Medio Oriente

A Doha ripartono i negoziati, ma si aspetta la risposta iraniana

Dopo l'attacco di sabato, Israele ha ridotto le capacità militari di Teheran – Resta da capire se il regime vorrà replicare o se chiuderà momentaneamente la «contesa»
© KEYSTONE (AP Photo/Oded Balilty)
27.10.2024 22:30

La risposta israeliana di ieri all’attacco missilistico iraniano che, il 1. ottobre, vide piombare nel Paese ebraico circa 200 missili balistici che impattarono anche contro case, una scuola ed esercizi commerciali oltre a creare alcuni danni a due basi militari, è stata strategica. Gli obiettivi degli aerei da guerra con la stella di Davide sono stati basi militari, siti di lancio e di produzione di armamenti, soprattutto droni e missili. La decisione di non colpire siti nucleari o legati all’industria petrolifera iraniana, anche su pressione americana, ha sortito due effetti sia immediati, sia strategici: da un lato è stata bloccata la capacità bellica missilistica iraniana che, per tornare a dove era prima dell’attacco, dovrà impiegare circa un anno; dall’altro fornisce a Teheran la possibilità di evitare di rispondere, considerando la ridotta capacità bellica che può essere mascherata con l’intenzione di non agire per abbassare le tensioni, nonostante i proclami diversi. Almeno sette esplosioni sono state segnalate nei cieli della capitale, Teheran, e della vicina Karaj, nonché della città orientale di Mashhad e nelle aree di Isfahan e Shiraz, poco dopo le 2.30 ora locale di sabato, mentre i jet israeliani colpivano obiettivi militari nel paese, in un attacco definito «mirato». L’Iran ha affermato che il suo sistema di difesa aerea ha contrastato con successo gli attacchi di Israele contro obiettivi militari nelle province di Teheran, Khuzestan e Ilam, con «danni limitati» in alcune località. Fino ad ora, i media iraniani riferiscono di quattro militari uccisi.

Si stanno studiando le immagini satellitari per capire i danni che ha recato l’attacco israeliano ai siti colpiti. Uno dovrebbe essere una fabbrica nell’area industriale di Shamshabad, nella provincia di Teheran, dove si costruirebbero parti di droni. Un altro obiettivo, dovrebbe essere una base a sud di Teheran dove ci sono batterie di missili Hawk per la difesa aerea, oltre alle batterie di S300, il sistema anti aereo di fabbricazione russo.

Colpiti i droni

I raid israeliani si sono rivolti contro i siti di fabbricazione e lancio dei droni, gli stessi usati da Hezbollah per lanciare attacchi contro il paese ebraico (non ultimo quello che ha colpito l’altra settimana la casa del premier Netanyahu a Cesarea) e di produzione e lancio dei missili balistici. In particolare sarebbe stata colpita una fabbrica di droni, a 300 km a est di Teheran, dove con ogni probabilità vengono costruiti anche i velivoli senza pilota che i russi usano nella guerra in Ucraina. La distruzione di quattro batterie antiaeree S300 è un risultato importante per Israele. Non sarà facile per Teheran rimettere in azione il sistema che è fondamentale in caso di attacco aereo. Per sostituirle, l’Iran dovrebbe approvvigionarsi dalla Russia, in un momento difficile per Mosca. Altrimenti dovrebbe rivolgersi alla Cina che, partendo dal sistema di difesa russo S300, ne ha creato uno proprio. I cui risultati non sono conosciuti, ma che potrebbero anche arrivare in tempi brevi in Iran.

A Khojir e Parchin, Israele ha colpito magazzini ed edifici di miscelazione di carburante e propellente usato dai motori dei missili balistici e delle basi di lancio. Un tipo di sostanze chimiche di difficile reperimento sul mercato, soprattutto considerando le sanzioni che da decenni stanno colpendo Teheran.

Informazioni utili

Israele, colpendo i gangli dell’industria missilistica iraniana ha rallentato (non cancellato del tutto) la possibilità di un attacco incisivo a breve, ma ha anche raccolto nuove informazioni sui siti iraniani (utili in una ulteriore risposta) e ha dimostrato di avere informazioni d’intelligence sui luoghi strategici del regime degli Ayatollah. L’esercito del paese ebraico ha sottoscritto un’assicurazione sul futuro, facendo capire a Teheran di avere tutte le informazioni necessarie per poter sferrare un attacco in siti importanti. Oltre al fatto che, se l’Iran dovesse attaccare ora, rispondendo al raid israeliano di sabato, non avrebbe le difese necessarie a reprimere una eventuale risposta.

Occhi puntati sul Qatar

È ovvio che anche dal punto di vista mediatico, l’establishment iraniano non può lasciare passare sotto silenzio l’attacco israeliano. Da qui le dichiarazioni e le minacce di risposta, da parte di tutti i vertici politici e militari. L’Ayatollah Khamenei ha affermato che l’attacco israeliano «non dovrebbe essere esagerato né minimizzato», sebbene si sia fermato prima di chiedere rappresaglie. Tutto suggerisce che l’Iran stia valutando attentamente la sua risposta all’attacco e trovare una via d’uscita. L’esercito iraniano ha già affermato che un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza o in Libano supera qualsiasi attacco di rappresaglia contro Israele, sebbene anche i funzionari iraniani abbiano ribadito di riservarsi il diritto di rispondere. È chiaro che stiamo parlando di attacchi diretti da suolo iraniano, senza considerare quelli che i proxy, i gruppi satelliti di Teheran (Hamas da Gaza, Hezbollah dal Libano, sciiti iracheni e siriani, gruppi dai Territori, Houthi dallo Yemen), continuano a sferrare verso Israele. La necessità di un cessate il fuoco a Gaza, visto il ritorno dei colloqui, sembra l’unica soluzione al conflitto nell’area. Ma la ripresa delle trattative a Doha (presenti i direttori della CIA e del Mossad William Burns e David Barnea e il premier del Qatar al Thani) per il rilascio degli ostaggi e per un cessate il fuoco, è comunque una notizia incoraggiante.

