Arrestata Marija Kolesnikova, «ha stracciato il passaporto»
In Bielorussia la situazione appare sempre più tesa. I tre oppositori di rango scomparsi ieri (tra cui Marija Kolesnikova, una delle tre eroine del pre-elezioni) non hanno fatto tempo a ricomparire che già si sono persi i contatti con un’altra dissidente, Antonina Konovalova.
Il caso Kolesnikova resta poi avvolto nel mistero. Stando alla versione ufficiale, sarebbe stata arrestata dalle guardie di frontiera mentre stava entrando in Ucraina (dove sono effettivamente riparati i suoi compagni di ‘rapimento’ Ivan Kravtsov e Anton Rodnenkov) nel corso di un’azione rocambolesca «per fuggire». In realtà Marija avrebbe strappato il passaporto mentre gli uomini di Alexander Lukashenko la stavano per espellere dal suo Paese. Facendo fallire l’operazione.
«Non era una partenza volontaria ma una deportazione forzata», ha affermato su Facebook il vice ministro dell’Interno ucraino Anton Gherashchenko. Ma grazie alla sua freddezza, «questa donna coraggiosa è rimasta in Bielorussia». «La responsabilità della sua vita e della sua salute ricade personalmente su Lukashenko», ha tuonato Gherashchenko.
Già, Lukashenko. Il presidentissimo ha scelto di rilasciare la sua prima intervista da quando è scoppiata la rivoluzione a un selezionato gruppo di testate russe e da cotanto palco ha sparato a zero: «Se la Bielorussia cade - ha avvertito - poi tocca a Mosca. Se pensate che la ricca Russia possa far fronte (alle proteste, ndr) vi sbagliate; ho parlato con il mio amico più anziano Vladimir Putin - io lo chiamo fratello maggiore - e l’ho avvertito: non si può resistere a tutto questo», ha sottolineato Lukashenko.
Che sia vero o meno poco importa. La realtà dei fatti è che «l’ultimo dittatore d’Europa» ormai si sta legando mani e piedi allo zar. «Forse sono rimasto al potere un po’ troppo», ha concesso laconicamente. Il Cremlino ora sta organizzando con grande attenzione la visita di Lukashenko a Mosca (ormai imminente) e ha chiuso ogni possibile spiraglio a negoziati con il Consiglio dell’Opposizione. «È un organo illegale, come stabilito dalla Corte Costituzionale», ha tagliato corto il portavoce di Putin, Dmitry Peskov. Dunque avanti tutta con Lukashenko. Per ora. Se poi il progetto di una più stretta integrazione con Mosca non dovesse andare in porto, si vedrà.
Intanto la Bielorussia scivola sempre più nel caos. A più di 24 ore dalla sparizione di Kolesnikova, infatti, la sua precisa ubicazione è ancora sconosciuta. Secondo le informazioni ricevute dal quartier generale dell’aspirante presidente bielorusso Viktor Babariko, ora in carcere, Maria sarebbe detenuta in una caserma nel «distretto di Mozyr, nella regione di Gomel». Ma all’avvocato che si è presentato lì per fornirle assistenza legale è stato detto che non c’è nessuna Kolesnikova. E il giallo continua.
Per quanto riguarda Kravtsov, segretario esecutivo del Consiglio, e Rodnenkov, il responsabile stampa, la loro sorte è invece chiara: sono al sicuro in Ucraina. Kravtsov, in conferenza stampa a Kiev, ha confermato la storia del passaporto strappato e della tentata espulsione di Maria.
Londra nel mentre ha chiesto «un’indagine dell’Osce» sulle azioni da parte delle autorità bielorusse - Minsk ne fa parte - ed Angela Merkel ha ribadito che «il nostro cuore batte per i dimostranti bielorussi». Il governo tedesco, ha ragionato, deve continuare a discutere su come aiutare l’opposizione ma anche capire quali siano «i limiti» di questo aiuto. Mosca d’altra parte incombe.