Lugano e quell'accordo con El Salvador, dove il Bitcoin s'insegna alle elementari
Mettiamo il caso che al Plan B Forum di quest’anno, fra una conferenza e l’altra, ci fossimo concessi una birretta, pagandola in Bitcoin. Ne avremmo spesi 0,000186: l’equivalente di 5 franchi. L’anno scorso, la stessa bibita ci sarebbe costata 0,000243: il 30% in più. La criptovaluta in questione è volatile, si sa, e non è semplice capire quando è il momento migliore per spenderla. Noi volevamo solo una birretta. Ora, tenendo lo sguardo fisso sulla nostra bevanda e le sue bollicine, immaginiamo di sorseggiarla al tramonto seduti sulla sabbia tiepida di El Zonte, una delle spiagge più conosciute di El Salvador. Nel 2021 il Paese centroamericano ha dichiarato il Bitcoin moneta a corso legale e l’anno scorso, sull’onda del nostrano Plan B, ha firmato un accordo di cooperazione economica con la Città di Lugano. Ma come stanno andando le cose laggiù, tra foreste incontaminate, vulcani e le onde del Pacifico?
Uno studio lo ridimensiona
«Attualmente le criptovalute si usano principalmente come riserva di valore, mentre il ruolo fondamentale di una moneta è la sua funzione di mezzo di scambio» sottolinea uno studio sull’adozione del Bitcoin in El Salvador condotto dalla maggiore organizzazione per la ricerca economica negli USA, il National Bureau of Economic Resarch. «Meno del 10% delle persone continua a usare il portafoglio virtuale messo a disposizione del governo e meno del 2% dei versamenti fatti dagli emigrati salvadoregni negli Stati Uniti viene fatto in Bitcoin». Una situazione simile a quella di Lugano, dove le criptovalute faticano ad apparire fra le transazioni dei commercianti cittadini. Ma per i salvadoregni venuti alla conferenza di fine ottobre sulle rive del Ceresio, «è troppo presto per trarre delle conclusioni».
Tinte politiche
Il direttore dello sviluppo economico della Città Pietro Poretti ci ha fatto sapere che l’accordo con El Salvador si concentra principalmente sulla formazione. All’ultimo Forum, ad esempio, era presente anche un gruppo di giovani studenti latinoamericani che indossava con fierezza un cappellino con scritto «Bukele 2024». Nayib Bukele, il presidente salvadoregno. La sua politica ha fatto discutere a livello internazionale: sia per l’approccio repressivo nei confronti delle bande criminali, sfociato nell’incarcerazione di settantamila persone, sia per l’approvazione della Legge Bitcoin, da molti definita una scommessa. Ma mentre Amnesty International ha parlato di «violazioni sistematiche dei diritti umani dalle autorità salvadoregne», tutti i centroamericani presenti a Lugano erano entusiasti dell’operato del loro presidente: parlavano di sparizione della violenza e di miglioramento delle possibilità economiche della popolazione. «È corretto parlare di diminuzione della violenza» ci ha spiegato al telefono Saira Barrera, professoressa di Economia all’Università Centroamericana di San Salvador, «ma è giusto anche far notare che ci sono state violazioni dei diritti umani. Infatti la repressione non ha colpito solo i criminali, ma anche manifestanti e attivisti per diverse cause, provocando conseguenze negative difficili da quantificare». Per questo, l’opposizione giudica Bukelele «un dittatore». Il presidente, dal canto suo, si difende con un dato: «grazie al solido lavoro in materia di sicurezza», come si legge sul rapporto 2023 dell’agenzia del turismo nazionale, «i visitatori sono cresciuti del 30% rispetto ai livelli prepandemici».
In concorrenza con il dollaro
Per quanto riguarda la Legge Bitcoin, i critici disapprovano in particolare il fatto che il Governo abbia acquistato la criptovaluta come investimento con soldi pubblici. «No al Bitcoin», «La gente non vuole Bitcoin»: si leggeva sui cartelloni di una manifestazione fra le strade della capitale, subito dopo l’approvazione della legge. L’economista salvadoregna Julia Evelyn Martinez, in una sua pubblicazione intitolata Luci e ombre attorno a Bitcoin, scriveva «che una moneta non regolata da uno Stato, ma unicamente dal libero mercato, non dovrebbe essere imposta da un’autorità governativa, ma essere il risultato di una scelta libera degli individui». «Non c’è stata l’adozione che si sperava – conclude la professoressa Barrera – e attualmente in giro non se ne parla più nemmeno tanto. In generale la gente preferisce il dollaro statunitense. Ne ho discusso anche con i miei studenti e sono davvero pochi quelli che usano criptovalute nelle loro transazioni quotidiane. Sull’uso di Bitcoin come investimento da parte del Governo, invece, non ho molte informazioni: c’è un accordo di riservatezza che fa trapelare pochi dati».
Fin da bambini
Per incentivare l’utilizzo della criptovaluta, a differenza di Lugano, El Salvador ha creato un’applicazione per smartphone e una rete di bancomat che permette di comprare, conservare e spendere Bitcoin. Da noi l’approccio è più informativo/educativo (conferenze, collaborazioni con le università) e ci sono strutture che consentono di pagare in Bitcoin, non di acquistarne. «Un’applicazione è stata sviluppata solo per i LVGA, la criptovaluta della città ancorata al franco», ha sottolineato Poretti. «Non vogliamo spronare i cittadini ad acquistare un prodotto volatile». Un’altra differenza è il tipo di pubblico a cui è rivolta la promozione. In El Salvador, con l’aiuto di alcune ONG, s’insegnano i Bitcoin anche nelle scuole elementari. Un libro di testo con la copertina patinata, intitolato Il mio primo Bitcoin, ricorda quello che gli scolari ticinesi usano per imparare il francese o il tedesco. Con tanto di spiegazioni, vignette colorate e schede di esercizi.
Da noi attecchirà?
«A ispirare il presidente è stata la comunità di El Zonte», ci ha detto Roman Martinez, che di quella comunità è il responsabile. Ora si chiama «Bitcoin Beach» (la spiaggia della birretta) e nel 2019 iniziò a usare la criptovaluta perché non aveva accesso al sistema finanziario tradizionale. «Il Bitcoin ha dato la possibilità alla gente di partecipare all’economia globale», ha aggiunto Martinez. «Prima il 90% delle persone del nostro villaggio era impossibilitata ad avere un conto in banca, ma ora con uno smartphone tutti possono risparmiare e spendere nella criptovaluta. Per esempio, un ragazzo può dare dei corsi di spagnolo a distanza, a qualsiasi persona al mondo, e incassare Bitcoin; oppure, è finalmente in grado di dare delle garanzie per ricevere un mutuo per acquistare una casa». Durante la festa al Plan B Forum di Lugano, Fernando Motolese, un brasiliano che sta cercando di creare una comunità simile nel suo Paese, e che sta traducendo in portoghese il libro Mi primer Bitcoin, era piuttosto critico sulla situazione di Lugano: «Qui tantissimi commercianti hanno il terminale per accettare Bitcoin, ma pochi clienti lo usano. Forse in Svizzera, dove tutti hanno un conto in banca e non c’è una forte inflazione ogni anno, è più difficile capire l’utilità delle criptovalute».