Auschwitz: ecco che cosa rivelano i documenti desecretati dai servizi segreti russi

In occasione della Giornata della Memoria i servizi d'intelligence russi (FSB) hanno resi pubblici alcuni documenti finora riservati relativi alle inchieste condotte dalle autorità sovietiche sul capo di sterminio di Auschwitz, liberato dall'Armata Rossa il 27 gennaio di 80 anni fa. Il materiale diffuso, scrive l'agenzia Interfax, si riferisce in particolare ad un prigioniero polacco-tedesco che nel campo ebbe le funzioni di guardia, tale Jozef Pechka, che dopo la fine della Seconda guerra mondiale fu portato a Mosca e interrogato dagli investigatori sovietici.
Nel dare la notizia Interfax scrive tra l'altro che, «secondo varie fonti, almeno 4 milioni di persone furono uccise durante l'esistenza del campo di concentramento di Auschwitz».
L'Fsb sottolinea tra l'altro che il campo di concentramento fu creato su ordine personale di Heinrich Himmler nel 1939 per rinchiudere «prigionieri politici polacchi» e che dopo l'attacco della Germania all'Urss nel 1941, «cominciarono ad essere tenuti qui prigionieri sovietici, sui quali per primi le SS testarono i gas».
Secondo l'FSB, ancor prima della liberazione del campo, agenti del servizio di controspionaggio sovietico Smersh cominciarono a raccogliere informazioni e documenti, sia sui crimini dei responsabili di Auschwitz sia sui prigionieri che avevano accettato di collaborare con i tedeschi, «perché si sapeva che i nazisti, oltre alle guardie che appartenevano alla popolazione polacca locale, usavano attivamente i cosiddetti 'kapo'». Vale a dire altri prigionieri. Tra questi figura appunto Jozef Pechka, un ex soldato dell'esercito polacco che dopo essere stato fatto prigioniero dalle truppe di Berlino nel 1939, aveva acquisito la cittadinanza tedesca.
Nel 1940, riconosciuto colpevole di renitenza alla leva nella Wehrmacht, Pechka fu condannato a tre anni di internamento. Ad Auschwitz, appunto, dove divenne una guardia per il controllo degli altri prigionieri. L'FSB pubblica i verbali di alcuni suoi interrogatori. «Come sorvegliante - confessa in uno di questi - ero presente al lavoro svolto dai prigionieri ogni giorno e, armato di un bastone, li picchiavo sistematicamente perché lavoravano lentamente e svogliatamente. Ogni notte solo il mio gruppo trasportava ai crematori tra i 100 e i 500 corpi di persone uccise.
L'FSB ha aggiunto che durante l'inchiesta, Pechka si ammalò di schizofrenia, fu inviato in un ospedale psichiatrico e infine, nel 1955, fu consegnato alla Repubblica Democratica Tedesca.