Anche una parte del mondo arabo si è schierata con Israele
Può sembrare un paradosso. E invece non lo è. Sì, parte del mondo arabo ha espresso una forte, fortissima solidarietà nei confronti di Israele. Affermando, con forza, che Hamas non rappresenta, né dovrebbe rappresentare, il popolo palestinese. Costretto, leggiamo su X, il social di riferimento in molti Paesi, una sorta di lascito delle primavere se vogliamo, a vivere in miseria mentre i suoi leader conducono una vita da re «in America, Canada, Europa e Qatar». Un giornalista del Kuwait, Jasem Aljuraid, poche ore dopo l'azione del gruppo militante palestinese ha tagliato corto: «Sono un kuwaitiano e sono al fianco di Israele». Con lui e come lui, appunto, molti altri. Perfino in Paesi considerati nemici giurati dello Stato Ebraico, Iran in testa.
Il post di Aljuraid è diventato virale tra i sostenitori di Israele nel mondo arabo. Guadagnando oltre un milione di visualizzazioni. Perfino l'account ufficiale dello Stato ebraico in lingua araba ha citato le sue parole. A colpire molti utenti, a questo giro, i video circolati in rete. Quelli in cui è possibile vedere i membri di Hamas rapire donne e bambini. E così, ora, con forza si sta alzando una voce nuova. E diversa. Una parte dell'opinione pubblica araba, infatti, non ci sta. E lo ha detto a chiare lettere: colpire i civili non può essere un mezzo di combattimento e resistenza.
X, dicevamo, è una delle piattaforme più popolari nel mondo arabo. Sin da quando si chiamava Twitter. Ha svolto un ruolo centrale in occasione delle citate primavere, consentendo ai manifestanti di organizzarsi e farsi forza a vicenda. Ma ha fatto gola anche ai potenti: nel 2011, infatti, il nipote del re saudita Abdullah, il principe Alwaleed bin Talal Al Saud, ne acquistò una quota. Da sabato, per contro, sta ospitando accesi dibattiti attorno al ruolo e alle azioni di Hamas, come detto. Con tanto di capovolgimenti di fronte, se così vogliamo definirli: lo sceicco Yasser al-Habib, uno sciita del Kuwait con 13 mila follower, come riferisce Haaretz in un primo momento ha postato messaggi di giubilo. Godendo, in particolare, «della vendetta contro il nemico sionista». Poi, però, anche lui nel vedere certe immagini ha cambiato opinione. «Dov'è finita l'etica della guerra?» ha scritto. «Qual è la ragione di queste atrocità che sono state commesse?».
Le atrocità commesse da Hamas, insomma, hanno ottenuto un effetto apparentemente paradossale, dicevamo, ma di sicuro importante. Il concetto di resistenza a Israele, per molti utenti, è più che mai in discussione. Anche dal Bahrein, con l'attivista Shaheen Aljenaid, si è alzata, forte, una voce anti-Hamas. La cui azione è stata etichettata come «un atto di terrorismo e una distorsione dell'immagine dell'Islam e dei musulmani». E ancora: «Hanno filmato una donna nuda e morta, senza alcuna moralità o umanità. È la prova evidente che non hanno nulla a che fare con la cultura araba e con la religione». Hareetz ha spiegato che, probabilmente, molti di questi profili hanno assunto posizioni critiche nei confronti di Hamas, fra le altre cose, anche per timore che tutti gli arabi, ovunque nel mondo, venissero visti come privi di moralità e compassione.
Sul fronte opposto, lo scrittore palestinese Radwam al-Akhras ha criticato il sostegno arabo a Israele, scrivendo: «I portavoce sauditi che dicono cose cattive su Gaza e sui suoi combattenti dimostrano quanto stanno tremando». Di nuovo: «I sauditi che conosciamo sono persone oneste e di fede, e rispettano la religione, i musulmani e la loro santità. Sono sopraffatti dalla gioia per le azioni dei combattenti di Hamas e desiderano il giorno della salvezza. Arriverà presto». Anche il giordano Huthaifa Abdullah Azzam, il cui padre era vicino a Osama bin Laden, è intervenuto su X per giustificare le azioni di Hamas, affermando che i soldati israeliani, dal canto loro, hanno agito brutalmente nei confronti delle donne che pregavano nella Moschea di al-Aqsa. «Non c'è nulla di male nel ricordare agli ipocriti lamentosi quali sono le ragioni di Hamas», ha scritto ai suoi quasi 200 mila follower.
Ma a prevalere, come detto, in queste ore sono le posizioni filo-israeliane o, quantomeno, di empatia nei confronti dello Stato ebraico. A maggior ragione dopo quanto successo. Amjad Taha, influencer saudita ed esperto di politica e strategia diplomatica con quasi mezzo milione di follower, ha twittato in ebraico: «Nel mondo arabo, musulmano e libero, sosteniamo Israele e condanniamo gli attacchi terroristici palestinesi. Come potete vedere nei video, si tratta di una lotta tra una nazione civile e milizie barbare». Taha ha definito i membri di Hamas dei «codardi finanziati dall'Iran che hanno attaccato solo quando hanno saputo che gli israeliani stavano pregando durante le loro vacanze». Quindi, si è rivolto agli israeliani: «Siate forti e rispondete con forza. Il mondo è cambiato, solo i terroristi stanno con queste milizie. I colloqui di normalizzazione continueranno e altri Paesi si uniranno. Questi barbari che stanno cercando di fermarli non ci riusciranno».
Una cosa, concludendo, è certa. Il tabù secondo cui, nel mondo arabo, non si poteva parlare male di Hamas è caduto. Una volta per tutte.