Finanza

«A Lugano per mostrare come la pace tra Palestina e Israele passi dai Bitcoin»

L'attivista palestinese Fadi Elsalameen tra gli ospiti del Forum Plan B: «Con le autorità nazionali corrotte, bisogna usare le nuove tecnologie per trovare l'indipendenza e la stabilità»
Mattia Sacchi
17.10.2022 13:45

Il prossimo 28 e 29 ottobre Lugano ospiterà il Forum Plan B, evento promosso da Tether Operations Limited (Tether), la società tecnologica che supporta la piattaforma blockchain che alimenta la più grande stablecoin per capitalizzazione di mercato (USD₮), e la Città di Lugano.

Un Forum, quello che avrà luogo al Palazzo dei Congressi, che avrà addosso gli occhi del mondo, non solo finanziario: vedrà infatti la partecipazione di leader del settore blockchain insieme a influenti esperti dei mercati finanziari globali e dell’ecosistema Bitcoin. Ci saranno inoltre importanti attivisti, come Stella Assange, avvocato e moglie del fondatore di WikiLeaks Julian Assange, Farida Bemba Nabourema, attivista per i diritti umani e fondatrice del movimento «Faure Must Go» in Togo, e l'attivista palestinese Fadi Elsalameen.

Quest'ultimo è Adjunct Senior Fellow presso il Bitcoin Policy Institute e presidente del Palestinian Security Project, un centro studi creato per sviluppare una visione e una strategia di sicurezza nazionale palestinese. Elsalameen è infatti in prima linea nella lotta alla corruzione nel Paese, tanto da essere stato invitato personalmente dall'ex presidente americano Bill Clinton per il suo Clinton Global Initiative e aver creato un fondo per i giovani universitari palestinesi. «Al Plan B di Lugano - spiega il 39enne - voglio mostrare come i Bitcoin stiano offrendo libertà finanziaria alla popolazione palestinese e, soprattutto, come possa creare un ponte di pace tra il mio Paese e Israele». 

Per Elsalameen infatti la libertà monetaria sta diventando una vera e propria piaga per la Palestina: «La popolazione è limitata da accordi politici e finanziari, i cittadini sono quindi costretti utilizzare la valuta israeliana come moneta a corso legale e non possono avere una loro valuta o una banca centrale. Inoltre, le autorità sono palesemente corrotte e utilizzano come arma il sistema bancario per sopprimere la libertà di espressione ed espandere la corruzione. Se critichi il presidente palestinese Mahmoud Abbas, il tuo conto in banca potrebbe essere congelato o svuotato, oltre ad essere accusato di ogni tipo di reato finanziario, per intimidirti fino a costringerti al silenzio. Una repressione che sfocia nell'odio e nella frustrazione, impedendo al Paese di progredire. Trovo quindi che i Bitcoin siano una soluzione per le persone che credono nella democrazia, nella libertà di espressione e nel mettere i politici di fronte alle loro responsabilità nell'economia nazionale».

A volte però le criptovalute non sembrano tanto un possibile vettore per la pace e la stabilità, quanto un modo per speculare. «Ovviamente i rischi sono gli stessi nell'utilizzo di qualsiasi strumento - commenta l'attivista palestinese -. Ci saranno sempre persone che cercano di utilizzare una tecnologia funzionale per i propri scopi. È successo lo stesso anche per Internet e per i social media. Ma se si procede con cautela e con giudizio, le criptovalute possono consentire ai giovani di costruirsi il loro futuro. Mi piace pensare che sia un modo per connettere la popolazione mondiale senza i controlli e i confini di coloro che cercano di separare e mettere contro le persone a proprio vantaggio».

Separazioni ben conosciute dalla popolazione palestinese: «Abbiamo grandi sfide da affrontare, a partire dalla fine del controllo militare israeliano sulle nostre vite. Ma anche la lotta alla corruzione delle autorità palestinesi e il loro rifiuto a tenere elezioni, problema esacerbato anche dai forti e continui scontri tra le varie fazioni politiche palestinesi».

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