L'Oncoforum

L’importanza dei piani di screening: «E ne servono altri due»

Oggi la conferenza pubblica e medica a Manno, sabato la giornata di porte aperte all’Ospedale Italiano - Si parlerà anche di prevenzione su scala cantonale
© CdT/Chiara Zocchetti
Paolo Galli
17.10.2024 06:00

Due giornate, una (oggi dalle 9 alla sala Aragonite di Manno) dedicata alla conferenza pubblica e medica, l’altra (sabato dalle 10) alle porte aperte dell’Ospedale Italiano a Lugano. Torna - alla sua terza edizione - l’Oncoforum, in questo caso sull’onda del tema «Uniti nella prevenzione e nella cura dei tumori». Ne abbiamo parlato con il professor Stefano Cafarotti, primario di Chirurgia toracica all’EOC, referente dei centri oncologici della Svizzera Italiana. E siamo partiti proprio dal tema, dal fil rouge di questa edizione, dal «bisogno di unirci per affrontare la lotta ai tumori attraverso un piano cantonale. È infatti necessario adottare misure di contenimento dell’incidenza dei tumori, potenziare gli strumenti che consentono di aumentare il tasso di diagnosi precoci, migliorare i percorsi oncologici e integrare nel piano di cura le associazioni che supportano i pazienti sul territorio. Nel contesto delle misure necessarie alla riduzione dell’incidenza ribadiremo l’importanza nella popolazione di modificare lo stile di vita e di minimizzare le esposizioni ad agenti cancerogeni. Per aumentare il tasso di diagnosi precoci riteniamo necessario sottolineare l’importanza di aderire ai programmi di screening cantonali già disponibili - mammella e colon - e chiederemo al Cantone di promuoverne di nuovi, almeno per gli altri due tumori più frequenti in Ticino», ovvero polmone e prostata. «Nell’ambito della cura sono invece le strutture sanitarie ad essere chiamate a fare la loro parte. A questa chiamata l’EOC risponde presentando il ruolo centrale dei centri oncologici specialistici, tutti ora certificati come centri di eccellenza europea. La competenza multidisciplinare e organo-specifica che propongono consente infatti di offrire, a chi invece necessita di cure, percorsi oncologici dedicati e una qualità dell’offerta paragonabile ai centri universitari della Svizzera interna».

Il professore sottolinea quanto sia ancora fondamentale continuare a parlare di tumori e prevenzione. La consapevolezza è il primo passo per combattere questa malattia, dice. «Informare la popolazione non solo sui rischi e sui sintomi, ma anche sulle possibilità di prevenzione e sulle nuove terapie disponibili, è cruciale per migliorare i tassi di diagnosi precoce e, di conseguenza, le possibilità di cura». Dal suo punto di vista, in questo senso, «si nota un aumento della consapevolezza nella popolazione. Sempre più persone sono informate sui fattori di rischio e sull’importanza di controlli regolari. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare, specialmente in alcune fasce della popolazione, come i più giovani». In effetti, si ha la sensazione che vi siano ancora ostacoli da superare per rendere più intensa ed efficace l’informazione e più matura la consapevolezza. «Basti citare la disinformazione, la mancanza di accesso a risorse informative di qualità e la stigmatizzazione dei tumori». E allora «è importante sviluppare campagne di sensibilizzazione che siano chiare e accessibili a tutti, utilizzando anche nuovi media e canali di comunicazione per raggiungere un pubblico più vasto. Non di minore importanza è la sensibilizzazione della politica ai temi oncologici. Un piano cantonale dovrebbe necessariamente tenere conto della maggiore sostenibilità economica quando i tumori vengono diagnosticati in fase precoce. Promuovere gli investimenti sui programmi di screening non è facile in una stagione come la nostra di continui aumenti dei premi assicurativi, tuttavia questo investimento consentirebbe, in un’epoca di cure sempre piu’ efficaci ma sempre piu’ costose e prolungate, di minimizzare i costi nel medio-lungo termine».

Nella giornata di porte aperte all’Italiano, sabato, è prevista una riflessione sull’esperienza umana della malattia e della cura. Ecco, ci chiediamo - e chiediamo al professor Cafarotti, dal punto di vista del curante, qual è in particolare la più grande difficoltà dell’operare nel settore oncologico? «Sicuramente la gestione dell’emotività. Ogni paziente ha una storia unica e affronta la malattia in modi diversi. Come professionisti, dobbiamo non solo fornire cure mediche, ma anche supporto psicologico e umano. Questo richiede empatia e una capacità di ascolto profondo, spesso in situazioni di grande sofferenza e vulnerabilità». Da qui l’invito: «Per far toccare con mano quanto raccontato e conoscere da vicino i nostri professionisti, i nostri team, la presa a carico di paziente e famiglie, i nostri spazi, vi aspettiamo sabato già dalle ore 10».

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