A Gaza «una carneficina», l'appello delle famiglie degli ostaggi: «Stop ai raid»

«Un carneficina». Così il dottor Feroze Sidhwa, attivo all'ospedale Nasser Medical Complex di Deir al Balah, ha descritto, in collegamento con SkyNews, l'attacco compiuto nella notte dalle forze israeliane sulla Striscia di Gaza. Almeno 404 persone, secondo i dati forniti dalla protezione civile palestinese, sono morte nel corso di bombardamenti aerei che hanno preso di mira diversi punti della Striscia, mentre i feriti sono più di 500. Una serie di raid, questa, compiuta in risposta alla «mancanza di progressi nei colloqui per estendere il cessate il fuoco», secondo quanto dichiarato dall'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Al lavoro per salvare i feriti, il chirurgo Sidhwa ha testimoniato che la maggior parte delle persone trasportate in ospedale erano donne e bambini: «Ho fatto sei operazioni durante la notte. La metà dei pazienti erano bambini piccoli, probabilmente dai sei anni in giù, non ne ero esattamente sicuro. La maggior parte di loro morirà, purtroppo». La parola usata da Sidwha, appunto, è «carneficina»: «È ciò che ci si deve aspettare quando si lanciano bombe sulle tende». Attivo a Boston nel 2013, Sidhwa afferma che quanto visto dopo l'attentato alla maratona non si avvicina minimamente alla situazione odierna a Gaza: «Sarebbe impossibile per qualsiasi sistema ospedaliero tenere il passo con questa situazione, anche nel primo mondo».
Le foto provenienti da Gaza, scattate negli obitori, nelle corsie degli ospedali, lungo le strade, parlano di gente che piace i propri morti e feriti, anche giovanissimi.
I motivi
Descritto dai funzionari israeliani come un «attacco preventivo» volto a contrastare il riarmo di Hamas e a colpire «comandanti militari di medio rango e dirigenti» dell'organizzazione islamista, secondo l'agenzia di stampa France-Presse, che cita media locali, a essere uccisi sarebbero stati cinque alti funzionari dell'amministrazione civile e politica di Hamas: fra questi anche il capo di governo a Gaza.
Secondo fonti della sicurezza citate dai media israeliani, l'attacco a sorpresa dell'esercito dello stato ebraico a Gaza della scorsa notte avrebbe tre obiettivi principali: creare pressione militare affinché si superi la fase di stallo nei negoziati, porre sotto i riflettori come Israele non faccia distinzione fra ramo militare e amministrativo di Hamas, mettere in difficoltà l'intero asse della resistenza sciita che comprende anche gli Houthi e l'Iran. Il coordinamento con gli Stati Uniti deriva, tra le altre cose, dal desiderio dell'amministrazione statunitense di mostrare agli attori regionali e ad altri che la minaccia del presidente Donald Trump di «aprire le porte dell'inferno» a Gaza (espressione non a caso utilizzata oggi anche dal ministro della Difesa israeliano Israel Katz) non era una frase vuota.
La reazione dei famigliari degli ostaggi
In Israele, l'attacco è stato fortemente criticato dagli stessi famigliari degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza da Hamas. Le famiglie hanno contestato le affermazioni del governo israeliano, in particolare del ministro Katz, secondo cui gli attacchi aerei di questa mattina sono stati effettuati a causa del «rifiuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi».
II Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi è intervenuta rilasciando una dichiarazione: «L'affermazione che la guerra viene rinnovata per il rilascio degli ostaggi è un completo inganno - la pressione militare mette in pericolo gli ostaggi e i soldati. Dobbiamo tornare al cessate il fuoco».
Da parte sua, Emily Damari ex ostaggio israelo-britannica già liberata negli scambi precedenti, si è detta «distrutta e delusa» dalla ripresa dei combattimenti a Gaza. In una storia pubblicata su Instagram, la giovane ha detto: «Mi passano per la testa tante cose e non so come tirarle fuori, ma il mio cuore è soprattutto spezzato, distrutto e deluso. Continuerò a lottare senza sosta» per il rilascio degli ostaggi rimasti.
Secondo gli ultimi dati d'intelligence, 59 persone rapite il 7 ottobre nel corso del massacro compiuto da Hamas si trovano ancora in mano all'organizzazione islamista: 24 dovrebbero essere vive.
Critiche internazionali
Il capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk si è nel frattempo detto «inorridito» dagli attacchi israeliani su Gaza. «Questo aggiungerà tragedia a tragedia. Gli ultimi 18 mesi di violenza hanno reso evidente che non esiste una via d'uscita militare a questa crisi. L'unica strada percorribile è una soluzione politica, in linea con il diritto internazionale. Il ricorso di Israele a un'ulteriore forza militare non farà altro che aggiungere ulteriore miseria a una popolazione palestinese che già soffre di condizioni catastrofiche. Questo incubo deve finire immediatamente».
Il ministero degli Esteri turco ha duramente criticato Tel Aviv, definendo gli attacchi una «nuova fase della sua politica di genocidio» israeliana. In Russia, il Cremlino si è detto preoccupato per il peggioramento della situazione a Gaza, «soprattutto» per le notizie di vittime civili. «Stiamo monitorando la situazione molto da vicino e, naturalmente, stiamo aspettando che torni a svolgersi in modo pacifico», ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov.
Un portavoce del ministero degli Esteri cinese, invece, ha dichiarato che Pechino è «molto preoccupata» per la situazione e spera che tutte le parti «evitino di intraprendere azioni che potrebbero portare a un'escalation».