A Cipro gli effetti positivi del rigore

NICOSIA - Cipro si batte per essere l'Irlanda, e non la Grecia, del Mediterraneo. Questa la speranza più volte espressa dal ministro delle Finanze cipriota, Harry Georgiades, a più di due anni dalla crisi e dal prelievo forzoso sui conti correnti dell'isola, con l'intervento della Troika (UE,BCE, FMI). Se quella di Cipro sarà una ripresa a «V» di stile irlandese non è ancora scontato, ma è certo che il percorso di risanamento del piccolo Paese UE sta procedendo bene.
Due anni fa il rischio default
Alla fine del marzo di due anni fa Cipro, sull'orlo del default per una crisi bancaria in parte simile a quella irlandese o islandese, decise di accettare il salvataggio di 10 miliardi di euro di Commissione UE, BCE e FMI. Il sistema bancario, sovradimensionato per via dei capitali soprattutto russi accumulati negli anni in cui Cipro era un paradiso fiscale, stava implodendo per il tracollo della Laiki Bank, la seconda banca del Paese, che aveva incautamente investito la sua liquidità in titoli di Stato greci. Con il taglio del valore del debito ellenico di inizio 2012, a carico dei creditori, la Laiki si era trovata in una crisi di liquidità, che stava travolgendo l'isola. Dopo serrate trattative con Bruxelles e la chiusura delle banche, venne sottoscritto un memorandum con la Troika e deciso un prelievo forzoso di entità variabile (a partire dal 6,5%) sui depositi bancari superiori a 100mila euro. Il duro piano varato da Unione europea, , Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale comprendeva, come per la Grecia, un taglio alla spesa pubblica e una serie di privatizzazioni. I ciprioti lo accolsero compostezza, senza nemmeno un minuto di sciopero.
Il percorso di riforme
Da allora di strada Cipro ne ha fatta. Come si legge nell'ultimo report dell'FMI, del mese mese scorso, il debito pubblico a fine 2014 era al 107% del PIL anziché al 120% stimato a suo tempo, con la previsione di scendere sotto quota 100% già l'anno prossimo. L'avanzo primario nel 2014 è volato al 2,8% del PIL, mentre si stimava un «rosso» dell'1,6%. Anche la recessione è stata meno dura di quanto previsto: nel 2013 il Prodotto interno lordo è sceso del 5,4% anziché del 9%, mentre l'anno scorso la contrazione è stata del 2,3% al posto del 4,2% stimato. Quest'anno, secondo l'FMI, il PIL dovrebbe crescere dello 0,2%, per toccare l'1,4% l'anno prossimo e il 2% nel 2017. Intanto nell'aprile scorso le restrizioni sulla circolazione dei capitali sono state eliminate.