Elezioni europee

L’impatto sulla Svizzera? «Solo sullo Zeitgeist»

René Schwok analizza le ripercussioni delle elezioni europee sulla politica federale: «Le trattative bilaterali avviate con Bruxelles non saranno influenzate dalla nuova composizione del Parlamento, che potrà tuttavia condizionare lo spirito del tempo»
©RONALD WITTEK
Francesco Pellegrinelli
06.06.2024 06:00

Quale sarà l’impatto delle elezioni europee sulla politica federale e, in particolare, sui negoziati bilaterali con l’Unione europea? La probabile avanzata della destra sovranista all’interno dell’Europarlamento influenzerà la natura del dibattito sulle questioni istituzionali, favorendo soluzioni che garantiscono una maggiore indipendenza nei rapporti con Bruxelles?

René Schwok è professore di Scienze politiche e relazioni internazionali all’Università di Ginevra. Secondo Schwok, le elezioni europee avranno un impatto «minimo» sulla politica svizzera, ma non sui negoziati bilaterali. Perché? «Le trattative bilaterali sono gestite dalla Commissione europea, su mandato del Consiglio dei ministri, e non dal Parlamento europeo». Il Parlamento, spiega Schwok, ha solo un piccolo ruolo al termine dell’intero processo, in quanto deve approvare i nuovi accordi con la Svizzera. «Difficilmente, però, potrebbe bocciare l’intesa. Se la Commissione europea e i ministri degli Stati membri sono d’accordo, il Parlamento normalmente segue».

Commissari e Stati

Eppure, le persone all’interno delle istituzioni europee cambieranno. «Certamente. Ci saranno nuovi commissari, ma 25 delegati su 27 sono proposti dagli Stati membri in funzione dei rapporti di forza politici interni agli Stati stessi». In definitiva, dunque, secondo Schwok, la composizione della Commissione europea non dovrebbe mutare molto. Per quanto riguarda invece il ruolo del presidente e dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri, la loro nomina effettivamente è influenzata dai risultati delle elezioni parlamentari. Tuttavia, entrambe le figure vengono scelte dai capi di Governo, che poi presentano la proposta al Parlamento».

Priorità e continuità

I pronostici sono ancora a favore dell’uscente Ursula von der Leyen. Un aspetto che potrebbe garantire continuità al dossier svizzero, «anche se l’attuale presidente non si è mai mostrata particolarmente interessata». Di certo - prosegue Schwok - le trattative con la Svizzera non sono mai state fra le priorità dell’UE, che in questa fase storica ha ben altre emergenze. «Ciò che possiamo notare è l’esistenza di una discrepanza tra l’attenzione accordata dalla Commissione europea al dossier elvetico rispetto a quanto fatto dalla Svizzera. E questo nonostante le relazioni con l’Europa rappresentino una delle sfide più rilevanti sia in politica estera che interna», avverte ancora Schwok.

Euroscettici di destra

Che dire invece dell’avanzata della destra? In molti Paesi dell’Unione europea si prevede una crescita delle forze sovraniste. Secondo l’esperto, però, i nuovi equilibri all’interno dell’Europarlamento non impatteranno direttamente sui negoziati. «Per definizione questi partiti sono nazionalisti e, pertanto, difendono i propri interessi». Pensare che siano disposti a fare regali alla Svizzera, in termini di maggiore libertà, sarebbe un errore, spiega ancora Schwok. «Non credo che una maggiore influenza della destra all’interno dell’Europarlamento possa rendere più sensibile l’Unione europea agli argomenti della Svizzera nell’ambito delle trattative bilaterali». Del resto, aggiunge l’esperto, «tutti questi partiti euroscettici sono comunque più filoeuropeisti di qualsiasi altro partito svizzero». E ancora: «Oggi, neppure i partiti di destra, come quello di Meloni o di Le Pen, desiderano che il loro Paese esca dall’UE. Semmai, il loro intento è di cambiare l’Unione europea dall’interno, facendo leva su quanto può essere ancora modificato».

Ambiente e immigrazione

Secondo Schwok, tuttavia, la nuova composizione del Parlamento europeo potrebbe impattare la politica svizzera a livello di «Zeitgeist», ossia a livello di «spirito del tempo». Un esempio? «La politica ambientale e l’immigrazione. Se l’UE dovesse rivedere la propria decisione di vietare la vendita di automobili con motore termico dopo il 2035, la Svizzera seguirebbe a ruota. E questo senza che si passi da un accordo, che peraltro già oggi non esiste». Stesso discorso per l’immigrazione. «Se l’UE dovesse adottare politiche più rigide in materia di immigrazione, per esempio legittimando (così come fatto dal Governo Sunak, ndr) il rinvio di richiedenti l’asilo in Ruanda, anche in Svizzera una frangia politica si sentirebbe legittimata a proporre soluzioni simili. Ancora una volta senza che vi sia un accordo formale tra Berna e Bruxelles. Non ci sarebbe bisogno di un negoziato con l’UE. Lo spirito del tempo, però, produrrebbe questo effetto», conclude Schwok.