Il personaggio

Alexei Navalny: «Non arrendetevi: se decidono di uccidermi, significa che siamo forti»

Attivista anti-corruzione e uno dei più famosi avversari di Putin, ma anche un populista sostenitore di politiche anti-immigrazione – Virale, sui social, l'estratto di una sua intervista alla CNN, oggi divenuta vero testamento politico – Ecco un profilo del 47.enne morto oggi nel carcere di Charp
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Giacomo Butti
16.02.2024 17:08

Alexei Navalny è morto oggi nel carcere FKU IK-3 di Charp, cittadina nella sperduta regione russa di Yamalo-Nenets, oltre la linea del circolo polare artico. Attivista anti-corruzione, era considerato uno dei più coriacei e famosi avversari di Vladimir Putin. Ma nel corso degli anni gli è stata attribuita anche una vicinanza ad ambienti neonazisti e xenofobi. Chi era Navalny? Indubbiamente, una figura complessa nello scenario politico russo. Cerchiamo di tracciarne un profilo.

Nazionalismo e politica

Nato il 4 giugno 1976 a Butyn, località rurale situata nell'Oblast di Mosca, Navalny era figlio di un ex ufficiale sovietico. Laureato in legge all'università russa dell'amicizia tra i popoli, ottenne nel 2010 una borsa di studio per lo Yale World Fellows dell'Università di Yale, un programma che ogni anno accoglie da tutto il mondo solo 16 persone. Da anni, tuttavia, il suo nome era già famoso in Russia. Nel 2000, Navalny aveva aderito al partito liberale Jabloko, ma nel tempo si era avvicinato agli ambienti nazionalisti e di estrema destra e più volte aveva partecipato alla Russkij Marsh, manifestazione russa alla quale partecipano organizzazioni neonaziste e xenofobe. Nel 2011 era addirittura arrivato a lanciare la campagna «Stop Feeding the Caucasus», diretta contro i sussidi governativi alle regioni autonome povere e popolate da minoranze etniche nel sud del Paese. Era un periodo, hanno evidenziato diversi analisti, in cui i sentimenti di destra erano diffusi anche e soprattutto fra la gioventù urbana russa, gruppo sul quale Navalny cercava di imporsi come alternativa alle politiche più imperialiste di Putin. Con successo: grazie anche alla sua forte presenza social (fondato nel 2013, il suo account YouTube ha rapidamente creato una community di milioni di iscritti), Navalny riuscì in pochi anni a divenire una rara figura di riferimento, nel panorama politico russo, del sentimento anti-establishment e anti-Putin.

Nel 2013, candidato alla posizione di sindaco di Mosca, Navalny ottenne un rispettabile 27,24% dei voti, contro il 51,37% del favorito (e vicinissimo al Cremlino) Sergey Sobyanin. Il secondo posto convinse Navalny a entrare ufficialmente nel partito fondato l'anno prima dal suo collaboratore Leonid Volkov: Alleanza Popolare. Partito che negli anni seguenti venne più volte rinominato e rifondato (fino alla dissoluzione del 2021, quando era conosciuto come Russia del futuro), senza cambiarne la sostanza: decentramento del potere in Russia, riduzione del numero dei funzionari governativi, riduzione dei poteri del presidente, ma anche dell'interferenza del governo nell'economia, fine della censura e divieto al governo di possedere i media.

Negli anni seguenti, Navalny si impose, di fatto, come candidato numero uno a impensierire Putin. Pur collocandosi, nel tempo, sempre più al centro, Navalny non rinnegò mai il proprio nazionalismo e mantenne sempre posizioni anti-immigrazione, pur mostrando rammarico per i toni xenofobi espressi in alcune manifestazioni e video.

Anti-corruzione

La popolarità di Navalny in Russia, tuttavia, volò anche grazie a un altro paio di ali: quello della lotta alla corruzione. Insieme alla sua organizzazione no-profit ACF (Anti-Corruption Foundation), nata nel 2011, Navalny portò alla luce numerosi casi. La strategia era semplice: comprava piccole quantità di azioni di grandi aziende statali, ottenendo così l'accesso ai loro documenti, e grazie a questi portava alla luce la corruzione del Governo russo. Nel corso di una decina di anni, le sue inchieste hanno portato più volte sotto la lente le finanze pubbliche e personaggi di alto profilo come il leader ceceno Ramzan Kadyrov, il capo della Guardia nazionale Viktor Zolotov, l'oligarca Viktor Vekselberg, l'allora primo ministro Dmitry Medvedev. Dal 2011 fino al suo avvelenamento, nel 2020, la sua campagna anti-corruzione fomentò numerose proteste e rivolte contro il Cremlino e l'establishment.

