Nel 2019

L'unico precedente, nella cornice dell'Eliseo, sei anni fa

Il primo e ultimo incontro ufficiale tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky in una giornata di dicembre di sei anni fa - Ci sono alcuni punti ancora attuali
© EPA
Paolo Galli
19.08.2025 15:30

Una stretta di mano c’era stata, a quanto pare, ma non a favore di fotografi. Il primo e ultimo incontro tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin risale al 9 dicembre del 2019. La cornice elegante dell’Eliseo e la presenza rassicurante di Emmanuel Macron e Angela Merkel - quali garanti - avevano fatto in modo di mettere a loro agio i due litiganti. Allora, al centro del vertice, c’era il «solo» Donbass, da anni (dal 2014, per la precisione) teatro di guerra. In quell’occasione, Zelensky seppe tenere testa al più navigato Putin. Il reportage del New York Times partiva, non a caso, da questo incipit: «Si preannunciava una sfida singolarmente impari: un ex ufficiale del KGB e maestro esperto di intrighi globali senza esclusione di colpi contro un ex comico privo di qualsiasi esperienza in politica di potere e provato dai duri scontri del suo Paese con il presidente Trump». E però proseguiva: «Ma il primo incontro faccia a faccia di lunedì si è rivelato più un pareggio che una passeggiata per Putin, con modesti progressi nel placare la guerra durata cinque anni e mezzo nell'Ucraina orientale».

Si racconta, tra le altre cose, di uno scambio di battute tra Putin e Merkel. A un certo punto, il russo disse: «Ascoltate, voglio dirvi la verità». Ma l’allora cancelliera tedesca lo interruppe: «Ma Vladimir, io pensavo che tu dicessi sempre la verità». Touché! Putin rispose: «Angela, tutti mentono. Io mento, tu menti, Emmanuel mente e anche Zelensky mentirà».

In tutti i casi, si parlò di primi passi verso il disgelo. Lo stesso Putin, al termine del vertice, disse: «La Russia farà tutto il possibile affinché tutte le questioni siano risolte e il conflitto in quanto tale possa finire». In realtà non è mai finito, ma questo lo sappiamo oggi, con il senno di poi. Di base, il mondo se n'è davvero accorto nel febbraio del 2022: nulla di tutto quel caos è stato risolto.

In tutti i casi, allora le parti si impegnarono a una piena e completa attuazione di un cessate il fuoco entro la fine di quell’anno. Ma non solo. Furono sei i punti salienti riassunti dai quattro protagonisti di quella tavola rotonda: il cessate il fuoco, appunto; un nuovo scambio di prigionieri sulla base del principio «tutti per tutti» (non a caso uno dei punti maggiormente evidenziati ieri da Trump nella situazione attuale); un accordo all’interno del cosiddetto Gruppo di contatto trilaterale su tre ulteriori aree di disimpegno dal fronte entro il marzo dell’anno successivo; un altro accordo, in questo caso su nuovi punti di attraversamento lungo la linea del fronte, basati su criteri umanitari; l’integrazione della «formula Steinmeier» (per regolare lo status speciale dei territori nel Donbass) nella legislazione ucraina; un nuovo vertice dopo quattro mesi. Nulla che abbia davvero risolto la situazione.

Nel 2019, importante sottolineare come il presidente degli Stati Uniti fosse già Donald Trump. Nelle cronache di allora viene evidenziato il mancato sostegno a Kiev proprio da parte di Washington, un elemento su cui in realtà l'Ucraina faceva invece affidamento. Pochi mesi prima di quel vertice di Parigi, gli stessi Trump e Zelensky si erano incontrati a New York. E il tycoon disse: «Spero davvero che lei e il presidente Putin vi incontriate e possiate risolvere il vostro problema». Come a voler prendere le distanze da una situazione spinosa, ereditata dalla precedente amministrazione. Già allora, la vicinanza tra Trump e Putin era un tema caldo, molto caldo, materia persino di accuse di impeachment.

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