Missili sugli operatori umanitari, la ricerca di una verità difficile
«Tragico incidente», «errore involontario», «cose che succedono in guerra». La morte di sette operatori della ONG statunitense World Central Kitchen (WCK), colpiti a bordo delle loro auto da missili israeliani, ha costretto il Governo di Tel Aviv a fronteggiare l’ira di Paesi amici (tra gli operatori della WKC c’erano infatti cittadini americani, inglesi, polacchi, australiani) e l’indignazione di parte dell’opinione pubblica mondiale.
Lo stesso Benjamin Netanyahu, reduce da un intervento chirurgico per un’ernia, ha diffuso un messaggio video in cui ha ribadito l’involontarietà dell’azione e promesso una rapida indagine per accertare le cause della tragedia in cui sono state uccise, ha detto, «persone innocenti».
Un’ammissione di responsabilità che non è stata tuttavia giudicata sufficiente. Londra, Canberra e Varsavia hanno convocato l’ambasciatore di Israele protestando per quanto accaduto. Il segretario di Stato USA Antony Blinken, che definito «eroi» le vittime di lunedì, ha detto ai giornalisti di aver «parlato direttamente con il Governo israeliano dell’incidente» e di aver «sollecitato un’indagine rapida, approfondita e imparziale per capire esattamente che cosa sia successo», aggiungendo che «gli operatori umanitari devono essere protetti».
Il rapporto dei Servizi
Non tutto appare chiaro. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti dei servizi di sicurezza, «l’attacco che ha ucciso i sette operatori umanitari nella Striscia di Gaza lunedì notte è stato lanciato a causa del sospetto che un terrorista stesse viaggiando con il convoglio. Un drone UAV Hermes 450 dell’IDF (l’esercito di Tel Aviv, ndr) ha sganciato sullo stesso convoglio tre missili nonostante i tetti dei veicoli fossero chiaramente contrassegnati come appartenenti alla ONG statunitense».
La decisione di colpire, scrive Haaretz, «è stata presa da un’unità a guardia del percorso di trasporto degli aiuti dopo che le truppe avevano precedentemente avvistato una figura armata a bordo di un camion in entrata in un’area di deposito degli aiuti. L’attacco è avvenuto pochi istanti dopo che le tre auto avevano lasciato l’area di stoccaggio e si erano messe alle spalle il camion e la figura armata. Un primo missile ha colpito il convoglio: le persone all’interno del mezzo bombardato sono state spostate negli altri due pick-up mentre uno degli operatori comunicava via telefono l’attacco. Pochi istanti e il secondo missile, sganciato dallo stesso drone, ha colpito il secondo mezzo. Subito dopo, mentre la terza auto si avvicinava per soccorrere i feriti, un altro missile è piombato sul convoglio. Tutte e sette le persone che erano nei mezzi della WKC sono state uccise - riferisce Haaretz - L’obiettivo era un terrorista, che in realtà non era mai salito sui pick-up» della ONG americana.
Tentativi di negoziato
Nonostante la guerra si faccia sempre più intensa, una squadra di negoziatori israeliani ha formalizzato nelle ultime ore una proposta di cessate il fuoco ad Hamas. La notizia è stata diffusa dall’ufficio del primo ministro a nome del Mossad (sebbene la squadra negoziale fosse composta anche da funzionari dello Shin Bet e dell’IDF). La trattativa è avvenuta al Cairo.
«Durante i negoziati, con l’efficace mediazione dell’Egitto, i mediatori hanno messo insieme una proposta aggiornata che Hamas deve ora valutare - si legge nel comunicato del Mossad - Israele si aspetta che i mediatori agiscano con più forza contro Hamas per portare avanti i negoziati verso un accordo».
Secondo il Times of Israel, «la formulazione del messaggio, che ha elogiato l’Egitto e ha lasciato intendere che il Qatar deve fare di più, riflette la frustrazione espressa da alcuni funzionari israeliani per la riluttanza di Doha a fare pressione su Hamas per muoversi verso un compromesso».
In effetti, già in mattinata, Hamas aveva fatto sapere di «non accettare la presenza dell’ONU per monitorare un’eventuale tregua sulla Striscia». A dirlo è stato uno dei leader del movimento islamista palestinese, Ezzat al Rashq, citato dall’emittente panaraba di proprietà saudita Al Arabiya. Nel caso venisse raggiunto un accordo sul cessate il fuoco, «serviranno Paesi che lo garantiscano e l’impegno di Israele - ha detto Al Rashq - e non elementi che controllino», poiché «la presenza di qualsiasi organismo non palestinese non sarà accettata». Al Rashq è tornato inoltre a chiedere che all’Agenzia ONU per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi (UNRWA) sia consentito di portare aiuti umanitari nella Striscia.
Carestia imminente
Il tragico epilogo del bombardamento aereo contro il convoglio umanitario della WKC non ha fatto che aggravare la situazione per i civili. Juliette Touma, direttrice comunicazioni dell’UNRWA, ha espresso l’enorme preoccupazione delle Nazioni Unite per l’interruzione dell’invio di aiuti a Nord di Gaza.
Dopo la WKC, infatti, un’altra ONG, l’American Near East Refugee Aid ha deciso di sospendere le proprie operazioni a Gaza. «I bambini stanno morendo di fame - ha detto Touma alla BBC News - Qualsiasi organizzazione che fornisca assistenza alle persone a Gaza è fondamentale. Ogni interruzione avrà gravi conseguenze su una popolazione ormai allo stremo». Le stesse Nazioni Unite stimano come almeno 576 mila persone, un quarto della popolazione della Striscia, siano ormai sull’orlo della carestia.