L'ONU: «Escalation di violenza in Birmania a 4 anni dal colpo di Stato»

Dal colpo di Stato militare del febbraio 2021, in Birmania (Myanmar) sono stati commessi «gravi crimini». È l'allarme lanciato dagli investigatori delle Nazioni Unite, che temono che la situazione possa peggiorare ulteriormente se i responsabili non saranno assicurati alla giustizia.
Da quando la giunta, che ha rovesciato il governo eletto di Aung San Suu Kyi, è salita al potere il 1. febbraio 2021, ponendo fine a un decennio di democrazia, «sono stati commessi gravi crimini in tutto il paese», ha dichiarato oggi Nicholas Koumjian, capo del Meccanismo investigativo indipendente dell'ONU per la Birmania.
«Le manifestazioni contro il regime militare sono state represse con violenza spesso letale. Migliaia di presunti oppositori sono stati imprigionati illegalmente e molti hanno subito torture, violenze sessuali e altri abusi», ha aggiunto Koumjian.
«Attacchi aerei sempre più frequenti e indiscriminati, colpi di artiglieria hanno ucciso civili, allontanato i sopravvissuti dalle loro case e distrutto ospedali, scuole e luoghi di culto», ha proseguito Koumjian.
Gli investigatori del Meccanismo hanno «prove sostanziali», la maggior parte delle quali riguarda crimini commessi dall'esercito, ha dichiarato Koumjian. Ma ci sono anche segnalazioni «preoccupanti» di atrocità - stupri, omicidi e torture - commesse da altri gruppi etnici ribelli che combattono l'esercito, ha aggiunto.
Koumjian ha tuttavia deplorato che non siano in corso procedimenti giudiziari, aggiungendo che «l'impunità dei crimini» rischia di incoraggiare «gli autori a commettere ulteriori violenze».
Intanto dall'ultimo rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), emerge che il malaffare prospera in Birmania, il paese è diventato il più grande produttore mondiale di oppio ed eroina, e uno dei maggiori produttori di metanfetamine. L'industria della giada, valutata miliardi di dollari all'anno, rimane in gran parte non regolamentata, alimentando la corruzione. Il gioco d'azzardo illegale, il traffico di esseri umani e le truffe fioriscono.
Una situazione definita di «policrisi» caratterizzata da collasso economico, intensificazione dei conflitti, complessi rischi climatici e peggioramento della povertà. Il rapporto rileva che dal 2020, il prodotto interno lordo (PIL) si è contratto del 9%, invertendo il progresso economico del decennio precedente.
L'inflazione ha raggiunto il 25,4% nel 2024, erodendo ulteriormente il potere d'acquisto delle famiglie. Il deficit commerciale è salito al 2,2% del PIL, esacerbato dalle severe restrizioni al commercio transfrontaliero. Per quanto riguarda la valuta del paese, è scesa da oltre 1.330 kyat per dollaro nel 2021 a 4.520 nel 2025, rendendo le importazioni inaccessibili e facendo salire i prezzi.
La situazione economica è peggiorata ulteriormente quando il paese è stato inserito nella lista nera dalla Financial Action Task Force per non aver combattuto il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
Secondo l'UNDP il conflitto in corso ha inoltre provocato lo sfollamento interno di oltre 3,5 milioni di persone e ne ha spinto molte altre a cercare rifugio nei paesi vicini. La fame sta raggiungendo livelli catastrofici e la produttività agricola è diminuita del 16% dal 2021. La carenza di fertilizzanti, l'impennata dei prezzi del carburante e le interruzioni del commercio hanno causato un aumento del 47% del il prezzo del riso, l'alimento base del paese.
Anche i servizi pubblici sono gravemente colpiti. Più della metà del paese non ha accesso all'elettricità e gli ospedali sono fuori servizio nelle zone di conflitto.
La situazione economica e di sicurezza ha portato a un esodo di giovani, 3,7 milioni dei quali sono emigrati in Thailandia dal 2023. Durante l'anno scolastico 2023/2024, oltre il 20% dei bambini non ha frequentato la scuola. Il rapporto indica che se le tendenze attuali continueranno, la povertà aumenterà, la migrazione si intensificherà e la fragile economia del paese crollerà sotto il peso del conflitto e dell'isolamento internazionale.