L’uomo della Valle Bavona con sete di confronto e di conoscenza
Con il presidente del Centro Fiorenzo Dadò, una giornata nella sua valle dove conosce ogni sasso tra ricordi, aneddoti, un po’ di vita politica ma a dosi omeopatiche.
L’appuntamento con il presidente del Centro Fiorenzo Dadò è nella sua terra, a Roseto, in Valle Bavona alle 8.30, un luogo raggiungibile in 1 ora e 40 minuti dal mio domicilio. La Valle Bavona è lunga e stretta, chiusa tra alte pareti di roccia, la strada è deserta e la luminosità scarsa. Fiorenzo arriva a bordo della sua Volvo Croos Country 4x4 sorridente e raggiante: «Benvenuto in Val Bavona Gianni» dice un po’ come quando il padrone di casa ti accoglie sull’uscio della sua dimora. Ma non sono sterili convenevoli, pochi passi e mi rendo conto che quella valle è davvero la sua casa: «Qui ho trascorso parte della mia infanzia e nel rustico di famiglia oggi vivo diversi mesi all’anno, di regola dalla primavera ad ottobre. Io sono legato alla mia terra e alla montagna: vedi, qui c’è poco ma ho tutto, non mi manca nulla. La mia anima è qui». Sui tetti vedo qualche pannello solare, ma non è per credo ecologico, bensì per necessità, dato che questa valle non è allacciata alla rete elettrica, si usa il gas: «Qui impari a sviluppare l’arte dell’arrangiarsi, del risparmio, e ti rendi conto che l’essenziale quando vivi dove c’è tutto non sai più cosa è». Due passi e si avvicina una persona sorridente: «Lui è mio zio Ivo Dadò, uno degli ultimi testimoni della vita contadina, gli vogliono bene tutti qui a Roseto». La Valle Bavona è curata nei minimi dettagli, i rustici sono in uno stato che sfiora la perfezione, i giardini curati e i vasi di fiori colorati non mancano: «Adoro i fiori, ma quest’anno i miei sono tutti rattrappiti, un po’ tristi a causa del tempo secco». Poi, una volta giunti a casa sua si volta, si abbassa e prende sul palmo della mano una bella rosa. L’annusa: «Lo faccio tutti i giorni, mi piace questo profumo, un’essenza unica. È un po’ come un rito prima di andare a dormire, come lo è anche accendere il camino». Dadò, classe 1971, è radicato alle tradizioni e va fiero del suo impegno nella Fondazione Val Bavona. Ci incamminiamo e man mano mostra tutte le particolarità legate all’attività contadina della valle, dagli Splui sotto la roccia (casette o rifugi edificati sfruttando i millenari massi che si trovano sul posto), ai massi che venivano usati come prati pensili.
Il primo raggio di sole
Per vedere il primo raggio di sole abbiamo atteso fino alle 10. Con l’avvicinarci all’autunno e poi l’inverno «le ore di luce saranno sempre meno. Vedi Gianni, qui se tieni la testa bassa o scruti l’orizzonte, vedi solo roccia e massi. Sei costretto a volgere lo sguardo verso l’alto, al cielo, per vedere la luce. Guarda verso le cime, c’è qualcosa di mistico».
Lungo il sentiero
Fiorenzo è una guida puntuale e che conosce ogni sasso della valle. Veniamo all’infanzia, come descriverla? A livello scolastico mi parla di un «percorso un po’ tortuoso culminato dopo il liceo nel diploma di economia aziendale. L’infanzia è stata bella, spontanea e spensierata. In giro nella natura, per boschi, sulle piante e nei prati, senza troppi gingilli. Sono stato un bambino fortunato, anche perché i miei genitori non ci hanno fatto mancare nulla. Nello stesso tempo devo riconoscere che per loro non deve essere stato facile, mia madre in particolare deve aver avuto una gran pazienza con me. Ero molto vivace, avevo bisogno di risposte piene e soddisfacenti, non mi sono mai accontentato del cosiddetto «menavia» che danno talvolta gli adulti. Ho sempre avuto sete di conoscenza, di capire le cose fino in fondo, sono un curioso della vita, voglio sapere, sperimentare per farne tesoro». Si può dire sempre a caccia della verità? «Ma cosa è la verità, è come l’intelligenza, non ce n’è mai solo una, ma possono esserci più verità. Io ho un gran bisogno di confronto, di stimoli».
Il terremoto in Armenia
Il discorso, un po’ filosofico, torna ben presto su binari dell’attualità. Fiorenzo si appresta a partire per qualche giorno in montagna, «una passione che mi è stata trasmessa e che è soprattutto una voglia di stare nella natura. Sono un amante dei cani, ne ho avuto tanti, ho fatto l’istruttore nel Club Alpino e a 17 anni sono stato chiamato una notte per intervenire in Armenia, dove c’era stato un terremoto. Nonostante fossi minorenne i miei genitori hanno avuto fiducia e sono partito con il corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe. Sono stato tra le macerie a salvare vite e recuperare cadaveri. Ho visto di tutto. Le tragedie che affliggono l’umanità mi hanno sempre colpito». Un’esperienza che lo ha portato a fare «qualche click, per me e per comprendere gli altri. Anche le mie esperienze lontano dal Ticino, ad esempio in Nepal hanno avuto lo scopo di tendere la mano a chi è meno fortunato». Anche Fiorenzo, che oggi vediamo pelato, da giovane aveva ovviamente i capelli ed erano «talvolta lunghi e spettinati, un po’ da hippy, ero un tipo da sacco in spalla e via, come quando da liceale andai in Pakistan in zone disperse senza alcun contatto. Al rientro dalle montagne io e una mia amica ci accorgemmo che era scoppiata la Guerra del Golfo, trovammo i carri armati nelle strade e paura. Compresa quella dei genitori, non c’erano telefonini e non li sentivamo da settimane».
