Ma la realtà è tutta a favore della Confederazione

Varese ci prova, ad attrarre nuovi residenti d’oltrefrontiera. Ma con quale, possibile, esito, è difficile dire. Certo è che i numeri, almeno quelli degli ultimi anni, non vanno nella direzione auspicata dal sindaco della città lombarda. La sproporzione tra gli italiani che scelgono la Svizzera e il Ticino e i confederati che decidono di andare a vivere nel Belpaese rimane enorme.
Tanto per capirci, stiamo parlando di un rapporto di 1 a 42. Alla fine del 2021, i cittadini con passaporto soltanto italiano residenti in Svizzera erano infatti 328.300, in aumento costante (+7 mila unità negli ultimi due anni); gli svizzeri residenti in Italia erano, invece 7.646, in diminuzione del 10% rispetto ai tre anni precedenti. Di questi, 2.341 vivevano in Lombardia.
Se si analizza l’area di confine, le cose non cambiano. Nelle due province di frontiera - Varese e Como - risiedevano, alla fine del 2021, rispettivamente 614 e 515 confederati. Altri 297 avevano scelto per vivere le province di Sondrio (84) e Verbano-Cusio-Ossola (213). Al contrario, i residenti di nazionalità unicamente italiana in Ticino erano 60.609, sempre in crescita (+ 11.109 negli ultimi 10 anni).
Lo slogan della campagna lanciata dal Comune della città Giardino - «Lavoro in Svizzera ma vivo a Varese» - appare quindi ottimistico, per certi versi quasi una provocazione. Se si considera che, stando alla relazione allegata al disegno di legge di ratifica dell’accordo fiscale, ci sono 570 persone che, pur lavorando in Italia, hanno scelto di continuare a vivere in Svizzera. Frontalieri sì, ma al contrario.