Italia

Migranti, la piccola Rokia morta in mare diventa il nuovo «simbolo»

Avrebbe compiuto tre anni nei prossimi mesi, invece è morta in mare, partita con la mamma 22.enne dalle coste tunisine – I sanitari che lavorano a Lampedusa lanciano l'allarme: «Non pensavamo di fare i medici di guerra»
© Sea-Eye, Nick Jaussi (archivio)
Jenny Covelli
19.12.2022 14:30

Alan Kurdi, a faccia in giù nella sabbia. Quell'immagine di morte, di un bimbo di neppure tre anni con la maglietta rossa, i pantaloncini blu e le scarpe allacciate, ha fatto il giro del mondo nel 2015, quando il piccolo siriano è annegato ed è stato ritrovato sulla spiaggia di Bodrum, paradiso turistico della Turchia. Simbolo della tragedia dei migranti, che ha costretto le persone a guardare in faccia la tragedia. Simbolo della crisi migratoria in Europa. Il 2 settembre 2020, nel suo rapporto Protection Beyond Reach, Save the Children scriveva: «In questi cinque anni, più di 700 minori, neonati compresi, hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee, durante pericolosi viaggi via mare. Oltre 200.000 minori stranieri non accompagnati, in fuga da conflitti, persecuzioni o violenze, hanno chiesto asilo in Europa negli ultimi cinque anni, ma è probabile che il numero di bambini e ragazzi arrivati sia molto più alto. Negli anni i nomi o i volti dei bimbi che diventano «simbolo», purtroppo, non mancano. L'ultima in ordine di tempo è Rokia.

Un barchino con poco meno di 50 migranti a bordo è naufragato nella tarda mattina di ieri a dieci miglia a Sud di Lampedusa. A bordo c'era anche Rokia, due anni, della Costa d'Avorio. Viaggiava con la madre. Quando la Guardia costiera li ha soccorsi, la piccola è stata immediatamente intubata a bordo della motovedetta. Ma era troppo tardi. È deceduta al Poliambulatorio siciliano, dove era arrivata con sindrome da annegamento. I medici - riferisce l'Ansa - sono riusciti invece a rianimare, con massaggio cardiaco, un bambino che era sullo stesso barcone ed era finito in acqua come gli altri, versando in gravi condizioni.

In tutto, 43 migranti che sono stati tratti in salvo. A soccorrerli sono stati i militari della Guardia di Finanza. La Guardia costiera, oltre ai due bimbi, ha portato al molo Favarolo tre migranti con gravi ustioni. Un migrante ha raccontato che il viaggio era iniziato alle 22 di sabato da Sfax, seconda città e centro economico della Tunisia: «Poi, all'improvviso la barca si è ribaltata».

E l'isola italiana è tornata in allarme: «È un continuo via vai di soccorritori e forze dell'ordine». Sono 81 i migranti che, con due diversi barchini, sono arrivati durante la notte. Il primo natante, con a bordo 40 persone (15 donne e 2 minori), è stato soccorso a 11 miglia dall'isolotto di Lampione. I migranti hanno dichiarato di essere originari di Costa d'Avorio, Guinea, Mali. Stesse nazionalità, ma anche Senegal e Gambia, dei 41 (6 donne e 3 minori) soccorsi poco dopo dalla Guardia di finanza.

«Mi sembra di essere un medico di guerra»

La Repubblica ha raccolto le testimonianze di chi ha vissuto in prima linea la tragedia di Rokia. E le parole sono, inevitabilmente, molto molto forti. «Le accarezzavo le treccine come per farle forza» ha detto Franco Galletto, infermiere da vent’anni in prima linea a Lampedusa. La dottoressa Veronica Billeci ha aggiunto: «Mi sembra di essere un medico di guerra, sempre più spesso in questo periodo ci troviamo di fronte a migranti che muoiono di freddo o che hanno gravi ferite, ustioni ad esempio. E la gran parte è sotto choc per ciò che ha vissuto». E, ancora, la dottoressa Rosalba Tantillo: «Abbiamo fatto di tutto per provare a salvarla. Ma non rispondeva a nessuno stimolo. Non ci siamo fermati, continuavamo a cercare un respiro, una piccola curva sul monitor dell’elettrocardiogramma. Abbiamo utilizzato anche un phon per provare a riscaldarla, ma non c’è stato nulla da fare. Per un’ora abbiamo cercato di rianimarla. Aveva i polmoni pieni d’acqua, chissà per quanto tempo era rimasta in balia del mare aggrappata alla sua giovane mamma, di soli 22 anni. Questa ennesima morte è una sconfitta per tutti. Non ti abitui mai a tanto dolore». Le fa eco un altro medico, Francesco Zappalà: «In tanti, troppi, non si rendono conto di quello che viviamo qui».

È stato il mediatore culturale Mussah, proveniente dalla Guinea, in forza all’ASP di Palermo, a dare la notizia alla mamma di Rokia. «Mi ha molto colpito vedere quel momento - ha ancora raccontato all'Adnkronos la dottoressa Tantillo –. Un lutto vissuto in silenzio e con grande dignità». «C’è stata una grande solidarietà nei confronti di quella giovane mamma che ha perso la figlia – ha quindi aggiunto la dottoressa Billeci -. Tutti si abbracciavano mentre erano in sala d’attesa. Poi è venuta una psicologa dell’hotspot che ha accompagnato la donna al centro d’accoglienza». E ha infine voluto ribadire il concetto: «Eravamo pronte a ogni sofferenza. Ma non pensavamo di fare i medici di guerra».

Sulla morte di Rokia - riferiscono i quotidiani siciliani - la procura ha aperto un’inchiesta, per il momento a carico di ignoti, per le ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato. I poliziotti della Squadra Mobile, coordinati dal procuratore facente funzioni Salvatore Vella, hanno iniziato a interrogare i migranti che si trovavano a bordo dell'imbarcazione per provare a ricostruire l’accaduto. E domani è previsto l’arrivo del responsabile del presidio di emergenza di Lampedusa che dovrà effettuare l’ispezione sul piccolo corpo senza vita della bimba.

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