L’impresa di famiglia
«La Armando Dadò editore è stata creata da mio padre dal nulla. Voleva fare il giornalista ma non ha avuto l’opportunità, così da una semplice e antiquata macchina da stampa è iniziato tutto, sulla spinta anche del suo docente Plinio Martini, mentre il nonno voleva fargli fare il ciabattino, così avrebbe lavorato al caldo. Sono orgoglioso di lui che si è fatto da solo, grazie all’impegno e frequentando personalità dell’epoca come Indro Montanelli. Papà, che ha 85 anni è ancora molto attivo, attento, lucido e presente. Io ho due fratelli: Luca si è formato nel ramo ed oggi è lui che dirige l’azienda, per contro Michele ha studiato archeologia e astrologia e vive in Vallese. Io per una decina d’anni ho persino avuto un gregge di capre qui in valle, volevo provare per un po’ la vita dei miei avi, poi mi sono avvicinato all’editoria e ho sviluppato la passione per la politica, attività che oggi mi occupa molto, direi troppo. Ma prima o poi smetterò per occuparmi solo dell’azienda di famiglia».
L’approccio con la politica
Ma perché la politica? «Forse anche questa per curiosità. Per sapere e conoscere. Sono partito dai movimenti giovanili, nel 2003 mi sono candidato al Gran Consiglio e nel 2007 sono stato eletto. In questi anni mi sono impegnato anima e corpo, nel bene e nel male, perché quando sono convinto e prendo un impegno vado fino in fondo, sono un sanguigno, spinto dalla passione e dagli ideali. Poi, ci mancherebbe, faccio anche degli errori, ma se sbaglio so riconoscerlo». In partenza, appena entrato in Gran Consiglio «ero molto coscienzioso, leggevo e sottolineavo tutto. Ricordo che un deputato mi disse, «vorrai ben smettere da solo». E dopo qualche seduta parlamentare dissi a mio padre: «Mi annoio, un anno e poi smetto. Invece sono ancora qui». Ma sei ancora sanguigno? «Un po’ meno. In montagna ho imparato a stare tranquillo, in attesa, in una piccola tenda per giornate intere mentre nevica, come pure a reagire velocemente quando occorre. Con il tempo gli angoli si smussano».
Papà Armando
Fiorenzo assomigli in qualcosa a tuo padre? «Sicuramente, ma c’è qualcosa che lui ha e io no. La capacità di coinvolgere le persone e mantenere una miriade di contatti. È una sua grande virtù che mi spiace un po’ di non aver ereditato. Io fatico a stare con troppe persone tutte assieme, prediligo gli incontri a due o tre. Mi piace ascoltare i racconti degli altri. C’è sempre da imparare nell’ascolto. Abbiamo poco tempo in realtà, non siamo quasi nulla, un soffio di vento e la vita finisce. Sto leggendo il libro di Alberto Angela sulla catastrofe di Pompei nel 79 d.c, un’eruzione che ha sprigionato una energia pari a 50.000 bombe di Hiroshima e che in 24 ore ha cancellato una civiltà».
Mia figlia, la mia gioia
Dadò non lo cita mai, io non oso farlo, ma camminando tra una confidenza e l’altra, penso al caso Argo1 che lo ha travolto pubblicamente mettendo in piazza anche i suoi affetti, non per scelta sua ma per quella dinamica perversa della politica che abbiamo già visto in passato e non ci illudiamo di non vedere più. Mi rendo conto che è una ferita della quale non vuole parlare e guardo oltre. Fiorenzo, hai figli? La domanda è di quelle che rendono orgoglioso ogni padre. Gli occhi si accendono: «Sì, Sofia e fa la quarta media. È la mia più grande gioia. Una ragazza intelligente con sani valori, molto vivace. Suona anche il sax nella Banda valmaggese. È la sola discendente della nostra famiglia e ha un rapporto eccezionale con i nonni che, con la sua nascita, sono ringiovaniti. Un figlio ti cambia l’orizzonte e non sei più fine a te stesso. C’è qualcosa che continua dopo te e tutto si fa più luminoso».
L’amicizia in politica
La politica è anche amicizia e Sabrina Aldi non ha nascosto l’amicizia nata tra voi: «È una donna oltre che gentile e gioiosa, davvero in gamba, le sono grato». Passando dallo specifico al generale aggiunge «che in partenza ci vuole un po’ di diffidenza perché la politica nasconde anche interessi e occorre capire quanto è profonda la sincerità dell’amicizia».
Patto di Paudo? «Vedremo»
La serie di Pubblico&Privato era iniziata con il presidente del PLR Alessandro Speziali che dal suo ritiro di Paudo aveva lanciato l’idea di un omonimo patto dopo le elezioni cantonali del prossimo aprile. Il Centro e il suo presidente non intrattengono rapporti rilassati in questo periodo con il PLR e il suo vertice. Dadò non si dilunga troppo: «Gli accordi si fanno su un rapporto di parità. Resto convinto che abbiamo molto in comune e che questa sia la strada più intelligente. Avevo proposto ad Alessandro di costituire un gruppo di riflessione su 3-4 macro temi. Sono passati due anni ma per ora non si è fatto nulla. Poi dico che in vista delle federali congiunzioni raffazzonate non sono più proponibili, senza un programma condiviso». Un messaggio rivolto anche ai deputati a Berna dei due partiti, i primi interessati alla convergenza delle liste». E Dadò rincara: «Oggi il Centro i principali accordi li trova con la Lega anche in virtù dei buoni rapporti personali che abbiamo con Sabrina Aldi e Boris Bignasca. Poi non sempre ci riusciamo, ma nessuno ne fa un dramma».