Il commento

Macché Sanremo, siamo immersi in troppo presente

Se a fine Festival solitamente, a restare, sono le canzoni, in questa occasione non vediamo altro che scorie
Paolo Galli
14.02.2024 11:00

Geolier invita ad abbassare i toni. «Basta odio», dice. Nel frattempo, volano manganellate sotto la sede Rai di Napoli, a margine di una manifestazione organizzata dopo le polemiche seguite all’esibizione «politica» di Ghali. E persino Mara Venier, la Zia Mara nazionale, si ritrova al centro di una bufera mediatica - si dice così - dopo aver zittito Dargen e i giornalisti suoi ospiti a Domenica In, rei di inquinare l’atmosfera di festa con discorsi, pur superficiali, vacui, sulla questione mediorientale. Sanremo, insomma, è Sanremo anche a diversi giorni dalla sua chiusura. E se solitamente, a restare, sono le canzoni, in questa occasione non vediamo altro che scorie. Certo, in casa con i nostri figli agitiamo ancora le mani. «Un ragazzo», e alziamo la destra. «Incontra una ragazza», si alza anche la sinistra. «La notte poi non passa», le mani si muovono di qua e di là. «La notte se ne va». E ciao. È un balletto che non esorcizza alcunché, però, che non scioglie le tensioni, inedite fino a un certo punto, certo caratteristiche di questo momento storico. Un momento fatto di divisioni.

Ce ne siamo accorti persino durante e dopo il Festival. L’Italia contro Napoli. Geolier con il fucile d’oro contro la mamma del giovane morto ammazzato. Il «popolo» contro la sala stampa. Le canzoni di una volta a confronto con l’intelligenza artificiale. Israele e Palestina. La festa e la politica. Lo spettacolo e la realtà che comunque vi fa capolino. E non la vorremmo, tutta questa realtà, non al Festival. Eppure c’è, anche lì. C’è al punto da rendere controproducente l’idea di non accoglierla, di un teatro che sia fuori dal tempo e dallo spazio. Non esiste alcuna sospensione di incredulità di fronte alla narrazione artistica. Neppure avrebbe senso. Oggi meno che mai. E insomma, dobbiamo farci i conti. In tempi di guerra, tutto diventa conflitto, persino quella che dovrebbe essere una distrazione, una cosa bella. A nulla valgono le canzoni d’amore, i balletti - neppure il Ballo del Qua Qua -, le facezie. Siamo immersi nel presente, che lo vogliamo o meno. E a dirla tutta, non è un gran presente.

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