L'espansione delle cosche calabresi dalla Lombardia alla Svizzera

Partecipazione e sostegno alla ’ndrangheta, una delle più potenti e ramificate organizzazioni criminali del mondo; ricettazione; importazione, acquisto e deposito di monete false; infrazione alla legge federale sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni; e infrazione alla legge federale sugli stupefacenti. È lunga la lista di accuse che il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha mosso contro un cittadino italiano di 58 anni residente nel canton Argovia. Una su tutte: «aver agito, almeno tra il 2001 e il 2020, quale referente della cosca Anello-Fruci in territorio elvetico e di aver favorito lo sviluppo degli interessi di quest’ultima in Svizzera».
L’uomo, che sarà processato al Tribunale penale federale di Bellinzona (la data della prima udienza è ancora da definire), era stato arrestato nel luglio di cinque anni fa nell’ambito dell’operazione «Imponimento», condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro allora guidata da Nicola Gratteri, ed era rimasto in carcere, in Svizzera, fino all’aprile del 2021.
Secondo l’atto d’accusa del MPC, il 58.enne avrebbe sostenuto tra l’altro la locale di Fino Mornasco (in provincia di Como) «fungendo da intermediario per il traffico di droga, mettendosi a disposizione (o quale intermediario) per la vendita di armi» e partecipando a riunioni delle ‘ndrine collegate alla locale di Giffone Valle Piana (in provincia di Reggio Calabria). E avrebbe inoltre favorito un altro affiliato alla cosca, aiutandolo a stabilirsi in Svizzera e «traendo in inganno le autorità amministrative» elvetiche.
Una conferma
Adesso, sarà processato davanti a una Corte elvetica. Un modo per confermare - se ancora ce ne fosse bisogno - la presenza della ’ndrangheta sia in Svizzera sia in Ticino. Una decisione che dimostra la volontà dell’autorità giudiziaria del nostro Paese di affrontare direttamente il problema della criminalità organizzata, senza cioè delegarlo ad altre nazioni, e in particolare all’Italia.
«Le estese e approfondite indagini effettuate da fedpol hanno permesso di accertare la presenza», sul territorio rossocrociato, «dell’organizzazione criminale di stampo mafioso con centro nevralgico in Calabria e attiva a livello internazionale», si legge nel comunicato diffuso dal Ministero pubblico della Confederazione.
Il 58enne, spiega il MPC, «avrebbe intrattenuto stretti rapporti con i suoi vertici» ’ndranghetisti, «offrendo loro piena disponibilità, personale e di soggetti a lui vicini, nell’esecuzione di condotte illegali e legali finalizzate a contribuire al raggiungimento dei fini illeciti e leciti, finanziari e personali dell’organizzazione criminale».
In quest’ottica, avrebbe eseguito o fatto eseguire «ordini impartiti dai vertici della cosca, fornendo a quest’ultima e ai suoi membri supporto logistico. L’uomo avrebbe inoltre operato trasferimenti di denaro contante dalla Svizzera all’Italia, anche tramite terze persone, dopo aver effettuato in Svizzera operazioni di cambio valuta, denaro destinato in parte o integralmente alle casse dell’organizzazione criminale». A favore della stessa organizzazione criminale avrebbe pure «funto da intermediario in Svizzera per il traffico di stupefacenti, promosso il traffico illecito di armi e munizioni, reclutato persone per l’esecuzione di attività e dissimulato beni nella disponibilità della cosca. Avrebbe inoltre intenzionalmente avviato trattative finalizzate a vanificare l’accertamento dell’origine, il ritrovamento o la confisca dei valori patrimoniali, sapendo o dovendo presumere che gli stessi provenivano da un crimine». Al 58enne, il MPC contesta «di essersi avvalso del metodo mafioso, esercitando condotte con caratteristiche di sopraffazione e coercizione psicologica, sfruttando il potere intimidatorio dell’organizzazione criminale capace dei più efferati crimini, in particolare nella riscossione di crediti e «mazzette».
Tale metodo mafioso troverebbe espressione anche nella costituzione e accumulo di denaro contante «in nero» per illeciti fiscali e trasferimenti in Italia, e nella gestione di attività legate alla ristorazione e a locali pubblici in più cantoni, anche tramite prestanomi.
Nel corso delle indagini condotte da fedpol «sono state ordinate ed eseguite numerose misure di sorveglianza segrete, quali ad esempio controlli telefonici e ambientali, servizi di osservazione e un’inchiesta mascherata (sotto copertura), al fine di identificare gli appartenenti alla struttura criminale mafiosa, nonché le sue finalità criminose e le dinamiche operative».
L’istruttoria «si è avvalsa anche delle dichiarazioni di più collaboratori di giustizia in Italia. Questi ultimi hanno fornito molteplici informazioni relative all’insediamento delle cosche di ’ndrangheta in Svizzera, informazioni che sono state in seguito sviluppate e confermate nell’ambito delle indagini effettuate dal MPC».
L’istruzione penale è stata estesa a 13 imputati, in relazione ai quali, nell’ottobre dello scorso anno, il MPC ha emanato un decreto d’accusa per riciclaggio di denaro nei confronti di una cittadina italiana di 59 anni residente nel canton Soletta. Due persone sono state oggetto di decreti d’accusa - cresciuti in giudicato - per traffico d’armi e di droga. Mentre il procedimento nei confronti di un altro imputato è stato trasmesso per competenza all’autorità cantonale.
Le varie inchieste
L’atto d’accusa emesso oggi rappresenta la chiusura del filone principale elvetico legato alla maxi-inchiesta «Imponimento», la stessa che 5 anni fa aveva portato prima all’arresto di un operaio comunale del Luganese legato alla cosca Anello-Fruci, nel frattempo estradato in Italia e condannato a quasi 11 anni di carcere dal Tribunale di Catanzaro; e poi al fermo di altri due cittadini italiani residenti in Svizzera, uno dei quali in seguito scarcerato su ordine della Corte di Cassazione che aveva annullato l’ordinanza del Riesame di Catanzaro sulla conferma del provvedimento cautelare.
Un’inchiesta, «Imponimento», sfociata in uno dei più importanti processi degli ultimi anni contro le cosche di ’ndrangheta, e in particolare contro le ’ndrine vibonesi degli Anello di Filadelfia, dei Bonavota di Sant’Onofrio, dei Lo Bianco-Barba di Vibo Valentia, dei Tripodi di Portosalvo e della ’ndrina dei Cracolici di Maierato e Filogaso.
Sempre stando a quanto comunicato oggi , uno degli imputati dell’istruzione penale del MPC è stato condannato, sempre in Italia, nell’ambito del processo «Cavalli di razza», gemmato dal filone milanese dell’inchiesta «Nuova narcos europea» chiusa nel novembre del 2021 dalle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e di Firenze.
Proprio l’operazione «Cavalli di razza» aveva portato alla luce da una parte la centralità della locale di ’ndrangheta di Fino Mornasco nell’insediamento delle cosche in Lombardia, dall’altra lo sconfinamento in territorio elvetico degli affiliati alle ’ndrine calabresi, in particolare nel cantone San Gallo.
Dalle carte dell’inchiesta milanese, ad esempio, emerse uno dei primi summit di mafia organizzati a Winterthur il 30 maggio 2020 alla presenza, tra gli altri, di Pasquale e Michelangelo (detto “Bocconcino”) La Rosa, rispettivamente figlio e cognato del mammasantissima Giuseppe La Rosa, “Peppe la Mucca”.