Assalto alle carceri, morti e detenuti in fuga: Haiti dichiara lo stato di emergenza
Haiti ha dichiarato lo stato di emergenza e il coprifuoco notturno nella capitale Port-au-Prince e nei suoi dintorni dopo che nel fine settimana bande armate hanno preso d'assalto il principale carcere, provocando l'uccisione di almeno 12 persone e il rilascio di circa 4 mila detenuti.
I leader delle gang criminali hanno dichiarato di aver agito per provocare le dimissioni del primo ministro Ariel Henry, che al momento di trova in Kenya. Secondo la BBC, i gruppi che mirano a cacciarlo controllano circa l'80% di Port-au-Prince. Dall'assassinio dell'ex presidente Jovenel Moïse, nel luglio 2021, il primo ministro Ariel Henry ha preso il controllo di tutte le funzioni esecutive e parlamentari.
Il governo haitiano ha fatto sapere attraverso un comunicato che due carceri, una nella capitale e l'altra nella vicina Croix des Bouquets, sono state prese d'assalto nel weekend. Solamente nella seconda struttura erano presenti circa 1.400 carcerati.
Tra le persone detenute a Port-au-Prince c'erano pure membri di bande accusate di essere legate all'omicidio del presidente Moïse.
L’ultima ondata di violenza è iniziata giovedì scorso, quando il primo ministro si è recato a Nairobi per discutere l’invio ad Haiti di forze di sicurezza internazionali. Il leader della banda «G9 an fanmi» Jimmy Chérizier, soprannominato «Barbecue», ha spiegato che le gang della città si sono unite contro il primo ministro (le due principali sono la «G-Pèp» e la coalizione «G9 an fanmi»).
Il sindacato di polizia di Haiti aveva chiesto ai militari di contribuire a rafforzare la prigione principale della capitale, prima che il complesso venisse preso d'assalto sabato sera. Stando alla Reuters, domenica le porte del carcere erano ancora aperte e non vi era traccia di soldati, mentre un giornalista dell'AFP che ha visitato la prigione ha contato una dozzina di cadaveri all'esterno della struttura.
Nelle scorse ore si sono registrate le prime interruzioni di internet per i danni ai cavi di fibra ottica avvenuti negli scontri. In un quartiere della capitale sono state erette barricate con pneumatici in fiamme. Il principale stadio di calcio del Paese è stato occupato e depredato da uomini armati, ha riferito la Federazione calcistica locale.
Dopo l'assassinio del presidente Moïse, la violenza ad Haiti è fuori controllo. Negli scorsi mesi la ONG Human Rights Watch (HRW) aveva denunciato come uccisioni, rapimenti e violenze sessuali nella capitale Port-au-Prince fossero aumentati drasticamente dall'inizio del 2023.
Stando alle stime dell’ONU, i gruppi criminali ad Haiti avrebbero ucciso più di 2 mila persone nella prima metà del 2023, ne avrebbero rapite più di 1.000 e avrebbero commesso numerosi atti di violenza sessuale per terrorizzare la popolazione. Le uccisioni, stando alle testimonianze raccolte da HRW, sarebbero brutali: si parla di esecuzioni con armi da fuoco, corpi bruciati e attacchi a colpi di machete. In risposta alle violenze e all'inazione dello Stato, alcuni haitiani sono ricorsi alla «giustizia popolare», formando il movimento Bwa Kale, che ha preso piede alla fine di aprile. Solamente a giugno, il movimento aveva ucciso oltre 200 sospetti criminali in tutto il Paese.
Haiti è uno dei Paesi più poveri al mondo. L'ONU stima che quasi il 60% della popolazione (ad Haiti ci sono circa 11,5 milioni abitanti) viva al di sotto della soglia di povertà. Decine di migliaia di persone, dopo l'assassinio del presidente Moïse e il devastante terremoto dell'agosto 2021, hanno cercato di fuggire dal Paese. Nonostante i ripetuti appelli delle Nazioni Unite, che chiedono di non rimpatriare forzatamente le persone in fuga dal Paese caraibico, nella prima metà del 2023 più di 73.800 profughi sono stati respinti da altre Nazioni e costretti a tornare ad Haiti.