Luci e ombre dell'Unione europea, i punti di forza e di debolezza

Non tutto va bene, questo è chiaro. Ma non tutto va male. Come ogni area economica, anche l’Unione europea a 27 va valutata con equilibrio, guardando ai problemi che indubbiamente ha, ma pure agli aspetti di tenuta. Sparare contro l’UE è abbastanza facile, perché non si tratta di uno Stato unitario bensì di un’unione appunto, con divisioni interne e con un apparato che ha i suoi poteri - necessari per i sostenitori, eccessivi per i critici – ma spesso non può rispondere con compattezza. D’altronde alcune critiche all’UE sono giustificate, bisogna però osservare anche ciò che tiene.
Le cifre
Vediamo, in sintesi, lo stato dell’arte per la situazione economica dell’area. Prendiamo i dati e le previsioni più recenti della Commissione europea per la stessa UE e del Fondo monetario internazionale per alcuni Stati di rilievo al di fuori di essa. La crescita economica dell’Unione europea a 27 è stata dello 0,4% nel 2023 e dovrebbe essere dell’1% quest’anno e dell’1,6% il prossimo. Sono cifre che confermano che l’UE in questi anni non è certo campione di crescita, ma che al tempo stesso si prestano a considerazioni a lato. Pur con un passo lento, l’area ha evitato una recessione annua e ora sta risalendo; dopo il marcato rallentamento del 2023, l’aumento del Prodotto interno lordo sta riacquisendo vigore. L’UE non è ai ritmi di crescita 2024 degli Stati Uniti (2,7%) e nemmeno della Svizzera (1,3%), ma con il suo 1% è sopra quelli del Giappone (0,9%) e del Regno Unito (0,5%).
L’inflazione media annua nell’Unione europea è stata del 6,4% nel 2023 e dovrebbe essere del 2,7% quest’anno. La discesa del rincaro nell’area è dunque consistente, e ciò è un fatto senza dubbio positivo, anche se meglio dell’UE dovrebbero fare nel 2024 la Svizzera (1,5%), il Giappone (2,2%) e il Regno Unito (2,5%). Meno bene dell’area dell’Unione europea nel capitolo inflazione si avviano a fare invece gli Stati Uniti, che quest’anno dovrebbero registrare un’inflazione media annua del 2,9%. Gli USA, che hanno avuto nel 2023 un’inflazione minore rispetto a quella dell’UE, dovrebbero quindi essere sorpassati (nella discesa) da quest’ultima nel 2024.
Il percorso
Se in termini di crescita economica e soprattutto di calo dell’inflazione l’Unione europea può anche conteggiare alcuni punti a suo favore, sul terreno della disoccupazione invece resta staccata, nonostante alcuni passi avanti. Dopo il netto miglioramento registrato nel 2022, il tasso medio annuo di senzalavoro nell’UE è sceso solo dal 6,2% al 6,1% nel 2023 e a questo livello dovrebbe rimanere nel 2024. Il fatto che il tasso non peggiori quest’anno può già essere un risultato per la media UE, ma in altre aree economiche le previsioni per il 2024 hanno cifre migliori rispetto a quelle dell’Unione europea: Svizzera 2,3% (dati SECO), Giappone 2,5%, Stati Uniti 4%, Regno Unito 4,2%.
Nel campo dell’indebitamento pubblico l’Unione europea si presenta invece meglio di altri. Il rapporto debito pubblico/PIL dell’UE era all’82,9% per il 2023 ed è previsto esattamente allo stesso livello per il 2024. Se da un lato un Paese virtuoso nei conti pubblici come la Svizzera è previsto al 36,7% quest’anno, dall’altro ben peggiore è la situazione del debito pubblico per il Regno Unito (104,3%) e per gli Stati Uniti (123,3%), oltre che per il super indebitato Giappone (254,6%). È vero che per i parametri dell’Eurozona e dell’UE il tetto dovrebbe essere il 60%, ma è altrettanto vero che l’Unione europea è tra le aree in cui oggettivamente più si sta cercando di contenere il debito pubblico. In un quadro internazionale in cui la gran parte dei Paesi non è ancora ridiscesa ai livelli pre pandemia (alcuni Stati al contrario stanno aumentando l’indebitamento), l’area dell’Unione europea sta limitando il disequilibrio nei conti pubblici.
Le elezioni
Il quadro politico emerso con le recenti elezioni europee può far saltare gli assetti dell’UE? Anche i mercati seguono con qualche preoccupazione la situazione. Ma i timori non vanno ingigantiti. Nonostante i progressi delle estreme destre, nel Parlamento europeo una conferma della maggioranza popolari-socialisti-liberali è più che possibile. Eventualmente ci potranno essere parziali allargamenti, con esponenti conservatori o verdi, di quello che rimane l’asse centrale. Quanto alla Francia, dove ci si avvia alle elezioni nazionali, una vittoria della destra sovranista o della sinistra radicale non potrà comunque cambiare il fatto che presidente rimarrà il centrista Macron. Ci sarà nel caso una coabitazione, con presidenza e governo di diverso orientamento, non facile ma già vista. Vedremo le evoluzioni, ma indicare ora un crollo dell’UE ha l’aria di una forzatura.