Tutto questo mentre continuano le azioni terroristiche in Israele. Oggi, un camion è piombato sulla folla a una fermata del bus a Tel Aviv, di fronte alla sede del Mossad. Un morto, mentre i feriti sono più di trenta. È il quarto attacco ai danni dei civili da inizio ottobre.

L'arretratezza dell'arsenale iraniano ago della bilancia?

Dopo settimane di attesa e (crescenti) tensioni, Israele ha infine attaccato l’Iran. Limitandosi, certo, a colpire siti militari ma rispondendo, di fatto, all’attacco missilistico che Teheran aveva scagliato contro lo Stato Ebraico lo scorso 1. ottobre. Non sarebbero stati colpiti siti petroliferi o nucleari, grazie anche ai tanti appelli lanciati dagli alleati nel segno della moderazione. Un’agenzia di stampa semi-ufficiale iraniana, per contro, ha scritto che la Repubblica Islamica risponderà in maniera «proporzionale». Che cosa dobbiamo aspettarci? Altra domanda: sono paragonabili le due forze? Proviamo a fare chiarezza, partendo da un’analisi condivisa da Reuters.

Jet dell’Unione sovietica

Secondo l’Istituto internazionale per gli studi strategici di Londra (IISS) l’Aeronautica iraniana può vantare 37 mila effettivi. Decenni di sanzioni internazionali, tuttavia, hanno in gran parte tagliato fuori l’Iran dall’acquisto dei più recenti equipaggiamenti militari ad alta tecnologia. Tradotto: l’Iran ha poche dozzine di aerei d’attacco funzionanti, fra cui jet russi e vecchi modelli statunitensi acquisiti prima della rivoluzione islamica del 1979. Nello specifico, la Repubblica Islamica ha uno squadrone formato da nove caccia F-4 e F-5, uno squadrone di Sukhoi-24 russi cui bisogna aggiungere alcuni MiG-29, F-7 e F-14. Quanto ai droni, gli analisti parlano di un arsenale di migliaia di esemplari. Cui bisogna aggiungere oltre 3.500 missili superficie-superficie, alcuni dei quali con testate da mezza tonnellata.

Lo scorso aprile, commentando lo stato dei suoi jet, il comandante delle Forze aeree iraniane aveva dichiarato che i Sukhoi-24 erano pronti per contrastare qualsiasi, potenziale attacco israeliano. Il fatto che l’Iran si affidi a un velivolo sviluppato per la prima volta negli anni Sessanta, nell’allora Unione Sovietica, dimostra tuttavia quanto siano «arretrate» le suddette Forze aeree. Per la sua difesa, invece, l’Iran si affida a un mix di missili terra-aria e sistemi di difesa antiaerea russi e iraniani. Teheran aveva ricevuto il sistema antiaereo S-300 da Mosca nel 2016. L’S-300 è solitamente posto in prossimità di obiettivi sensibili – centri industriali, amministrativi e basi militari – che difende tracciando, nelle sue versioni più avanzate, fino a 100 bersagli simultaneamente.

Sull’altro fronte, Israele può contare, innanzitutto, su un alleato solido e potente: gli Stati Uniti. Di qui la disponibilità di centinaia di caccia a reazione multiuso: F-15, F-16 e F-35. Le Forze aeree dello Stato Ebraico non dispongono di bombardieri a lungo raggio. Tuttavia, una flotta di Boeing 707 impiegati come aerocisterne può consentire ai caccia israeliani di raggiungere l’Iran. L’Aviazione israeliana, d’altro canto, aveva dimostrato la sua capacità di colpire anche a lungo raggio lo scorso luglio, quando i suoi jet da combattimento avevano lanciato attacchi vicino al porto yemenita di Hodeidah in risposta al lancio di un drone Houthi verso Tel Aviv. A proposito di droni: vero e proprio pioniere di questi velivoli, Israele dispone di aerei senza pilota Heron capaci di volare per oltre trenta ore. Un tempo sufficiente per coprire grandi distanze. I missili Delilah, in dotazione alle Forze israeliane, hanno una gittata stimata di 250 chilometri. Pochi, dunque, per raggiungere l’Iran, ma si ritiene che lo Stato Ebraico abbia sviluppato missili superficie-superficie a lungo raggio.

Per difendersi, Israele (con l’aiuto degli Stati Uniti) a margine della prima Guerra del Golfo, nel 1991, ha sviluppato un sistema multistrato che, oggi, consente di abbattere droni e missili lanciati dai nemici, fra cui evidentemente l’Iran. Per i missili balistici, quelli che viaggiano ad alta quota, interviene l’Arrow-3, mentre un modello precedente, l’Arrow-2, funziona ad altitudini inferiori. Il secondo livello di difesa, chiamato Fionda di Davide, contrasta i missili balistici e quelli da crociera a medio raggio. L’Iron Dome, infine, intercetta tutto ciò che viene lanciato da breve distanza, come i razzi di Hezbollah o Hamas. In teoria, però, può essere utilizzato anche per intercettare minacce più lontane qualora gli altri sistemi non riuscissero a centrare il bersaglio. 

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