L'analisi

«Lo Stato islamico sfrutta il conflitto a Gaza»

L’Europa torna a fare i conti con la minaccia terroristica – A Solingen l’attentato è stato rivendicato dall’ISIS: «Vendetta per i musulmani in Palestina» – Marco Lombardi (Università Cattolica): «Il rischio? Che la guerra diventi un coagulatore per le organizzazioni»
©RONALD WITTEK
Francesco Pellegrinelli
25.08.2024 21:30

Due attentati di matrice terroristica nel giro di 48 ore in Europa. Il primo, venerdì sera a Solingen in Germaniaè stato rivendicato dal gruppo jihadista dello Stato islamico. «Una vendetta per i musulmani in Palestina», ha scritto su Telegram l’agenzia di stampa jihadista Amaq. Il secondo è avvenuto sabato mattina nel sud della Francia, dove un uomo con bandiera palestinese e kefiah ha incendiato due veicoli davanti alla sinagoga di La Grande-Motte, a poca distanza da Montpellier. Due attacchi che portano l’Europa a fare nuovamente i conti con la minaccia terroristica, ma che non sorprendono Marco Lombardi, professore di Sociologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore – dove insegna sicurezza e contrasto al terrorismo – e direttore del centro di ricerca ITSTIME (Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies): «La minaccia terroristica continua a essere una preoccupazione costante in Europa. Non a caso, nel rapporto dell’Europol, viene considerata la più grave e pericolosa tra tutte le sfide di sicurezza che il Continente deve affrontare». A maggior ragione, in questo preciso contesto storico: «Negli ultimi anni abbiamo vissuto una serie di eventi che, direttamente o indirettamente, hanno stimolato la violenza: la pandemia, la guerra russo-ucraina, l’attacco del 7 ottobre di Hamas e poi la risposta di Israele, ma anche le Olimpiadi, con il loro valore fortemente simbolico, hanno rappresentato un bersaglio potenzialmente strategico per la minaccia terrorista», osserva Lombardi.

Nel concreto, sottolinea ancora l’esperto, l’attacco di Solingen all’arma bianca è stato preceduto da un altro caso, sempre in Germania, a maggio e uno (dubbio) a febbraio. «Il bilancio parla in tutto di 24 feriti». In Francia l’attacco incendiario di sabato mattina alla sinagoga è stato preceduto dal lancio di bombe molotov a Rouen a maggio, sempre contro una sinagoga. Nulla di inatteso, conclude Lombardi. «Il 2024 conferma l’attenzione dei terroristi alle sinagoghe in Francia e l’uso di coltelli in Germania».

Agli occhi dei terroristi, gli eventi in Palestina offrono una giustificazione ideale per il radicalismo e il terrorismo musulmano, fornendo loro un pretesto perfetto per affermare la propria presenza e legittimità
Marco Lombardi

Processi di radicalizzazione

Che dire, invece, della rivendicazione jihadista? L’ISIS, sappiamo, non è Hamas. Quest’ultima ha come obiettivo la liberazione nazionale palestinese e, a differenza del gruppo islamista, non rappresenta una minaccia per l’Europa. Come spiegare allora questa sovrapposizione? In altre parole, perché lo Stato islamico giustifica l’atto terroristico come «una vendetta per il popolo palestinese»? Quale interesse persegue il gruppo terroristico? Ancora Lombardi: «La frammentazione all’interno del mondo musulmano è vasta, e il grado di affinità dottrinale tra ISIS e Hamas è altamente discutibile». Ma è proprio in funzione di questa distanza ideologica tra le due organizzazioni che la valutazione dell’esperto diventa interessante. Secondo Lombardi, lo Stato islamico sfrutterebbe il conflitto a Gaza e la causa palestinese come pretesti per inviare all’Europa un messaggio chiaro: «Ci siamo ancora». Non solo. «Agli occhi dei terroristi, gli eventi in Palestina offrono una giustificazione ideale per il radicalismo e il terrorismo musulmano, fornendo loro un pretesto perfetto per affermare la propria presenza e legittimità». ISIS, quindi, ricorda all’Europa la sua esistenza, cercando nel contempo una spinta ideologica nel conflitto palestinese. «Per il terrorismo questo è chiaramente un successo», avverte Lombardi. «Ed era piuttosto ovvio che lo Stato islamico sfruttasse il momento». Il rischio successivo? «Che la guerra israelo-palestinese possa diventare un coagulatore di interessi per affermare la sopravvivenza di gruppi terroristi. Alla fine, l’infedele, il Kafir, è uno e lo è per tutti», commenta l’esperto. Il quale evidenzia un secondo rischio: «Il conflitto in Medio Oriente può contribuire a influenzare processi di radicalizzazione in Europa, soprattutto considerando che la motivazione ideologica dei terroristi, spesso, è superficiale. In molti casi, l’impulso alla violenza precede la reale adesione a una scelta ideologica profonda». La spinta alla radicalizzazione, come detto, potrebbe quindi arrivare anche dalla vicenda palestinese. A questo proposito, le valutazioni di Lombardi sull’intero processo di radicalizzazione sono estremamente critiche. «Vedo in Europa poca responsabilità da parte della classe politica nel governare questi percorsi di radicalizzazione». Il riferimento di Lombardi è duplice. «Da una parte, in Italia, abbiamo assistito in questi giorni al caso delle cosiddette liste di proscrizione del nuovo PCI che ha schedato i sostenitori di Israele; dall’altra, in Francia la vicenda del 33.enne algerino (che ha dato fuoco alla sinagoga, ndr) mostra come i percorsi di integrazione debbano essere guardati criticamente e con attenzione. Lo scontro - conclude Lombardi - avviene sul piano culturale e non su quello della cittadinanza politica. Detto ciò, la sicurezza non aspetta. Serve oggi».