L'avvelenamento e la prigione

La crescente popolarità di Navalny, probabilmente, deve aver preoccupato Putin, che nel 2018 si mosse personalmente per impedire a Navalny di candidarsi alle elezioni presidenziali. È l'inizio della fine. Nel 2020, Navalny ebbe un malore mentre si trovava su un volo fra Tomsk e Mosca. Caduto in coma per un sospetto avvelenamento da novichok, venne ricoverato all'ospedale di Omsk grazie a un atterraggio di emergenza e poi trasferito in Germania, dove gli venne salvata la vita. Da subito, Navalny e il suo entourage accusarono Putin dell'avvelenamento: un'indagine congiunta di The Insider e Bellingcat, in collaborazione con CNN e Der Spiegel, mostrò il coinvolgimento dei servizi segreti russi (FSB). 

Parentesi: fra il 2011 e il 2018, Navalny era stato condanno più volte con varie accuse: tutti processi, avevano però sottolineato Amnesty International e i governi occidentali, costruiti ad hoc per il suo attivismo politico e anti-Putin. Stupì, quindi, passate le conseguenze peggiori dell'avvelenamento, la decisione di Navalny di evitare l'esilio e tornare, a inizio 2021, in Russia. Correndo un grosso, grossissimo rischio: l'imprigionamento. Che, puntualmente, si realizzò. Arrivato il 17 gennaio all'aeroporto Sheremetyevo di Mosca, venne immediatamente arrestato con l'accusa di aver violato i termini della sua libertà vigilata lasciando la Russia. E da questo momento non venne più rilasciato. Riconosciuto, insieme alla sua organizzazione anti-corruzione, come «estremista», subì negli anni seguenti una serie di condanne che, cumulativamente, dovevano portarlo a scontare 30 anni per estremismo e frode.

Il rocambolesco trasferimento

Trattenuto nel carcere di massima sicurezza IK-6 di Melekhovo, dove ha dovuto passare gran parte della sua prigionia in anguste celle di rigore, a dicembre 2023 la sorpresa: Navalny non c'è più. L'11 dicembre i suoi portavoce hanno fatto sapere al mondo di avere perso i contatti con l'oppositore. Al carcere di Melekhovo, è poi emerso, il prigioniero non figurava più negli elenchi, «ma si rifiutano di dire dove è stato trasferito». Solo due settimane dopo, il giorno di Natale, la meta del trasferimento è stata resa pubblica: Charp, appunto, e il carcere "Lupo Polare". Una struttura situata 60 chilometri oltre il circolo polare artico, a 1.900 chilometri a nordovest di Mosca. La città più vicina, a circa 100 chilometri, è Vorkuta, le cui miniere di carbone rientravano nel sistema di gulag sovietici, i campi di lavoro forzato.

«Fin dall'inizio è stato chiaro che le autorità volevano isolare Alexei, in particolare prima delle elezioni presidenziali» previste per il marzo 2024, ha commentato Ivan Jdanov, uno dei suoi stretti collaboratori, su X. Un isolamento che si è tradotto con la morte di Navalny, avvenuta in un carcere ai confini del mondo.

Il testamento

E ora, su internet, sta divenendo virale un estratto del documentario Navalny, girato nel 2022. Nel film prodotto da HBO Max e CNN Films, lo stesso Navalny compare in un'intervista girata in precedenza per la CNN. Qui, il suo lascito: «Che messaggio lasciare ai russi nel caso fossi ucciso? È molto semplice: non arrendetevi. Non potete arrendervi. Se decidono di uccidermi, significa che siamo incredibilmente forti. Dobbiamo utilizzare questo potere. La sola cosa necessaria perché trionfi il male, è che le persone buone non facciano niente. Quindi non siate inattivi».

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