L’intervista

L’incognita gilet gialli sulle elezioni europee in Francia

Secondo il politologo Bruno Cautrès il movimento di protesta nato lo scorso novembre è riuscito a mettere in grosse difficoltà il presidente
Bruno Cautrès, membro del Centro di ricerche politiche dell’università SciencesPo di Parigi.
Danilo Ceccarelli
15.03.2019 06:00

Tra il 23 e il 26 maggio i cittadini dei 27 Paesi dell’UE sono chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo. Nelle pagine di Estero e Primo piano stiamo preparando una serie di approfondimenti sul tema. La prima puntata, pubblicata il 7 marzo, è stata dedicata alla Germania. Oggi puntiamo i riflettori sulla Francia, con un’intervista al politologo Bruno Cautrès, membro del Centro di ricerche politiche dell’università SciencesPo di Parigi.

Professor Cautrès, la Francia come si sta preparando alle elezioni europee?

«Non penso che il voto di maggio interesserà particolarmente i francesi e, come già successo negli anni passati, sarà caratterizzato da un tasso di astensione relativamente forte. La situazione, però, potrebbe cambiare in seguito agli annunci che il presidente Emmanuel Macron farà a metà aprile, dopo il grande dibattito nazionale (finito questa settimana, ndr). Se le proposte del capo di Stato dovessero deludere i sostenitori del movimento dei gilet gialli, assisteremo ad un aumento della partecipazione, con una parte dei francesi che si recherà alle urne per sanzionare Macron. Il presidente è consapevole del rischio che corre, e adesso sta cercando di prolungare il dibattito nel tentativo di guadagnare tempo prima di fare i suoi annunci».

Quale sarà la principale sfida per la Francia?

«Credo che saranno delle elezioni a dimensione nazionale, perlopiù legate alle preoccupazioni dei francesi. Si tratterà essenzialmente di sapere quanto sostegno gode il presidente».

Come ha influito il grande dibattito nazionale sull’elettorato?

«È stata un’arma a doppio taglio. Da una parte Macron ha ritrovato la dinamica e l’entusiasmo della campagna presidenziale, dall’altra la sua onnipresenza sugli schermi televisivi ha raggiunto un livello di saturazione assoluta. Gli elettori si divideranno tra chi ha ritrovato nel proprio presidente un leader carismatico e chi, invece, lo considera come il principale responsabile della crisi».

Dopo aver registrato un crollo nei sondaggi, nelle ultime settimane Macron ha effettuato una rapida rimonta. Quali sono i motivi di questo cambiamento di rotta?

«Macron era sceso troppo in basso, ormai non poteva che risalire. Durante il picco della crisi dei gilet gialli, avvenuto nella prima metà di dicembre, il presidente ha raggiunto lo stesso livello del suo predecessore, François Hollande, alla fine del mandato. Tuttavia questa rimonta non ha niente di spettacolare. Oggi la popolarità di Macron è tra il 25 e il 30%, un livello debole per una figura politica nuova, arrivata al potere dando l’impressione di aver realizzato un exploit alle elezioni presidenziali del 2017. È necessario inoltre sottolineare che Macron ha riguadagnato consensi soprattutto presso l’elettorato di centrodestra, più sensibile a temi come la sicurezza e l’ordine repubblicano, valori incarnati oggi dal capo dell’Eliseo. Per questi motivi non è possibile parlare di una vera e propria inversione di tendenza».

Come potrebbe influire un’eventuale candidatura dei gilet gialli?

«Probabilmente ci sarà una lista e credo che sia quasi pronta, ma in ogni caso si tratterà di una candidatura debole, incapace di rappresentare l’insieme del movimento. I francesi hanno capito che l’esplosione della collera sociale e popolare incarnata dai gilet gialli non avrebbe avuto sbocchi a livello europeo. Un’eventuale lista di gilet gialli dovrà far fronte a molti problemi, dovuti non solo alle divisioni interne e ai conflitti personali, ma anche all’impreparazione dei candidati sui temi che si affronteranno durante la campagna. Nel corso della protesta non mi è sembrato di sentir mai parlare di Europa, per questo il movimento avrebbe dovuto cominciare con una candidatura a delle elezioni locali, come ad esempio le municipali. Penso comunque che i gilet gialli avranno un effetto indiretto sul voto, tra chi vorrà esprimere il suo dissenso nei confronti del presidente Macron e chi invece vorrà appoggiarlo».

C’è il rischio che la protesta possa essere strumentalizzata da un partito dell’opposizione?

I gilet gialli raggruppano diverse idee politiche, che vanno dalla sinistra all’estrema destra. Il Rassemblement National di Marine Le Pen condivide con il movimento le critiche rivolte al mondo delle élite ma la questione dell’immigrazione, argomento centrale per il partito di estrema destra, non è mai realmente emersa durante la crisi dei gilet gialli».

Quali sono i temi che domineranno la campagna elettorale francese?

«La giustizia fiscale e la lotta all’evasione avranno un ruolo centrale. Macron e il suo partito, La République en marche, ne sono consapevoli e hanno già cominciato a lavorare in quella direzione attraverso la proposta di una web tax che colpisca i colossi di Internet e l’idea di istituire una tassa per i più ricchi, senza però rimettere l’Imposta sulla fortuna (la patrimoniale abolita lo scorso anno, ndr). Ci sarà inoltre un secondo argomento, riguardante l’impatto dell’UE sui margini di manovra della Francia. Il presidente concentrerà il suo discorso sulla necessità di preservare il modello nazionale nel contesto europeo attraverso le riforme previste dal Governo».

Anche l’immigrazione sarà al centro dello scontro politico?

Partiti di destra come il Rassemblement National e Debout la France (In piedi la Francia, ndr) cercheranno di portare al centro della campagna elettorale il tema dell’immigrazione, ma non so se ci riusciranno. Si tratta di un tema che resta ovviamente importante, ma in questo momento è offuscato dalle rivendicazioni dei gilet gialli. La protesta scoppiata a metà novembre sembra essere stato l’unico elemento in grado di ostacolare Macron. I gilet gialli sono stati i soli ad aver costretto il presidente a mettere un ginocchio a terra. Vedremo dopo le prossime elezioni se Macron riuscirà a risollevarsi o se invece sarà costretto a piegare anche l’altra gamba».