Auto economiche e voli low cost: il «ripugnante» piano dell'Arabia Saudita sul petrolio

Macché impegno a rispettare gli obiettivi climatici per limitare il riscaldamento globale. L’Arabia Saudita starebbe puntando tutto sui combustibili fossili con un enorme piano di investimenti per aumentare la domanda di petrolio e gas naturali nei Paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa. È quanto emerge da un’indagine della durata di 6 mesi condotta sotto copertura dal Centre for Climate Reporting (CCR), in collaborazione con Channel 4 News. Stando all’inchiesta, il piano – l’Oil Demand Sustainability Programme (ODSP) –, supervisionato dal principe ereditario Mohammed bin Salman e dal ministro dell’Energia, Abdulaziz bin Salman, mirerebbe a proteggere le entrate petrolifere dagli sforzi mondiali per eliminare gradualmente i combustibili fossili, tenendo «agganciati» i Paesi in via di sviluppo ai «prodotti dannosi» per il pianeta.
L’Arabia Saudita pubblicamente afferma di sostenere l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, impegnandosi nella produzione e il consumo di energia più pulita. Lo stesso Mohammed bin Salman ha affermato che il Paese deve andare «più lontano e più veloce» nell’affrontare la crisi climatica.
Stando all’indagine del CCR, però, le cose, come spesso accade, non sono come sembrano. L’ODSP sarebbe infatti un vasto programma governativo con decine di progetti (suddivisi in tre categorie: trasporti, servizi pubblici e materiali) volti a creare un modello di sviluppo dipendente dai combustibili fossili nelle economie emergenti di Africa e Asia. Ciò includerebbe piani meticolosamente studiati per favorire un notevole aumento dei veicoli a basso costo alimentati a benzina e diesel, un incremento della vendita di carburante per aerei attraverso la promozione di viaggi low cost e dei voli commerciali con aerei supersonici, nonché l’utilizzo di plastica (derivata dal petrolio) come materiale costruttivo. Gli aerei supersonici su cui punterebbe l’Arabia Saudita utilizzano tre volte più carburante rispetto a quelli convenzionali.
Non solo, il piano presieduto da Mohammed bin Salman coinvolgerebbe le più grandi organizzazioni saudite, come il Fondo di investimento pubblico da 700 miliardi di dollari, Aramco, la più grande compagnia petrolifera del mondo, l'azienda petrolchimica Sabic e le maggiori società governative. Inoltre, sarebbe prevista una collaborazione con un produttore automobilistico internazionale (il cui nome non è stato rivelato) per sviluppare e produrre un’auto economica che possa essere venduta nei mercati emergenti.
Mohamed Adow, direttore di Power Shift Africa, un’organizzazione non governativa con sede in Kenya, ha spiegato al CCR: «Il governo saudita è come uno spacciatore che cerca di agganciare l’Africa al suo prodotto dannoso. Il resto del mondo si sta ripulendo e si sta liberando dai combustibili fossili sporchi e inquinanti, mentre l’Arabia Saudita è alla disperata ricerca di nuovi clienti e sta rivolgendo gli occhi all’Africa. È ripugnante». Il continente è molto indietro nello sviluppo di infrastrutture in grado di ridurre le emissioni di CO2 e il piano saudita potrebbe farlo arretrare ulteriormente, nonostante gli appelli di organizzazioni come l'ONU ad aiutare i Paesi in via di sviluppo.
Il Guardian ricorda come, nel 2021, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres affermasse: «Abbiamo bisogno di vedere un adeguato sostegno internazionale affinché le economie africane e di altri Paesi in via di sviluppo possano fare un balzo in avanti nella transizione verso un percorso energetico pulito e sostenibile». Recentemente anche Ajay Banga, il presidente della Banca Mondiale, ha sottolineato come sia necessario aiutare i mercati emergenti a superare il modello alimentato dai combustibili fossili e a diffondere le energie rinnovabili. Secondo Banga, senza questo tipo di collaborazione, non ci sarebbe alcuna speranza di porre fine alle emissioni di carbonio entro il 2050.
Tornando all’ODSP, il programma viene presentato pubblicamente dall'Arabia Saudita come una «rimozione delle barriere» all’energia e ai trasporti nei Paesi più poveri e come un sistema per «aumentare la sostenibilità», ad esempio sostituendo la combustione a legna con il gas. Tuttavia, i progetti svelati nell’indagine del CCR, mirano all’aumento dell’uso di petrolio e gas. Un funzionario, intervistato da un giornalista che si è finto un imprenditore interessato al progetto, ha dichiarato che la vendita di petrolio fino all’ultima goccia è «uno degli obiettivi principali» dell'ODSP.
Oltre ai veicoli e ai materiali costruttivi, sarebbero presenti anche piani per la produzione di elettricità come «mini reti», nonché navi che fungerebbero da «centrali elettriche galleggianti» alimentate dai combustibili fossili.
L’Arabia Saudita ha già firmato accordi con il Ruanda per – scrive ancora il Guardian – «sviluppare la domanda di idrocarburi», con la Nigeria per «promuovere la collaborazione e rafforzare la partnership nel settore del petrolio e del gas» e con l’Etiopia per «cooperare sull’approvvigionamento di petrolio».
Secondo Mohamed Adow di Power Shift Africa, sono necessari gli «investimenti da parte dei Paesi ricchi che affermano di essere leader sul fronte climatico. Altrimenti possiamo aspettarci accordi più loschi, come questo, che mettono in pericolo non solo gli africani ma lo sforzo globale volto a garantire un clima sicuro per tutti».