio del traffico marittimo, premi assicurativi inclusi, in un momento in cui i venti di recessione premono sui noli. Né va trascurato un certo senso di frustrazione che serpeggia nelle cancellerie dei Paesi occidentali più «diligenti» e un po’ di timore per quelli che sono riusciti a gestire situazioni più o meno ambigue.