Ucraina

Azov: «Stop all'estremismo, ora vogliamo 6.500 reclute per la controffensiva»

La brigata, nata nel 2014 e collegata ad ambienti e personalità di estrema destra, cerca di voltare pagina: «Eravamo conosciuti in modo negativo, ora vogliamo che la gente si unisca a noi per quello che facciamo per l'Ucraina»
© EPA/ROMAN PILIPEY /Keystone
Giacomo Butti
29.04.2023 09:30

Il battaglione Azov, pardon, la "brigata" Azov, punta in alto. Fresca di promozione (a gennaio il corpo militare è entrato a pieno diritto nelle forze di terra dell'esercito ucraino), l'unità si sta ricomponendo dopo la feroce difesa di Mariupol, dell'acciaieria Azovstal e, più recentemente, della cittadina orientale di Bakhmut. Fra morti e prigionieri, i combattenti hanno pagato un pesante prezzo. Ma ora Bohdan Krotevych, capo di stato maggiore della brigata Azov, ha annunciato che — in previsione della prossima controffensiva — punterà ad arruolare 6.500 nuove reclute. E le radici di estrema destra? L'obiettivo, sempre più dichiarato, è distanziarsene, per il bene dell'Ucraina.

Il percorso

Facciamo un passo indietro. Fondata nel 2014 da Andrei Biletsky (politico e militare ucraino di estrema destra, suprematista bianco), l'unità Azov è divenuta famosa con il nome di "battaglione", benché sin dal 2015 — inglobata nella Guardia nazionale come forza separata di riserva — sia a tutti gli effetti un reggimento. Nel combattere russi e filorussi, Azov si è fatto una brutta fama: un po' per i numerosi simboli nazisti portati dai suoi componenti e presenti sulla bandiera stessa (si pensi al Wolfsangel, simbolo dell'araldica tedesca utilizzato anche da unità militari della Germania nazista). Un po' per le denunce di crimini su popolazione e prigionieri di guerra (parliamo dei combattimenti seguenti l'annessione russa della Crimea nel 2014) raccolte in rapporti stilati da Amnesty International e Human Rights Watch. Accuse, queste, che hanno portato anche a inchieste della giustizia ucraina chiuse con un nulla di fatto.

Inizialmente designato da Meta come una «organizzazione pericolosa», per lungo tempo il reggimento Azov non ha potuto pubblicare su Facebook contenuti e post. Ma, recentemente, il gruppo è stato "graziato". Il 19 gennaio, su Twitter, il ministro ucraino dello Sviluppo digitale, Mykhailo Fedorov, ha annunciato il cambiamento: «Il reggimento Azov non è più considerato un'organizzazione pericolosa. Significa molto per ogni ucraino».

Il reggimento è davvero cambiato? La decisione di Meta sarebbe dovuta alla progressiva depoliticizzazione e deideologizzazione del gruppo Azov. Una tesi, questa, sostenuta da Kiev già dal 2017 e da molti analisti negli anni seguenti. L'idea non fa l'unanimità e il simbolo del Wolfsangel rovesciato — che, secondo alcuni membri, non sarebbe da collegare alle SS ma rappresenterebbe piuttosto la stilizzazione delle parole ucraine per "nazione unita" — continua a campeggiare sulla bandiera del reggimento. Una cosa, però, è certa: fra critiche e accuse, con l'invasione russa del 2022, l'operato in guerra del reggimento Azov ha permesso all'unità, nonostante tutto, di guadagnare rispetto e amore della popolazione.

Membri dell'unità Azov partecipano all'evento in memoria dei membri uccisi nella prima fase dell'invasione, novembre 2022. © EPA/ROMAN PILIPEY /Keystone
Membri dell'unità Azov partecipano all'evento in memoria dei membri uccisi nella prima fase dell'invasione, novembre 2022. © EPA/ROMAN PILIPEY /Keystone

Una settimana dopo l'annuncio di Fedorov, il 26 gennaio, lo stesso fondatore del battaglione ha fatto sapere su Telegram che l'unità da lui guidata fino al 2016 — ora in mano al comandante Mykyta Nadtochiy — ha ottenuto una nuova "promozione": l'uscita dalla Guarda nazionale (sotto il controllo del ministero degli Interni) e la conseguente entrata nelle forze regolari ucraine, dipendenti dalla Difesa. «Il reggimento Azov Specops è ora la terza brigata d'assalto separata come parte delle forze di terra delle forze armate dell'Ucraina. Il nostro percorso di combattimento inizia dall'area più difficile, Bakhmut. La battaglia decisiva in questa guerra deve ancora venire: il comando militare ci attribuisce una nuova responsabilità», ha scritto Biletsky.

Ranghi completi

Ma la brigata Azov non sarebbe impegnata solamente a Bakhmut. A inizio marzo, i russi hanno rivendicato la distruzione di un posto di comando della brigata nella regione di Zaporizhzhia, molto più a sud. Un'azione estesa necessita di uomini. E l'approssimarsi dell'annunciata controffensiva, dicevamo, ha spinto la brigata a promuovere una campagna di reclutamento con la quale rimpolpare i ranghi. L'obiettivo, ha dichiarato il maggiore Bohdan Krotevych, sarà portare nell'Azov 6.500 nuove reclute. «Siamo pronti a liberare il territorio». Tema importante, importantissimo, è l'allontanamento dalle radici estremiste. I leader della brigata, riporta un recente articolo del Washington Post, stanno cercando di superare la controversia che, tra l'altro, ha impedito sin qui all'unità di avere accesso ad armi occidentali, limitandone potenzialmente le capacità. «Le nuove reclute sono attratte da Azov non per l'ideologia ultranazionalista delle sue origini, ma per la sua comprovata capacità di combattimento. Azov è un nome che, grazie alla difesa di Mariupol, è diventato noto al mondo. Era conosciuto in un modo negativo. Ora lo è in modo positivo perché quello che facciamo funziona. Le reclute che vengono da noi lo capiscono».

Krotevych, da parte sua, ha sottolineato: «L'unità non ha ambizioni politiche e conduce indagini su tutti i casi di estremismo che individua. Come unità militare, condividiamo la posizione dello Stato e del governo». Fra morti e defezioni, del resto, il cambiamento è facilitato. Il giornalista e ricercatore Michael Colborne, esperto e già autore di un libro su Azov, ha affermato che «il focus dell'unità sembra essersi spostato nel tempo dall'ideologia all'efficacia militare. Elementi di estrema destra rimasti all'interno di Azov probabilmente continueranno a essere "diluiti" con la crescita dell'unità».

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