L’Uomo e il Clima, la necessità di una riflessione

«Questa idea nasce da una necessità». Della conferenza stampa di presentazione del festival diffuso L’Uomo e il Clima, ci è rimasta impressa proprio questa parola: necessità. La necessità di comunicare, di divulgare, in qualche modo di intervenire. Poi tante sono state le citazioni degne di nota, tanti i dati offerti en passant e i pensieri in prospettiva. Come ha sottolineato Cristian Scapozza, responsabile del Centro competenze cambiamento climatico e territorio della SUPSI, tra i curatori dell’iniziativa, il clima del passato è la chiave per prevedere il nostro futuro. E al momento non è facile guardare oltre questo presente con ottimismo. È più facile, invece, cadere nel catastrofismo. Ma non è questo lo spirito all’origine del festival e delle varie mostre che verranno proposte da novembre fino al maggio prossimo. Lo ha spiegato, con cura, Gianluca Bonetti, l’anima di questo festival, il cui obiettivo è offrire «una visione d’insieme». L’obiettivo è sensibilizzare, rendere più consapevoli i visitatori. È questa, la necessità dei curatori. La necessità dell’Uomo, oggi, confrontato a una vera e propria crisi.
Un Comitato d’eccezione
La generosità e le convinzioni dei curatori si rispecchiano nello straordinario Comitato d’onore del festival. Straordinario perché composto da personalità di rilevanza internazionale, scienziate e scienziati di spicco. Un nome su tutti: Telmo Pievani, filosofo, evoluzionista. Nel suo intervento registrato a New York, dalla non casuale Ellis Island - il cui porto accolse una dozzina di milioni di migranti tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento -, ha parlato di un’altra necessità, in quest’opera di sensibilizzazione. Pievani ha parlato di una spinta dettata da «senso di umanità e di giustizia». Meglio, per citare le sue esatte parole: «Il rapporto tra clima e umanità, a mio avviso, è tutto qui: una questione di giustizia e di lotta alle diseguaglianze». Del Comitato d’onore fanno parte anche la climatologa Elisa Palazzi, per l’occasione collegata con Villa Ciani dall’Università di Torino; Bruno Giussani, intellettuale ticinese, già curatore globale del think tank TED; Sonia Seneviratne, direttrice dell’istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima presso l’ETH; Thomas Stocker, fisico del clima, e Andrea Rinaldo, professore di Costruzioni idrauliche a Padova e a Losanna, Water Prize 2023. Lo stesso Rinaldo, che poche settimane fa era stato protagonista, a Lugano, di un’interessante conferenza, ha sottolineato come la scienza non sia «una grammatica universale» e come, quindi, sia necessaria una mediazione. «Una volta erano le variazioni climatiche che dettavano le leggi dell’evoluzione, oggi avviene il contrario», ha detto in un contributo registrato.
Se la scienza ha fallito
«I dati non bastano. La scienza ha fallito», ha sottolineato a sua volta Clara Caverzasio, che ha collaborato all’organizzazione del festival con Scapozza e Bonetti. Ha citato Jonathan Safran Foer: «Noi siamo il diluvio, noi siamo l’arca». Ecco, è questo lo spirito con cui nasce l’iniziativa: non colpevolizzare, ma offrire una sponda al clima, una soluzione, con l’attenzione di chi deve, comunque, rispondere a un certo «provincialismo meteorologico», come lo ha definito la stessa Caverzasio. Cristian Scapozza è andato oltre, evidenziando come una lettura corretta del cambiamento climatico necessiti «di uno sguardo che non si concentri solo sulle osservazioni dirette o sulla climatologia storica, ma che abbracci il cosiddetto tempo profondo, che da una scala temporale di decenni, secoli e millenni, ci porta a ragionare in centinaia di migliaia, financo milioni, di anni». Anche perché oggi viviamo in una «aberrazione climatica antropogenica». Sì, come ricordato da Gianluca Bonetti, a partire dalla rivoluzione industriale, «e con una forte accelerazione a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, si è aggiunto il fattore umano, con la continua e crescente emissione di gas serra». È venuta a crearsi una situazione ben diversa «da quella auspicata nell’Accordo di Parigi». Ecco, secondo l’ideatore del festival, occorre, oggi, «raccontare il clima del passato per favorire la comprensione dell’eccezionalità». Ma non solo, anche «della preziosità del clima in cui viviamo». E bisogna anche raccontare «di cosa le prossime generazioni potrebbero sperimentare qualora non riuscissimo a realizzare in tempo utile la transizione energetica. Una trasformazione già iniziata, ma che sta procedendo troppo lentamente».
Arte, cultura, confronti
E quindi? Abbiamo insistito sul motore del festival, sulla spinta, sulle cause, ma non su ciò che verrà offerto. L’Uomo e il Clima è un festival diffuso - «innovativo nella sua forma, intenso, fondamentale», lo ha definito Roberto Badaracco, vicesindaco della Città - che intreccerà «antropologia, scienze della Terra, scienze naturali, arte, cinema e fotografia» per dare «una visione d’insieme sulla complessa tematica dei cambiamenti climatici». Parliamo quindi di mostre, conferenze, eventi e proiezioni cinematografiche che si svolgeranno in più sedi, sempre a Lugano, tra novembre 2024 e maggio 2025. Lo stesso Badaracco ha parlato di «arte, cultura, confronti». Un modo nuovo per rispondere alla necessità di andare oltre il momento, oltre la paura. E oltre la passività.
Tutti i luoghi del festival
Al MUSEC-Museo delle Culture di Lugano sarà allestita la mostra L’Uomo e il Clima, il progetto espositivo all’origine dell’intero festival. Intrecciando antropologia, scienza e arte, l’esposizione esplorerà alcune grandi oscillazioni climatiche vissute dall’umanità nel suo lontano passato. La mostra sarà aperta al pubblico dal 21 novembre al 18 maggio 2025. Un’altra mostra, dal titolo Lost Ice, sarà invece allestita negli spazi espositivi della Artphilein Library a Paradiso: attraverso il fotolibro contemporaneo e la fotografia sarà indagato il tema della fusione dei ghiacci montani, polari e marini. La mostra sarà aperta dal 27 novembre. L’Acqua che verrà è, invece, il titolo della conferenza/spettacolo in programma il 30 novembre dalle 17 alle 19 all’Asilo Ciani con il climatologo Luca Mercalli. Dal 3 dicembre alla biblioteca cantonale di Lugano sarà visitabile la mostra La scoperta dei cambiamenti climatici nelle opere dei pionieri della scienza. Al cinema Lux di Massagno, tra gennaio e febbraio, andrà invece in scena una rassegna cinematografica intitolata Cinema e clima. Quattro gli appuntamenti previsti. E si arriva a febbraio, quando la Repetto Gallery presenterà Il Canto della terra, una selezione di opere di artisti contemporanei che esplorano l’intimo e complesso rapporto tra l’essere umano e il mondo naturale. Infine, presso il Museo cantonale di storia naturale, alcuni grandi cambiamenti climatici avvenuti nel passato del Pianeta saranno raccontati attraverso gli animali. La mostra, a ingresso libero, resterà aperta dal 21 febbraio 2025 fino al 21 febbraio 2026. Maggiori info: www.uomoeclima.org.