Logopedia, cresce il fabbisogno, e il DECS cerca soluzioni adeguate

Da anni le famiglie ticinesi sono confrontate con disagi e difficoltà a trovare una logopedista o un logopedista disponibile a corto termine per una valutazione e per una terapia. Lo ammette Mattia Mengoni, capo Sezione pedagogia speciale, alla luce di una problematica che si trascina oramai da anni. Accedere al servizio, infatti, può essere un problema: l’offerta non è all’altezza della grande richiesta. «La logopedia è considerata una misura di pedagogia speciale dagli 0 ai 20 anni», spiega Mengoni. «Il DECS è quindi competente per le terapiste che lavorano in questo ambito. Per questa fascia d’età le logopediste attive in Ticino operano in tre settori: nell’ambito pubblico presso le scuole tramite il sevizio di sostegno pedagogico e nell’intervento precoce attraverso il servizio dell’educazione precoce speciale, negli ambulatori degli istituti che offrono un percorso di scolarizzazione speciale ai minorenni e in ambito privato. Attualmente sono attivi 45 logopediste e logopedisti nel settore pubblico, 14 negli ambulatori degli istituti e 50 in ambito privato».
I mandati esterni
Negli ultimi anni è aumentato lo sforzo per rispondere, sia in ambito pubblico che in ambito privato, alla domanda crescente, e il territorio sta lavorando in maniera attiva per dare seguito alle richieste che rispecchiano un bisogno emergente della popolazione. «Si dovrebbe quindi sostenere questi sforzi riconoscendo la necessità di aumentare le risorse sia in ambito pubblico che in ambito privato», aggiunge Mengoni. Ma quando entrano in gioco mandati esterni? «In generale, nell’ambito delle prestazioni di pedagogia specializzata, la legge prevede che il Dipartimento può fare capo a dei prestatari privati riconosciuti, in funzione del fabbisogno». In sostanza, il ruolo dei prestatari privati completa l’intervento del settore pubblico e permette uno scambio attivo tra le parti. Le coperture di intervento hanno una durata temporale lunga, «che permette ai singoli prestatari, che siano scuole o terapiste, di organizzare il proprio lavoro su un determinato lasso di tempo», rileva ancora Mengoni. «Lo Stato non può garantire l’erogazione di prestazioni minime ai singoli prestatari poiché queste dipendono dal bisogno del territorio e dai criteri vigenti in ambito di riconoscimento».
Oggi l’incontro con la categoria
Le lunghe liste d’attesa per accedere ai servizi logopedici non toccano da vicino soltanto le famiglie. Anche le stesse logopediste risultano spesso oberate di lavoro. «A fronte di un forte aumento del bisogno ci si è dovuti organizzare per garantire le risposte adeguate», dice Mengoni. In attesa di sbloccare il credito necessario per i crescenti bisogni si è atteso ad emanare alcune garanzie di trattamento per le nuove richieste e per i rinnovi di trattamento. Ciò ha creato una certa apprensione tra le stesse professioniste, a cui è venuta a mancare una prospettiva economica certa. «Allo stato attuale abbiamo trovato una soluzione per un ampio riconoscimento anche di queste garanzie», tranquillizza il capo sezione. Da lì, la proposta di incontro con l’Associazione di categoria «per definire alcuni aspetti che permettano di fare fronte alla forte richiesta. Prevediamo un incremento importante delle ore riconosciute e finanziate. Per il prossimo anno sarà necessario trovare nuove soluzioni».
Sempre più necessari
Ma da dove nasce questo boom del fabbisogno? La direttrice del DECS, Marina Carobbio, evidenzia tre aspetti. In primis ricorda che «la nuova legge del 2011 e l’adesione all’accordo intercantonale sulla pedagogia specializzata hanno dato una spinta inclusiva con l’inserimento nelle scuole ordinarie degli operatori pedagogici per l’integrazione e la creazione di una nuova forma di scolarizzazione speciale tramite le classi inclusive, che recentemente hanno vissuto un forte sviluppo». Ciò ha «favorito un’apertura sulla piccola infanzia e il prolungamento delle prestazioni fino ai 20 anni». Questi nuovi elementi, concretamente, «hanno comportato una presa a carico maggiore in fasce di età che fino al 2011 erano scoperte». Stesso discorso per il Concordato Harmos, che dal 2015-16 «ha avuto un impatto importante nelle prestazioni di pedagogia specializzata con un aumento importante del bacino di allievi ai quali le prestazioni sono offerte». Questi cambiamenti, e più in generale «la maggiore consapevolezza sia nelle famiglie sia nelle scuole», hanno «favorito l’aumento di frequenza degli alunni con disabilità». Detto altrimenti: «Alcuni bambini che oggi frequentano la scuola dell’infanzia, prima di Harmos o della legge sulla pedagogia specializzata, non frequentavano o frequentavano sporadicamente la scuola».
L’accresciuta fragilità
Un ulteriore importante elemento sottolineato da Carobbio è «l’emergente eterogeneità e l’accresciuta fragilità di alcuni allievi: problemi che la scuola deve affrontare gestendo situazioni e reti molto complesse». Ma, aggiunge la direttrice del DECS, è pure «importante rilevare che l’aumento di richieste è una tendenza osservata in tutta la Svizzera e un confronto intercantonale ci conferma nelle risposte che stiamo organizzando». In questo senso, Carobbio rileva che «il sistema scolastico ticinese è già molto attento alle necessità degli alunni con bisogni educativi particolari». Motivo per cui «riteniamo che la via che stiamo adottando è una risposta corretta per questi allievi, per le loro famiglie ma in generale per tutto il sistema scolastico: il passaggio verso l’inclusione ha però bisogno di risorse per essere attuato; tutte le ricerche sul tema dimostrano che questi costi sono investimenti. Stiamo lavorando a un progetto che ha l’obiettivo di riorganizzare tutte le misure di sostegno rendendole ancora più efficaci».
Il Master della SUPSI
L’offerta di pedagogia specializzata e didattica inclusiva può essere ampliata attingendo dal Master offerto dalla SUPSI. Un corso «che ha un doppio impatto», precisa ancora Mengoni. «Da una parte abbiamo docenti che sono sensibilizzati alla tematica e possono anticipare il problema degli alunni con risposte adeguate, dall’altra l’approccio di didattica universale sul quale i docenti sono formati può offrire una risposta adeguata anche agli alunni con disturbi logopedici».