Accordo Unione-SPD per il governo, ma AfD vola nei sondaggi

«Questo accordo di oggi è un segnale forte e chiaro ai cittadini del nostro paese come pure ai nostri partner nell'Unione europea: la Germania avrà un governo forte e capace». Con queste parole Friedrich Merz, ormai a tutti gli effetti prossimo cancelliere federale tedesco, ha presentato in una conferenza stampa il patto per il governo tra conservatori e socialdemocratici dopo le trattative delle ultime settimane.
Trattative che hanno subito un'accelerazione con la minaccia dei dazi del presidente statunitense Donald Trump: in quel momento ai leader dei partiti è diventato chiarissimo che la Germania doveva avere quanto prima un governo. E ha giocato un ruolo anche il consenso crescente dell'ultradestra dell'Alternativa per la Germania (AfD), che un sondaggio dà addirittura prima forza politica del paese, davanti ai conservatori.
Merz aveva promesso di voler riportare l'ultradestra ai margini del sistema politico della Germania. Tuttavia, il leader conservatore deve fare i conti con lo scontento crescente: molti, dentro e fuori il partito, lo accusano di essere stato troppo morbido con i socialdemocratici. Di aver concesso troppo.
Leggendo la composizione del governo continuerà ad esserci qualche mal di pancia: il Partito socialdemocratico (SPD, di centro-sinistra), che alle elezioni ha conseguito il suo peggior risultato di sempre, ottiene sette ministeri, proprio come l'Unione cristiano democratica (CDU, di centro-destra) di Merz; tre andranno all'Unione cristiano-sociale (CSU, di centro-destra), alleata bavarese della CDU. Del resto, sono state trattative complesse anche perché nessuno aveva davvero un'alternativa: i conservatori potevano definire un governo solo con l'SPD, e i socialdemocratici sono ormai al governo ininterrottamente dal 2013 e fanno fatica ad immaginarsi in un altro ruolo.
Nel merito il patto, dal semplice nome «Responsabilità per la Germania», prevede innanzitutto una riduzione delle tasse, in particolare quella sulle persone giuridiche. I socialdemocratici devono accontentarsi di evitare la completa eliminazione del contributo di solidarietà, di recente salvato anche dalla Corte costituzionale.
Per Merz «il bilancio dello Stato dovrà essere solido», un modo per ribadire che il paese non spenderà alla cieca e continuerà sulla strada delle riforme. Interessante è la notizia della creazione di una commissione per elaborare ulteriori riforme dello stato sociale. Sembra una riedizione di quanto fatto da Gerhard Schröder (SPD) ai primi anni Duemila e Merz vuole procedere con grande velocità: le proposte devono essere pronte per la fine del 2025. Un'altra commissione dovrà definire la riforma del freno al debito, mentre l'SPD ottiene un aumento del salario minimo a 15 euro (quattordici franchi al cambio attuale) nel 2026.
Merz ha assicurato anche un cambiamento sull'immigrazione: nel patto si prevedono molti interventi, ad esempio la fine dei programmi di asilo o dei ricongiungimenti familiari. Come pure l'aumento del numero dei paesi «sicuri», per i quali è previsto il rimpatrio. L'SPD ha ottenuto che i respingimenti ai confini siano realizzati d'intesa con i partner europei.
Sembra funzionare l'alchimia tra Merz e il copresidente dell'SPD Lars Klingbeil, secondo alcuni pronto a insediarsi al ministero delle finanze. Confermato alla difesa dovrebbe essere il socialdemocratico Boris Pistorius, che avrà il compito di realizzare la rifondazione dell'esercito.
Adesso il patto dovrà essere approvato dagli iscritti all'SPD e da un congresso della CDU (il 28 aprile); per la CSU basterà il voto della presidenza. Merz potrebbe essere eletto cancelliere il sette maggio.
La leader di AfD Alice Weidel ha già bocciato il patto: è «la capitolazione della CDU, il proseguimento della politica merkeliana (ossia dell'ex cancelliera conservatrice Angela Merkel), qualcosa che gli elettori hanno chiaramente rifiutato». Fin qui per AfD è stato facile: le lunghe trattative rovinano sempre il consenso dei negoziatori. Adesso l'ultradestra deve inventarsi un'opposizione credibile.