Lenin, il fantasma che sopravvive

MOSCA - Sono passati 90 anni dalla morte di Lenin, il padre della rivoluzione d'ottobre, ma nella Russia di Vladimir Putin lui è ancora lì, nel cuore di Mosca, mummia sotto vetro nel Mausoleo della piazza Rossa. In tutto il paese numerose piazze, vie, scuole, ospedali portano ancora il suo nome e centinaia di sue statue resistono ancora, con il berretto o il giornale in una mano e l'altra alzata per indicare il futuro. O semplicemente, ora, l'orizzonte vuoto.
Solo nelle ex repubbliche sovietiche le hanno abbattute dopo il crollo dell'Urss, come è successo anche recentemente in Ucraina in un tardivo sussulto nazionalista. Ma in Russia Vladimir Ilic Ulianov non appare una figura così controversa come quella del suo (peraltro più popolare) erede Stalin. Anche se il suo nome non accende certo i cuori e non dice nulla a molti giovani, che lo scambiano per un giocatore di calcio o un deputato della Duma, come era emerso tempo fa da alcuni sondaggi.
I suoi residui veri fedeli, e nello stesso tempo sacerdoti, sono i veterocomunisti di Ghennadi Ziuganov, che ogni anno, nel giorno della nascita e in quello della morte, a decine di migliaia gli rendono omaggio con corone di fiori, in piazza Rossa e ovunque ci siano suoi monumenti. Lo faranno anche martedì, nel 90esimo della sua scomparsa, portando garofani rossi al mausoleo.
Fiori anche in piazza Lenin nella città natale sul Volga, l'ex Simbirsk che dopo la sua morte prese il suo nome (Ulianov) e dove esiste ancora un memoriale che ha promosso una serie di iniziative per l'anniversario: proiezione di documentari, una tavola rotonda sul tema "Vladimir Lenin artefice della civiltà sovietica" e l'inaugurazione di una mostra portata dalla Francia sull'attività del capo bolscevico a Longjumeau, dove nel 1911 egli aveva fondato una scuola di formazione dei militanti del partito. Simposio comunista sui "90 anni con Lenin e senza di lui" anche a Iekaterinburg, sugli Urali, dove nel 1918 il fondatore dell'Urss fece fucilare l'ultima famiglia imperiale.
I media russi non hanno invece ancora rievocato l'evento, ma per domenica l'emittente Ntv ha annunciato la trasmissione di "un documentario obiettivo" intitolato "Lenin imperatore rosso". Chissà se sarà così obiettivo da raccontare veramente anche i suoi ultimi, tristi, anni di vita, quando stanco e malato, dopo il primo ictus nel maggio del 1922, si ritirò nella lussuosa dacia di Gorki, a 35 km da Mosca, finendo di fatto "prigioniero" di Stalin e della Ceka, la polizia segreta che egli stesso aveva creato.