L'Europa rimane nel gruppo di testa nelle graduatorie mondiali dei PIL
È utile tornare, per cercare di far chiarezza, sul perimetro di ciò che è Europa e dunque anche sulla consistenza economica del Vecchio continente. Il primo elemento da ricordare, che potrebbe essere banale ma non lo è vista la confusione che spesso si registra nel linguaggio, è che Unione europea ed Europa non sono la stessa cosa. In Svizzera, Paese che non fa parte dell’UE, lo si sa bene ma anche qui c’è chi talvolta usa male le parole. Dell’UE fanno parte 27 Paesi (20 di questi hanno l’euro), fuori da questa pur ampia area ci sono il Regno Unito, la Svizzera appunto, la Norvegia, molti altri Paesi. Anche senza considerare il gigante Russia (che è euro-asiatico), l’Europa è comunque più larga dell’Unione europea e questo va tenuto presente anche nelle valutazioni economiche.
I dati
Sulla base delle stime del Fondo monetario internazionale e guardando alle tre principali aree economiche mondiali, si può vedere come a valori 2024 il Prodotto interno lordo nominale degli Stati Uniti sia di 28.700 miliardi di dollari USA, quello dell’Unione europea di 18.900 miliardi, quello della Cina di 18.500 miliardi. Se però si sommano a quello dell’UE i PIL di Regno Unito, Svizzera, Norvegia e di altri 12 Paesi europei non UE, allora il Prodotto interno lordo nominale del Vecchio continente è di 24.400 miliardi di dollari, il che fa una discreta differenza (5.500 miliardi di dollari in più). La cifra che rappresenta la somma dell’Europa è meno lontana da quella registrata dagli Stati Uniti. Gli USA mantengono il primo posto, ma l’Europa nel suo complesso non è così irrimediabilmente distante ed è più nettamente al secondo posto, davanti alla Cina, terza.
I PIL nominali devono essere necessariamente posti in classifica calcolandoli in un’unica moneta, che è il dollaro USA. La graduatoria dei nominali dà già un’idea molto credibile delle dimensioni, ma non mette al riparo dagli effetti valutari, cioè dai rialzi o dalle discese delle varie monete in rapporto al dollaro, che aumentano o riducono la somma del PIL in classifica. Per questo, e per cercare di capire quanto davvero si può comprare con quanto si produce, esiste anche un’altra graduatoria, che è quella dei PIL PPP (Purchasing Power Parity, parità di potere d’acquisto), per la quale viene utilizzato un ipotetico dollaro internazionale.
Nella classifica dei PIL PPP la Cina è prima con 35.200 miliardi, gli Stati Uniti sono secondi sempre con 28.700 miliardi, l’Unione europea è terza con 26.300 miliardi. Ma, di nuovo, se si sommano al PIL dell’UE gli altri PIL dei Paesi europei non UE, ebbene la cifra sale a 32.800 miliardi (6.500 miliardi in più, non poco). Dunque considerando non solo l’Unione europea bensì l’Europa nel suo complesso, quest’ultima seguendo l’ottica della parità di potere d’acquisto è seconda nella graduatoria mondiale, dietro la Cina e davanti agli Stati Uniti, terzi. Per la cronaca, si può aggiungere che secondo gli stessi dati FMI sui PIL PPP suddivisi per singoli Paesi (dunque senza calcolare UE ed Europa nel loro complesso), dietro la Cina e gli USA ci sono l’India terza con 14.500 miliardi, il Giappone quarto con 6.700 miliardi, la Germania quinta con 5.600 miliardi, la Russia sesta con 5.400 miliardi.
Pro capite
Quanto al PIL pro capite, per persona, gli Stati Uniti sono sopra la media dell’Unione europea, sul versante sia dei PIL nominali sia dei PIL PPP. Anche il Regno Unito è sotto il livello degli USA. Non è così, invece, per Paesi come la Svizzera e la Norvegia, che sono sopra il livello americano su entrambi i versanti. Anche il Lussemburgo e l’Irlanda (Paesi dell’UE) hanno cifre superiori a quelle USA. Nei PIL pro capite nominali nella graduatoria dei singoli Paesi gli Stati Uniti oscillano tra il sesto e il settimo posto, nei PIL PPP pro capite danzano invece tra l’ottavo e il nono posto. Gli Stati Uniti sono sopra il livello complessivo europeo, ma vengono sopravanzati da alcuni singoli Paesi del Vecchio continente